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io voto no referendumda Associazione Antimafie Rita Atria*
L’associazione antimafie “Rita Atria” si schiera in pieno sostegno delle ragioni del No in occasione della consultazione referendaria in materia di revisione costituzionale del prossimo 4 Dicembre 2016.

Il nostro No, nel merito della riforma costituzionale, è un SI alla democrazia.
Tra i valori statutari della nostra associazione vi è la Resistenza nata dall’Antifascismo, ed proprio con quello spirito che ancora una volta ci schieriamo al fianco dell’ANPI, ci schieriamo al fianco del comitato “Io Voto NO” e ai milioni di italiani che si stanno mobilitando affinché venga respinta questa riforma conservatrice e autoritaria, nonostante l’enorme disparità di spazi e mezzi di cui dispongono i fautori delle ragioni del SI, capeggiati dal Governo nazionale (fatto di per sé di enorme gravità).
Riteniamo che la nostra Costituzione, se non la più bella del mondo, sia una buona Costituzione, nata dallo spirito della Resistenza. Con essa i Costituenti vollero dotare il paese di una “norma principale”, un “Patto Sociale” di convivenza che garantisse e tutelasse i diritti/doveri di tutti indistintamente.
Non consideriamo la Carta Costituzionale come un dogma irriformabile, certamente può essere modificata, migliorata e attualizzata (difatti negli ultimi anni è già avvenuto diverse volte).
Il nostro è un NO nel metodo oltre che nel merito della riforma:
Nel metodo questa riforma è espressione particolare dell’indirizzo politico del Governo (il DDL di revisione costituzionale è stato presentato dallo Governo stesso), i lavori in commissione Affari Costituzionali hanno subito forzature come la rimozione di alcuni Senatori dai lavori della stessa Commissione.
Inutile anche porre il paragone con lo svolgimento dei lavori e il senso delle istituzioni dell’Assemblea Costituente nel 1947 e dell’allora Governo “De Gasperi”, faremmo torto alla memoria di questi ultimi.
Senza contare che l’attuale Legislatura consta di un Arco Parlamentare definito “illegittimo” dalla sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato incostituzionale e lesiva della rappresentanza popolare, e quindi della sovranità popolare, la Legge Elettorale cosiddetta “Porcellum” che ne ha normato la composizione. La suddetta Corte, in ossequio al principio di continuità dello Stato e degli Organi Costituzionali, ha autorizzato le Camere così composte a proseguire le funzioni ordinarie allo scopo di legiferare, tra le altre, anche una nuova Legge Elettorale, senza legittimarle a portare a conclusione l’intera legislatura e soprattutto a procedere ai lavori di revisione costituzionale.
Nel merito questa riforma pretende, per ammissione dei suoi promotori, di garantire il superamento del “bicameralismo perfetto”, ritenuto il principale ostacolo all’adempimento in “tempi rapidi” della funzione legislativa, propria del Parlamento. In realtà il nostro Parlamento, in Europa, è secondo soltanto a quello tedesco per numero di leggi promulgate in un anno, ma è evidente che il problema non risiede nel numero di leggi promulgate ma nella qualità delle stesse.
Il nuovo Senato però non verrà abolito. Continuerà ad esistere e a svolgere le proprie funzioni. Viene modificato e diversificato l’iter legislativo, perché vengono modificate le competenze del nuovo Senato. Questo nuovo scenario, vista l’assenza nel testo della riforma di una norma definitiva che faccia chiarezza, provocherà confusione e rallentamenti. Sono molteplici infatti gli scenari in cui le due Camere potranno sollevare un conflitto di competenze e chiedere ai Presidenti di Camera e Senato di riunirsi per dirimere le controversie, o in ultima istanza obbligare ad esprimersi in merito la Corte Costituzionale. Tutto l’opposto della sbandierata semplificazione.
Per quanto riguarda la composizione del nuovo Senato, il numero dei Senatori viene ridotto a 100. Questi non saranno più votati dai cittadini ma verranno nominati: 74 all’interno dei Consigli Regionali (non si conoscono ancora le modalità con cui verranno selezionati e come questa potrà rappresentare la volontà popolare stante l’assenza della norma specifica a cui però il testo della riforma rimanda), 21 tra i Sindaci (la cui selezione è tuttora sconosciuta) e 5 nominati dal Presidente della Repubblica.
Occorre evidenziare che i Senatori eserciteranno la propria funzione legislativa senza alcun vincolo di mandato dei rispettivi Consigli Regionali, o Istituzioni di provenienza, i cui interessi particolari e territoriali dovrebbero rappresentare.
Risulta evidente un accentramento dei poteri verso lo Stato a discapito delle autonomie territoriali con la riforma del Titolo V e soprattutto lo slittamento del baricentro dei poteri verso il Governo, e quindi verso il Potere Esecutivo, grazie al meccanismo del “Voto a data certa” con cui di fatto il Governo condizionerà i lavori del Parlamento e la sua agenda, in violazione del principio di separazione dei Poteri dello Stato. Una deriva a cui si è giunti dopo decenni in cui i vari Esecutivi hanno abusato della Decretazione d’Urgenza e del ricorso al “voto di fiducia” sui provvedimenti in esame al Parlamento, svilendo concretamente il ruolo e il Potere Legislativo di quest’ultimo.
Ma la riforma mira anche a smantellare il delicato sistema di pesi e contrappesi del nostro ordinamento perché il nuovo Senato viene notevolmente ridimensionato (a fronte di una Camera dei Deputati invariata nei numeri e nelle funzioni), sarà composto da Senatori non eletti direttamente dal popolo, e non potrà più votare la fiducia al Governo, che sarà votata invece dalla sola Camera dei Deputati la cui composizione è disciplinata dalla nuova Legge Elettorale, l’Italicum, attualmente già in vigore.
La Legge Elettorale benché non faccia parte del testo della riforma sottoposta a consultazione referendaria, non può e non deve essere esclusa dalle valutazioni complessive della riforma stessa perché già in vigore e perché non risultano garanzie di modifiche dopo la data del Referendum, e non ci sono i tempi tecnici per una sua modifica prima del Referendum.
L’Italicum contempla l’assegnazione della maggioranza assoluta dei seggi ad un solo partito, anche se questo non ha ricevuto la maggioranza assoluta dei voti espressi, ma solo una maggioranza relativa, attribuendogli un premi di maggioranza, in totale spregio del principio di rappresentanza popolare, come già avvenuto per il “Porcellum” dichiarato incostituzionale per lo stesso motivo dalla Corte Costituzionale.
La Camera dei Deputati così composta, unico ramo del Parlamento espressione diretta della sovranità popolare, potrà sostanzialmente condizionare l’elezione degli organi di garanzia quali il Presidente della Repubblica, i membri del Consiglio Superiore della Magistratura e i Giudici della Corte Costituzionale.
I sostenitori del SI hanno trasformato la consultazione referendaria in uno scontro politico, in una lotta di posizioni, dividendo il paese (paradosso di una riforma costituzionale che dovrebbe nei limiti unire i cittadini) e teorizzando catastrofi  socio-economiche nel caso in cui dovesse prevalere tra i cittadini la posizione del NO. Un confronto che sin dall’inizio si è voluto spostare dal merito della riforma, inasprito anche da attacchi verso quelle Associazioni (ANPI) che avevano preso una posizione netta di bocciatura nei confronti della riforma. Larga parte dei membri dei partiti di maggioranza e lo stesso Governo sono arrivati al punto di legittimare, come mai prima d’ora, gli argomenti dell’antipolitica diffondendo slogan e messaggi a sostegno del “taglio delle poltrone” e dei “costi della politica” oltraggiando le Istituzioni che sono chiamati a rappresentare. Veicolare simili messaggi all’interno di una campagna referendaria è disonesto intellettualmente e offensivo nei confronti dei cittadini cui sono rivolti.
Rifiutiamo il ricatto della governabilità, un falso mito rilanciato a più riprese dai sostenitori della riforma: lo spauracchio di chi concepisce la politica in maniera verticistica e decisionista, e che vede nel Parlamento un limite al proprio “potere”. Noi sosteniamo che in democrazia governi chi è in grado di suscitare consensi, partecipazione, chi è in grado di essere sostenuto dalla maggioranza del Parlamento e quindi in astratto dalla maggioranza dei cittadini. In virtù di questo siamo lontani da chi concepisce le elezione come una gara, un duello da cui far emergere vincitori e vinti. Riteniamo l’esercizio del diritto di voto dei cittadini che eleggono i propri rappresentanti una dell’espressione più alte della sovranità popolare in una democrazia rappresentativa e non una volgare competizione.
Facciamo nostre le parole di Gustavo Zagrebelsky, professore emerito di Diritto Costituzionale: Istituzioni imperfette possono funzionare soddisfacentemente se sono in mano ad una classe politica degna e consapevole del compito di governo che è loro affidato, mentre la più perfetta delle costituzioni è destinata a funzionare malissimo in mano ad una classe politica incapace, corrotta e inadeguata. Per questo noi diciamo: non accollate a una Costituzione le colpe che sono vostre.

Difendiamo la sovranità popolare, difendiamo la Costituzione. Il 4 Dicembre votiamo NO.

* Direttivo nazionale

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