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ustica c ansadi R. C.
Nuove rivelazioni sul caso Ustica in arrivo dagli Usa.
Una nuova testimonianza su quanto avvenne la notte del 27 giugno 1980 a bordo del Dc9 Itavia in volo da Bologna a Palermo.
E’ Brian Sandlin, marinaio in servizio sulla portaerei Saratoga a raccontare di un conflitto aereo tra caccia americani e libici, nei cieli del Mediterraneo, conflitto che causò l’esplosione e l’inabissamento del volo di linea Itavia con a bordo 81 persone, tutte decedute.
La testimonianza di Sandlin smentisce la versione ufficiale del governo degli Stati Uniti.
Quella sera il marinaio Usa si trovava sulla plancia della Saratoga, in navigazione e non in rada, e racconta di aver assistito al rientro di due caccia Phantom al ritorno da una missione nei cieli del Mediterraneo. Erano stati impegnati in un conflitto aereo con due Mig libici.
Una frase è di particolare importanza "Eravamo coinvolti in un’operazione Nato  e affiancati da una portaerei britannica e da una francese. Il capitano Flatley — afferma  Sandlin — ci informò che durante le nostre operazioni di volo due Mig libici ci erano venuti incontro in assetto aggressivo e avevamo dovuto abbatterli".
E prosegue nel ricordo di quella drammatica serata di 37 anni fa: "In plancia c’era un silenzio assoluto. Non era consentito parlare, non potevamo neppure berci una tazza di caffè o fumare. Gli ufficiali si comportavano in modo professionale ma parlavano poco fra loro".
E smentisce un pezzo importante della versione offerta dagli Stati Uniti, fornita dal Pentagono: non è vero che i radar della Saratoga erano spenti.
Un altro tassello sulle cose non dette in merito a quella strage, ma la verità la si conosce, nonostante la direttiva di Renzi per tacitarla. La verità non la vogliono raccontare. Meglio tacere e depistare, arte in cui gli apparati di questo Paese sono veri maestri.
Bugie grossolane che vanno dal cedimento strutturale del velivolo alla bomba piazzata a bordo.
Menzogne spazzate via già dalle dichiarazioni rese da Franco Di Carlo al giudice Rosario Priore e le parole di Brian Sadlin nulla aggiungono a quel racconto.
Di Carlo parla del depistaggio attuato sul ritrovamento dell’aereo militare libico precipitato sulle alture della Sila. Aereo che si schiantò al suolo proprio il 27 giugno 1980, la sera della strage di Ustica,ma opportunamente ritrovato il 18 luglio successivo, con all’interno tanto di cadavere in avanzato stato di decomposizione.
Un tentativo maldestro per evitare collegamenti con quanto accadde nei cieli di Ustica il 27 giugno precedente.
Va ricordato che quelli erano gli anni della P2 di Licio Gelli. Una loggia con una lista di nomi eccellenti: vi appartenevano generali di tutte le Forze Armate, Carabinieri, Guardia di Finanza, esercito, marina, aviazione, questori, qualche prefetto, uomini politici e imprenditori di chiara fama.
Il giudice istruttore Rosario Priore, l'ultimo magistrato ad indagare sulle stragi del 1980, arrivò ad un passo dalla verità su quella strage, grazie alla sua caparbietà e alle dichiarazioni di Franco Di Carlo.
Priore si trovò di fronte a muri di gomma: militari estremamente riottosi a collaborare, Stati che si rifugiavano in sdegnati silenzi.
Ma il giudice, testardo e imperturbabile, ha continuato ad indagare fino al 1996, sino a quando da Londra rientrò in Italia un detenuto, per terminare di scontare una condanna subita in Gran Bretagna.
Il giudice Priore e l’allora pm Giovanni Salvi, ora procuratore generale a Roma, lo sentirono e da quel momento si intravide uno spiraglio di verità sulle stragi di Ustica e Bologna, grazie ad un lungo e circostanziato racconto.
Considerata la gravità delle affermazioni, i due magistrati predisposero che il detenuto arrivato da Londra fosse trasferito in una struttura di massima sicurezza,temendo per la sua incolumità, venne responsabilizzato il direttore del carcere, anche per il controllo del  del cibo.
Quel detenuto era Franco Di Carlo, che dopo aver scontato 12 anni nelle carceri inglesi, aveva voluto tornare in Italia per il residuo di pena. Di Carlo cominciò a raccontare ai magistrati quanto aveva saputo sulle stragi di Ustica e Bologna.
L’ex boss di Altofonte per molti anni era stato ospite di diversi istituti di pena inglesi, dove aveva incontrato un arabo palestinese, Nizar Hindawi, che proveniva dai campi di addestramento libici, fino ad essere ammesso tra i ranghi dei servizi segreti siriani.
L’agente siriano ha condiviso con Franco Di Carlo i propri segreti e i mille misteri.
Good Father, come rispettosamente lo chiamavano, intervenne perché Hindawi fosse lasciato in pace dalle guardie  e questi, si legò a lui riconoscente, raccontandogli la sua vita.
Hindawi era stato arrestato in quanto aveva organizzato un attentato su un aereo israeliano con 500 passeggeri a bordo in partenza da Heathrow, usando lignara fidanzata incinta come kamikaze.
L’arabo fu una miniera di notizie sulle pagine più fosche della nostra Repubblica, la strage di Bologna e il mistero di Ustica. Hindawi svelò che i motivi dell’eccidio della stazione erano da ricercarsi nella strage dell’aereo Itavia  esploso in volo un mese prima.
La sera del 27 giugno i servizi di mezza Europa e la Cia avevano saputo che la Libia aveva preparato un piano di volo per il presidente Gheddafi, un viaggio segretissimo, che tanto segreto però non si rivelò e venne progettata l’eliminazione del Raìs.
Quella sera sul Mediterraneo si scatenò una battaglia, l’aereo americano che seguiva il volo Itavia venne intercettato dai libici, intervenne un secondo aereo che colpito, precipitò in mare, sino all’epilogo: il disastro di Ustica.
Lo stesso colonnello Gheddafi ammise, anni dopo, che Ustica aveva a che fare con un attentato alla sua persona.
Racconta Di Carlo “Ai libici non era andato giù che i servizi italiani e alcuni politici avessero complottato con gli americani per uccidere il colonnello. Programmarono un attentato per farcela pagare. Bologna non fu scelta a caso, era la città dal quale era partito l’aereo Itavia”.

Tratto da: articolotre.com

Foto © Ansa

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