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caruana galizia daphne inuscitadi Marco Cesario
“Noi giornalisti investigativi abbiamo il dovere di lavorare sulle carte. Di studiarle, approfondirle. La vita di Daphne Caruana Galizia è stata improntata a questo. Basta vedere tutte le inchieste che ha fatto. Non solo, lei non ha mai risparmiato nessuno”. Paolo Borrometi, giornalista sotto sotto scorta e responsabile Legalità di Articolo21 era collega ed amico della giornalista assassinata a Malta.

L’assassinio della giornalista maltese ha scosso tutto il mondo del giornalismo in Europa. Puoi raccontarci come hai conosciuto Daphne?
Ho conosciuto Daphne perché nel 2013 riprese un mio articolo nel suo blog nel quale io facevo un parallelismo fra Italia, dove si litigava per l’immigrazione e Malta, dove addirittura il Parlamento aveva approvato ua legge con la quale si “vendeva” la cittadinanza, se non sbaglio a 650.000 euro. Lei riprese quest’articolo e lo pubblico’ sul suo sito. Da allora siamo rimasti spesso in contatto. Si pensi che quando io venni aggredito il 16 Aprile 2014 lei mi mando’ un messaggio meraviglioso, tra l’altro uno dei primi che ho ricevuto. Aveva appreso della mia aggressione e m’incitava ad andare avanti. Consideriamo che io sono della provincia di Ragusa, dunque a due passi da Malta. I due territori nei fatti sono estremamente uniti. Mi invitava ad andare avanti e a non arrendermi. Mi faceva capire che avevamo le stesse difficoltà, le minacce che subivamo erano simili e che fosse necessario andare avanti perché i nostri paesi hanno bisogno della libertà, del giornalismo libero. “Peccato che mi renda conto che sia noi che voi stiamo messi male nel racconto” mi disse un giorno.

Com’era Daphne?
Io ho sempre avuto la sensazione di una donna forte coraggiosa, che aveva ben chiaro quello che deve fare un giornalista. Lei, a differenza di altri, il proprio dovere lo faceva. Lo faceva a suon di inchieste giornalistiche, incarnava perfettamente l’essere giornalista investigativa. Noi giornalisti investigativi in effetti abbiamo il dovere di lavorare sulle carte. Di studiarle, approfondirle. La sua vita è stata improntata a questo. Basta vedere tutte le inchieste che ha fatto. Non solo, lei non ha mai risparmiato nessuno . “Vengo accusata di essere a favore di una una parte politica poi di un’altra” mi diceva “quando invece io mi occupo di scrivere e di raccontare tutto quello che vedo coi miei occhi”.

E’ il suo essere fino in fondo giornalista investigativa che l’ha portata alla morte. Tu che idea ti sei fatto di questa terribile vicenda?
Sono drammaticamente segnato da questa morte. In linea d’aria Malta è a due passi dalla mia Sicilia e dalla mia privincia ragusana. La cosa che più mi fa male è che oggi tutti inneggiano a Daphne. Oggi pero’ è facile. Quando invece Dafne veramente aveva tutti i potenti contro nessuno ha mosso un dito. Tra l’altro il nodo della questione qui non è nemmeno semplicemente i Panama Papers ed i Malta Files. Ricordiamo infatti che Daphne scrisse anche sugli investimenti italiani a Malta denunciando anche il fatto che l’isola fosse divenuta un importante centro del narcotraffico. Lei ha continuata imperterrita nelle sue inchieste, non sottraendosi mai al proprio dovere di giornalista. Ora pero’ che il suo sacrificio estremo non sia vano. Che si faccia luce sulla sua morte e soprattutto si attivi una scorta mediatica per le sue inchieste. Questo omicidio terribile richiede infatti uno studio accurato delle sue inchieste ed è necessario inoltre che La Valletta dia spiegazioni convincenti sul perché sia stata assassinata.

Daphne nelle sue inchieste ha anche parlato dei legami tra criminalità organizzata italiana ed investimenti sul territorio maltese
Questo è uno dei punti oscuri su cui fare luce. Ricordiamo che il territorio siciliano e quello maltese sono tutt’uno. Daphne l’ha sempre sottolineato nelle sue inchieste. Basti pensare al numero di italiani che vanno a Malta ma soprattutto al giro d’affari di imprese siciliane e calabresi a Malta, che ricordiamo è a un tiro di schioppo dalla Sicilia ed ha usi e costumi simili ed a volte identici ai nostri. Daphne ha avuto il coraggio quotidiano della sua azione andando fino in fondo nelle sue inchieste.

Paolo, anche tu sei un giornalista minacciato e per questo ti è stata assegnata una scorta. Qual è la tua percezione del tuo ruolo dopo queste efferato delitto di una collega che ha vissuto le tue stesse identiche difficoltà?
Ti rispondo citandoti quello che mi scrisse Daphne subito dopo la mia aggressione: “I nostri paesi hanno bisogno del giornalismo libero di denuncia.” In questa frase è condensato tutto il lavoro di Daphne. Meglio di mille parole fa capire quanto ci sia bisogno di questo genere di giornalismo. Senza critiche da parte degli altri, solo una mano sulla coscienza dovrebbero passarsi tanti colleghi che lo intepretano invece come un lavoro d’ufficio. Noi abbiamo una grande responsabilità. Io ho testimoniato qualche giorno fa per l’ennesima volta, per l’ennesimo processo. Ho fatto oltre 140 denunce per minacce di morte che ho subito. Vivo con una menomazione alla spalla dopo numerosi episodi intimidatori. Non mi sento pero’ un eroe né una persona estremamente coraggiosa. Penso semplicemente di fare come insegnava Daphne , ovvero il mio dovere. Il problema in questo paese è diventato chi fa il proprio dovere. Noi dobbiamo invece ripristinare la normalità. Il problema non è chi fa il proprio dovere. Il problema è chi invece non lo fa.

@marco_cesario

Tratto da: articolo21.org

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