da 19luglio1992.com
Pubblichiamo il post di Paolo Borrometi, scritto sulla sua pagina Facebook, relativo alle nuove minacce di morte ricevute.
A Paolo la nostra solidarietà e vicinanza. Noi sappiamo da che parte stare e continueremo a diffondere il suo libro.
“Alla politica e ai boss saltano i nervi per un libro… state con me?
Minacce di morte ricevute proprio in questi giorni, querele ventilate con il “sapore” intimidatorio, offese, insulti.
Sono esterrefatto per tutto ciò che sto subendo appena due settimane dopo l’uscita del mio libro. Vi ringrazio per la solidarietà, ma le parole non bastano più: bisogna schierarsi. Ed il miglior modo per rispondere a questi “galantuomini” (come li chiamava Sciascia) è leggere ciò che ho scritto.
Sono molto amareggiato, lo ammetto. Non pensavo di provocare questo terremoto. Ancora una volta sto cercando di regalare la mia vita per un ideale.
E vorrei partire con alcuni chiarimenti.
Sul “Santo” Pippo Gennuso (“santo nostro” lo definivano il genero del capomafia e i suoi amici parlando dei voti che il deputato alle ultime elezioni regionali comprò da loro – secondo la Procura – e per i quali venne arrestato). Vi invito a leggere il libro in cui ricostruisco la brillante carriera dell’uomo e dell’imprenditore prima, fino a quella del politico, ras delle preferenze. E quando non veniva eletto… si ripetevano le elezioni. Lo stesso deputato che, addirittura, ha chiesto alla Commissione Antimafia regionale di essere ascoltato per difendersi contro la magistratura che lo aveva arrestato e contro di me. Contro un libro che racconta fatti, con prove alla mano. Con visure camerali che dimostrano come le società della sua famiglia abbiano gli stessi commercialisti delle società dei familiari del super latitante Matteo Messina Denaro.
Sarà mica colpa mia se sono gli stessi?
Su un altro politico, il Sindaco di Noto, Corrado Bonfanti, vorrei spendere qualche parolina.
Lo stesso, dopo la pubblicazione della foto che lo ritrae mentre parla con il boss di Noto, Rino Albergo, ha detto di essersi intrattenuto a conversare perché fermato dal capomafia, appunto.
Bhè, bella risposta. Scusatemi, se a Voi dovesse fermarvi un boss, gli parlereste?
Cioè capiamoci: in un altro Paese normale, qualsiasi altro, per molto meno si dimettono i ministri, figuriamoci i Sindaci.
Eppure il Sindaco non ha ritenuto (per carità scelta rispettabile, che però non condivido) neanche di prendere le distanze. E visto che ha risposto, fra qualche giorno pubblicherò le prove che il boss Rino Albergo continua a lavorare in eventi comunali, importantissimi. Incredibile, vero? Bhe, dovete soltanto aspettare qualche giorno o leggere il libro.
Ma uno dei fatti più “carini” accaduti in questi giorni riguarda il Presidente del Consiglio Comunale di Pachino, il signor Turi Borgh. Il Signor Borgh, presidente del consiglio comunale che ha un accesso per mafia, non ha mai preso pubblicamente le distanze da due consiglieri, tali Massimo Agricola e Salvatore Spataro, a processo con il capomafia. Lo stesso capomafia, Salvatore Giuliano, che “consigliava” di uccidermi. E non ha preso posizione neanche quando, appena qualche settimana fa, il consigliere comunale suo collega, Salvatore Spataro, ha ricevuto l’avviso che precede il rinvio a giudizio per mafia. Si, avete capito bene, non (solo) per voto di scambio politico mafioso, ma per mafia. Lo stesso consigliere che votava atti fondamentali per la vita del Comune di Pachino e che il Presidente Borgh definiva (con gli altri) un consigliere che ha dimostrato “un voto di appartenenza ad una comunità, determinato, soltanto, dall’idea di perseguire un bene comune che, forse, ancora, in tanti non hanno assimilato”.
Appunto. Un “bene comune” con l’accusa per mafia. Ed oggi, con grande slancio, il Presidente Borgh, lo stesso che non ha mai contestato i gravi fatti di cui è accusato il suo collega, ha commentato pubblicamente il mio libro, dicendo “viene facile dire e condannare, più complicato analizzare, approfondire e utilizzare un minimo di spirito critico”. Spirito critico? Lo stesso che ha utilizzato per (non) intervenire nei confronti del suo collega consigliere accusato di mafia?
Ci mancherebbe una scelta legittima. Anche perchè, certo, la colpa è sempre dei giornalisti. Quelli come me, ad esempio, che gli amici del suo collega, caro presidente Borgh, volevano far saltare in aria. In aria con un’autobomba. Ma certo, presidente, meglio stare in silenzio, vero? Tanto a morire dovevo essere io e gli uomini della mia scorta.
E potrei continuare, con gli amici di Pachino che volevano organizzare una presentazione ma poi hanno avuto paura di ciò che poteva accadere. O con quelli di Noto: stessa sorte.
Ma permettetemelo questo sfogo. Sono stanco della solidarietà a parole. Sono veramente stanco. Adesso bisogna schierarsi.
Chi vorrà stare con il racconto libero, legga il libro e mi aiuti a diffonderlo. Mi aiuti a condividere questo post. Non permettete, come stanno cercando di fare, che tutto possa passare nel dimenticatoio. Non permettetelo. Ne va della libertà di ognuno di Noi. Libertà, perché adesso basta: bisogna sapere cosa arriva sulle nostre tavole e quanto le mafie ci guadagnano, bisogna sapere quei politici che sono in affari con i boss mafiosi, bisogna sapere che da Augusta, da Lentini, parte la mafia peggiore, quella dei colletti bianchi ed arriva nelle più alte istituzioni del nostro Paese. Bisogna sapere che uno degli imprenditori più importanti del vino del nostro Paese, ha aspettato il via libera dal carcere da un boss, per acquistare i terreni su cui ha posizionate le sue aziende. E questi imprenditori non sono siciliani, ma hanno acquistato da mafiosi, siciliani. Eppure quel vino è sulle tavole di tantissimi italiani.
Bisogna saperlo ed io ho soltanto cercato di raccontarlo, con nomi, cognomi, fatti e circostanze, nel libro “Un morto ogni tanto” (edito Solferino). Un libro che ho dedicato ai servitori dello Stato, quelli veri. A colleghi uccisi, a ragazzi come Giulio Regeni e Andy Rocchelli.
Fatti che consegno a voi. Perché non basta più lamentarsi, bisogna conoscere e poi agire di conseguenza.
Paolo Borrometi
Tratto da: 19luglio1992.com
Foto © Imagoeconomica