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di Salvo Vitale
Cappellano Seminara, interrogato al processo che a Caltanissetta lo vede imputato, ha negato di avere portato a Silvana Saguto 20.000 euro messi in un trolley, nel quale c’erano, o ci sarebbero stati invece, suoi effetti personali. E in realtà siamo tentati di dargli ragione. 20 mila euro rappresentano una misera elemosina rispetto al fiume di denaro che ruotava attorno a lui, avallato dalla firma della Saguto o di altri magistrati, anche di altre procure, a pagamento delle sue salatissime competenze di amministratore giudiziario. Ad avallare questa considerazione basti solo un esempio, trascritto dagli atti dell’indagine nei suoi confronti:
“Dalle conversazioni del 9, dell'I 1 e del 14 maggio 2015, Silvana Saguto e Gaetano Cappellano Seminara avevano condiviso la speranza che Francesca Cannizzo riuscisse - come in effetti sarebbe accaduto di lì a un mese, ossia il 16 giugno 2015 - ad organizzare, attraverso l'amico Stefano Scammacca, ex Prefetto di Messina, un incontro con Giuseppe Barone. Quest'ultimo, consigliere del CGA Sicilia, era membro del collegio che, il 18 marzo 2015, aveva preso in decisione l'appello proposto dal Ministero della Giustizia (nel proc. 773/2014 Reg. ric.) avverso la sentenza del TAR Sicilia che aveva accolto il ricorso di Cappellano Seminara per l'ottemperanza del decreto del 30 settembre 2011 del Tribunale di Palermo, a firma della stessa Silvana Saguto, di liquidazione del compenso finale di 5.100.000 euro da porre a carico dell'erario per l'attività di amministrazione giudiziaria nella procedura 99 e 100/1993 a carico dei fratelli Gaetano e Giuseppe Sansone. Più in dettaglio, veniva liquidato a Cappellano Seminara il compenso finale di 5.100.000 euro, "oltre il rimborso forfettario ex art. 14 tariffe forensi, CPA e IVA, somma calcolata forfetariamente avuto riguardo al compenso mensile spettante sia per l'amministrazione di ciascuna delle diciassette tra società e ditte, nonché dei beni personali, sia nella qualità di amministratore giudiziario'" e "detratto l'ammontare degli acconti già ricevuti nella misura di euro 530.911,1T\ ponendo "gli oneri di liquidazione a carico dell'erario".
Senza entrare in merito all’operato e alle competenze dei magistrati, il problema sta nel vedere se il pagamento di tali esorbitanti parcelle era congruo al lavoro effettivamente svolto, quanto abbia influito, un pagamento così gonfio, sull’andamento economico delle aziende amministrate e quanto abbia pesato sull’erario, considerato che, nel caso specifico, si tratta di soldi pubblici versati nelle tasche di un privato e dei suoi collaboratori...

Foto © Imagoeconomica

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