Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

nebroni medi Luciano Armeli Iapichino
Un lembo di terra in cui la storia delle invasioni e l’influsso del vicino Oriente hanno lasciato orme incancellabili e tesori inestimabili; ruderi millenari, chiese, sculture, tradizioni, paesini che s’inerpicano sui declivi come bomboniere, incorniciati in un orizzonte delimitato a Nord dall’arcipelago delle sette sorelle, a Sud da valli e colline che si perdono a vista d’occhio, a Est dal sontuoso Etna e a Ovest, nelle limpide giornate d’estate, dalla rocca di Cefalù.

Questi sono i Nebrodi, un’isola pregna di mito dentro quell’isola, la Sicilia, che a Goethe faceva pensare all’Asia e all’Africa, e lo stare in piedi nel punto meraviglioso in cui convergevano così tanti raggi della storia universale non era cosa da poco.

Una piccola parte della storia dell’Universo è pietrificata in questa natura che cela, di contro, un velo di amaro disincanto.

Atti intimidatori, in forte aumento, a rappresentanti delle istituzioni locali e non solo, ingerenze criminali nell’erogazione dei contributi comunitari da parte dell’A.G.E.A, casi di malaffare e reati contro la Pubblica Amministrazione, (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, peculato, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, reati questi contestati nei comuni di Brolo e Sant’Agata di Militello in delle recenti indagini, rispettivamente febbraio e agosto 2014), e ancora, spaccio di stupefacenti, furti, usura (in parte sommersa), fenomeno nero delle giornate lavorative, incendi dolosi in aree non solo montane - e chissà forse dependance nel tempo di qualche pericoloso latitante - elementi questi che, associati a una mattanza perpetrata da circa un ventennio e focalizzata nell’area montana da una mafia che sembra invisibile, costituiscono il quadro desolante di un fazzoletto di terra straordinariamente gravido di bellezza e di potenzialità, dal mare all’entroterra.

Le esigue risorse finanziare, lo sperpero delle stesse, il continuo balletto di figure professionali che si rimpallano da un ente all’altro non aiutano, di certo, l’azione della gestione dei comuni, molti dei quali sono in difficoltà.

Le storiche consorterie mafiose che cristallizzavano la loro base operativa a Mistretta (consorteria legata a Cosa Nostra palermitana; Pietro Rampulla è stato ritenuto l’artificiere della strage di Capaci) e a Tortorici (denominata dei Batanesi), dopo l’esecuzione dell’operazione Icaro (2003), Montagna (2007) e la fine della latitanza dei fratelli Mignacca (2013), ricercati dal 2008 e capi dei clan tortoriciani, sembrano porre in essere un’oscura quanto inabissata - ma non da sottovalutare - fase di assestamento degli equilibri di leadership.

“L’altro” fuoco dell’ellisse criminale, infatti, verosimilmente collegato al primo per genetica e/o affiliazione, pare essersi cristallizzato nel triangolo montano Cesarò-Capizzi-Troina, (comune, quest’ultimo, di cui il sindaco è sotto protezione) che costituisce il palcoscenico naturale di un bosco che continua ad avere fame tanto di vittime, quanto di fondi comunitari.

E sì, perché mentre un tempo gli affari si bilanciavano tra racket delle estorsioni, appalti pubblici  (metanizzazione), e parchi eolici, oggi i fiumi di denaro vengono dall’Europa e dal settore agro-zootecnico e, in assenza di grandi opere, necessarie per il rilancio delle aree rurali, dalla gestione dei night club e dallo spaccio di stupefacenti.

Le indagini, tra l’altro, di qualche omicidio e in particolare quelle concernenti l'assassinio dell’allevatore di San Teodoro, Giuseppe Conti Taguali, 54 anni, freddato con un fucile calibro 12 a Cesarò il 7 luglio 2014, potrebbero districare la matassa di quel substrato di intrigo, malaffare e leadership inerente alla cosca cesarese.

Appare evidente che il ricambio avviato all’interno delle consorterie mafiose nebroidee, con l’ascesa di soggetti forse ancora poco conosciuti, le loro ramificazioni interprovinciali, il sottobosco umano rappresentato da quelle sospette personalità, in atto libere, ma in passato legate a vario titolo con i clan storici dell’area, costituiscono un reale ostacolo e un’innegabile influenza (oltre che alla macchina amministrativa degli Enti Locali, se non proprio di infiltrazione) alla crescita sociale di un territorio, in particolar modo di quello montano, che da troppo tempo – trent’anni - aspetta quel salto di qualità in termini di un rilancio economico degno della sua straordinaria bellezza naturalistica (i treni colmi di presenze multiculturali sembrano fermarsi a Cefalù, ultimo capolinea visibile ai grandi circuiti turistici).

Una forte criticità, questa, che innalza, in tempi di recessione, da un lato i parametri sempre più scoraggianti della disoccupazione e incoraggia, dall’altro, fertile manovalanza.

Era iniziato tutto con la faida tortoriciana, e le attività criminose a essa connesse, dei Bontempo Scavo e dei Galati Giordano, che avevano trasformato, nei primi anni ’90, il quadrilatero Tortorici – Rocca di Caprileone - Capo d’Orlando - Brolo in un fronte di guerra, di morte, d’intimidazione e di lupara bianca.

Dopo un periodo più meno lungo di pax, ma senza particolari impennate di sviluppo e radicale crescita territoriale – eccetto qualche reale sussulto per la zona del mare - la regione nebroidea continua, oggi, a registrare scosse criminali di una certa entità, che al pari di movimenti tellurici, incombono come minaccia tetra sul futuro dell’ennesima generazione. L’ennesima! E la mentalità giovane e meno giovane che si subodora nell’aria, che a queste altitudini è colma di ossigeno, appare ancor più rarefatta, misera e zavorrante di quella inalata qualche decennio addietro.

E tornano in mente le parole disincantate di Ippolito Nievo:

“La Sicilia è una specie di paradiso senza alberi […] non ho aria per i miei polmoni, non ho immagini per il mio spirito. Bisogna vivere delle cose passate, come l’orso che si succhia per tutto l’inverno la grascia accumulatasi intorno nell’estate […] … ho sbadigliato in faccia ai più vaghi spettacoli della creazione; e sotto gli occhi della Zisa ho aspirato quel fastidio che faceva prender l’oppio ai vecchi e barbuti sultani”.

Sui Nebrodi, l’aria rimane contaminata da virus immuni all'azione del tempo e il riscatto della popolazione ibernato.

Solo flebili nuovi sussulti. Gli alberi popolano da secoli immense aree e la speranza, stanca e vecchia, dal canto suo spopola interi paesi.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos