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mogavero monsignor c ansadi R.C.
E’ disumano negare a Marcello Dell’Utri il conforto dei familiari
E’ il pensiero, peraltro legittimo, di monsignor Domenico Mogavero, guida illuminata  delle anime di Mazara del Vallo - Al quale sarebbe facile e un po’ demagogico replicare che a Falcone, Borsellino, Montana. Cassarà e a altre centinaia di vittime di mafia il conforto dei familiari è stato negato.
Un prelato chiacchierato, il monsignore, certamente attento all’eleganza, se la concorrenza veste Prada, lui ha scelto di vestire Giorgio Armani, che gli ha disegnato i paramenti sacri.
Non parlatemi di lusso - s’infervora il vescovo -. Questo è solo un regalo che Armani ha deciso di fare all’isola che ama. Avevo chiesto ad altre personalità che passano qui le loro vacanze di contribuire come potevano al decoro della nostra chiesa, ristrutturata lo scorso anno. E Armani ha avuto la cortesia di realizzare questi abiti”.
Ma pare che monsignor Mogavero, ex sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana, non avesse solo la passionaccia per l’alta moda ecclesiastica.
La procura di Mazara del Vallo lo accusa di essersi indebitamente appropriato di 180 mila euro della Curia.
Indagine condotta dalla Guardia di Finanza che ha contestato i reati di appropriazione indebita e malversazione all’ex economo della Diocesi, don Franco Caruso. Avrebbe speso 250 mila euro destinati ad opere di carità, per altri fini.
Parte del denaro sarebbe stato dirottato a don Vito Caradonna, prete, con il vizio del gioco, sospeso a divinis dopo una condanna per tentata violenza sessuale nei confronti di un uomo e sotto processo per circonvenzione di incapace.
Sotto la gestione di don Caruso, la Diocesi aveva accumulato debiti per 5 milioni e mezzo di euro.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore Alberto Di Pisa, punta a  a chiarire presunte anomalie gestionali avvenute all'interno della curia di Mazara.

La storia è intricata
Il vescovo Mogavero avrebbe avuto grossi dubbi sui conti della Curia. Così aveva deciso di non rinnovare più l'incarico a don Caruso, inviato come parroco a Santa Ninfa, comune di cinquemila anime nel Trapanese.
La Guardia di finanza di Trapani ha passando al setaccio i movimenti dei numerosi conti (almeno sette-otto) intestati alla Diocesi e sui quali avevano delega ad operare sia l'economo che monsignor Mogavero.
E le stranezze con cifre che escono da una parte e rientrano (ma solo in parte) dall'altra sarebbero molte.
C'è una montagna di documenti bancari da esaminare, c'è un "conto protezione" di cui Mogavero dice di non conoscere l'esistenza ma che risulta acceso dalla Curia e c'è da verificare se siano stati effettivamente realizzati i progetti di "opere benefiche" che avrebbero dovuto essere portati avanti con i fondi dell'8 per mille e che - secondo gli inquirenti - avrebbero preso invece altre strade.
I filoni di inchiesta sono due, quello sui fondi dell'8 per mille e quello sul buco in bilancio cresciuto anche per l'esposizione debitoria, poco più di 4 milioni di euro, nei confronti di due banche (Banca Prossima del gruppo Intesa San Paolo e Unicredit).

I due filoni però finiscono con l'intrecciarsi
Dei fondi del mutuo destinati alla costruzione di due chiese e alla ristrutturazione (costo 32 milioni) di quella di Pantelleria si sarebbe "perso per strada" un milione, mentre altri 130.000 sarebbero transitati dai conti della Diocesi a quello personale del vescovo che ha spiegato di aver anticipato dal suo patrimonio il pagamento della somma all'architetto Ernesto La Magna per la realizzazione di opere per la chiesa di Pantelleria.
Difficile poi spiegare come sia stato possibile che Mogavero (al quale comunque spettano compiti di vigilanza) non si sia mai accorto delle oltre trenta operazioni con le quali, in cinque anni, il suo economo ha "prestato" ben 225mila euro dei fondi destinati alle opere di bene a quel don Vito Caradonna che li avrebbe dilapidati ai tavoli da gioco.
Per non parlare di quei singolari "prestiti" di somme a diversi zeri che dai conti della Curia viravano verso quelli di Mogavero e dell'economo poi da lui stesso rimosso.
Poi ci sono le testimonianze dei sacerdoti presenti all'assemblea nella quale il 14 maggio dell'anno scorso Mogavero presentò il bilancio in rosso del 2013.
Una assemblea registrata da qualcuno dei presenti che fece giungere il file prima a "Panorama" e poi in Procura. Chiamati dai pm i sacerdoti (a cominciare dal rettore del Seminario don Francesco Fiorino) hanno confermato che in quell'occasione a Mogavero furono contestate alcune spese giudicate fuori luogo come un contributo da 35.000 euro ad una parrocchia per l'acquisto di un auto di lusso, il pagamento di consulenze per 40.000 euro o i 37.000 euro spesi per comprare un servizio di piatti con il bordo in oro per la canonica dell'ex segretario del vescovo.
Al vescovo evidentemente piacciono le cose belle, come dargli torto? Ma chiarirà certamente tutto, nessun dubbio.

Tratto da: articolotre.com

Foto © Ansa

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