Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

cartello con scritto mio nonno vi ha fatto un culo cosidi Pietro Orsatti
Un contadino che visse la stagione delle lotte contro il latifondo in Sicilia subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, un giorno mi offrì olive, tuma e vino nellsua casa. Parlava piano e serio, all’inizio, per poi stemperare nell’ironia il peso della sua storia. Raccontava di violenze, lotte, stragi, umiliazioni e piccole vittorie, che poi troppo spesso si trasformavano in conquiste effimere. Volatili come il vino che bevevamo. Raccontava del suo popolo, degli albanesi di Sicilia, delle feste e delle lotte di quella sua gente di montagna a due passi dal mare. "Che cosa vi spinse a mettervi contro la mafia?", chiesi alla fine di quel nostro incontro. Rise, asciugandosi la bocca con il dorso della mano. "Non eravamo noi contro la mafia. Era la mafia che era contro di noi", rispose. Poi, con un gesto, indicò due scaffali sbilenchi in un angolo della stanza. Copie vetuste di giornali, fragili come reperti archeologici. Mi alzai e con delicatezza guardai quella carta che sembrava pronta da un momento all’altro a sbriciolarsi in polvere. E lessi.

La realtà è che gli eccidi e gli attentati di domenica in Sicilia rispondono ad un piano: e il piano ha uno scopo politico palese: colpire il cuore delle organizzazioni democratiche e il popolo siciliano, arrestarne la pacifica avanzata, creare nell’isola le basi per una controffensiva di tipo fascista. Battute sul terreno della libera consultazione elettorale, le forze reazionarie siciliane si pongono chiaramente sul terreno delle aggressioni squadriste, scatenano gli elementi più loschi della malavita locale, passano a veri e propri tentativi in grande stile di provocazione e intimidazione. Questo ha un solo nome: fascismo. Questo ha un solo marchio: la testa di morte delle squadre d’azione”.
Pietro Ingaro, "L’Unità", 24 giugno 1947

Leggendo quell’articolo a commento dell’ennesi ma strage compiuta in Sicilia, meno di due mesi dopo quella di Portella della Ginestra, inevitabilmente mi sono ritrovato a precipitare nella mia storia familiare e nelle mie radici, lontanissime dall’isola ma legate a questa da un filo sottile e doloroso. Sono nato a Ferrara, infatti, dove nel novembre del 1943 avvenne quella che è possibile definire la prima strage del colpo di coda velenoso del ventennio fascista: la Repubblica di Salò. Sono cresciuto con i racconti dei miei famigliari su quel giorno. Ho cercato, adulto, testimoni e documenti. E solo oggi mi rendo conto che il prologo di quello che successe poi in Sicilia, e ancora dopo negli anni della “strategia della tensione”, l’ho inciso a fuoco nel mio Dna.
(23 Febbraio 2018)

Tratto da: orsattipietro.wordpress.com

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos