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da robigreco.wordpress.com
È il 22 marzo del 1995. Siamo a Palermo ed è sera. Come al solito, Giammatteo Sole è di ritorno dal lavoro. Mentre si sta dirigendo verso casa, una pattuglia della Polizia lo ferma per un controllo. Giammatteo è tranquillo, sa di non aver fatto nulla ed essere fermato dalla Polizia, per lui, non è un problema. Ma Giammatteo non sa che i due poliziotti indossano divise che non sono le loro. Uno dei due è Gaspare Spatuzza, soprannominato “u Tignusu”, a causa della sua calvizie. È affiliato alla “famiglia” di Brancaccio, guidata dai boss mafiosi, e fratelli, Filippo e Giuseppe Graviano. Giammatteo viene sequestrato e torturato fino alla morte. Ma chi era Giammatteo Sole e perché un killer mafioso dell’importanza di Gaspare Spatuzza lo sequestra, tortura e uccide?

Giammatteo era nato a Palermo il 20 aprile 1971. Geometra, figlio di un ufficiale di riscossione all’Esattoria, Giammatteo è un ragazzo normale. Oltre al lavoro e alla famiglia, ha una compagnia di amici con cui passa il tempo libero. Nel gruppo di amici, oltre a lui, ci sono anche la sorella e Massimo, il fratello. In quella comitiva sbocciò un amore, quello tra la sorella di Giammatteo e Marcello Grado. 23 anni, Marcello è il figlio di Gaetano Grado, uno dei boss “irriducibili” della mafia perdente, oltre che cugino di Totuccio Contorno. Tre settimane prima dell’omicidio di Giammatteo, Marcello Grado viene ucciso. Per ucciderlo i killer non esitarono a sparare alle 9.30 del mattino, tra la folla del mercatino rionale di piazza Palmerino. Nella “seconda guerra di mafia”, in realtà il grande regolamento di conti tra i mafiosi palermitani e quelli corleonesi, spuntò il sospetto che qualcuno stesse ordendo il rapimento dei figli di Totò Riina. La famiglia Grado fu indicata tra quelle che avrebbero partecipato a quel piano. Era questo che Spatuzza voleva sapere da Giammatteo. I corleonesi volevano scoprire se quel giovane conoscesse qualche particolare. “Questo ragazzo non c’entrava niente, niente di niente, un’animella, un ragazzino veramente pane e acqua…” furono le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, collaboratore di giustizia dal 2008. I responsabili dell’omicidio, Leoluca Bagarella, quale mandante e organizzatore, Antonino Mangano, Lo Nigro Cosimo, Gaspare Spatuzza, Nicolò Di Trapani, Giuseppe Guastella e Giusto Di Natale sono stati condannati dalla Corte di assise di Palermo con sentenza n. 1/99.

Lo Stato ha onorato il sacrificio di Gian Matteo quale vittima innocente di mafia, con il riconoscimento concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.

(rg)

Tratto da: robigreco.wordpress.com

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