Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

il silenzio e mafia c shobhadi Tommaso Passarelli 
Crea sconcerto, ancora una volta, quanto accaduto oggi in provincia di Reggio Calabria, nel comune di San Luca. L'arresto di un pericoloso latitante, tra i cinque più pericolosi d'Italia, ha registrato la vittoria di polizia giudiziaria e magistratura, ma al contempo una clamorosa sconfitta sul piano sociale. All'uscita di casa, il boss condannato a oltre ventotto anni di carcere per traffico internazionale di stupefacenti e più volte indicato come egemone nello smistamento e smaltimento di rifiuti tossici da più collaboratori di giustizia, ha incassato il pieno sostegno di familiari, amici e concittadini, tra abbracci e baciamano. Da sempre la lotta alla mafia si esplica su due binari, quello sociale e quello istituzionale. Se tanto è stato fatto, tantissimo rimane da fare. Le colonne portanti delle mafie sono essenzialmente due: controllo del territorio e consenso sociale. È indubbio che sul primo versante la lotta competa, solo ed esclusivamente, agli organi di Stato. È lo stato ad avere il monopolio della violenza, da esercitare onde garantire la libera, pacifica e democratica convivenza dei suoi cittadini, nei territori in cui essi sono stanziati. La legge arriva relativamente tardi sul problema "mafia", la prima volta con legge n. 575/1956, recante misure di sicurezza e prevenzione per gli indiziati di appartenenza ad associazioni mafiose. Le mafie sono un fenomeno plurisecolare: Cosa nostra nasce all'incirca tra la fine del feudalesimo e l'inizio dello stato di diritto; la 'ndrangheta qualche lustro più in là, agli albori della unificazione nazionale. Il ritardo del diritto è stato un riflesso della sottovalutazione del problema-mafia, di cui per un secolo circa si è occupata soltanto la scienza sociologica, a partire da Franchetti e Sonnino nel lontano 1876. La legge n.646/1982 "Rognoni-La Torre" segnerà un punto di svolta, introducendo l'art. 416-bis c.p. (reato di associazione mafiosa) e altre restrittive misure patrimoniali ( sequestro e confisca) per i proventi di attività illecite. Sul secondo versante registriamo un pericoloso ritardo culturale: nei luoghi di origine le mafie godono di un consenso diffuso, sono la soluzione unica ai problemi sociali. Più bassa è la cultura, più forte è la tradizione mafiosa. Promuovere la lotta alle mafie nelle scuole è un primo passo importante: raccontare le tragedie e il dolore perpetrato dai sodalizi mafiosi è un deterrente infungibile. Perché la violenza della mafia non è soltanto materiale, ma anche spirituale, perché si tramanda (soprattutto nella tradizione 'ndranghetista) per vincolo familistico, rubando ai bambini l'infanzia e l'avvenire. "Se i giovani le negheranno il consenso, anche l'onnipotente mafia vedrà la propria fine", sosteneva Paolo Borsellino. La sconfitta delle mafie passa inevitabilmente dalla negazione del consenso sociale.

Foto © Shobha

Ti potrebbe interessare...

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos