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di matteo liceo danilo dolci c medianewIl magistrato di Palermo presenta il libro "Collusi" all'Università di Firenze
di Rosa Marchitelli*
“Collusi. Perchè politici, uomini delle istituzioni e manager continuano a trattare con la mafia.” Il libro scritto dal sostituto procuratore di Palermo Antonino Di Matteo e Salvo Palazzolo scrittore e giornalista de La Repubblica, è stato presentato ieri all'Università degli Studi di Firenze in occasione della XI edizione del Forum Nazionale contro la mafia organizzato da due associazioni studentesche indipendenti da partiti politici e orientamenti religiosi: il collettivo Rosso MalPolo e Studenti di Sinistra. Ospiti dell'iniziativa proprio Nino Di Matteo, l'avvocato penalista Danilo Ammanato e Giovanna Maggiani Chelli Presidente dell'Associazione tra i Familiari delle Vittime di Via dei Georgofili.

Il dibattito comincia con Maggiani Chelli che ringrazia il magistrato Di Matteo e sottolinea la frase conclusiva del libro: “Io resto al mio posto.” “E' la frase che più ci ha colpito di tutto il lavoro. Ma la verità sulle stragi degli anni '90 non la vuole sapere nessuno.” -continua la Presidente- “Voglio attirare la vostra attenzione su tre punti: il 2 maggio 4 uomini politici si riunirono per stabilire una norma, che poi sarebbe stata varata, che permetteva a Totò Riina di uscire dal carcere e aggirare gli ostacoli. Fortunatamente, il governo di allora riesce ad impedire tutto questo. E ancora: il 14 settembre 2015 ci hanno riprovato cercando di modificare l'articolo 4 bis del codice penale. L'articolo 4 bis e l'articolo 41 bis mettono un catenaccio alle porte dei mafiosi e fanno sì che non godano più di attenuanti. Se non sono collusi, perché hanno cercato di buttare all'aria un meccanismo che impedisce alla mafia di propagarsi anche dopo gli arresti? Perchè non hanno arrestato Matteo Messina Denaro? E questo è il terzo punto. Il suo fantasma è qui da qualche parte. Non saranno tutti collusi, ma non sono nemmeno alcuni e nemmeno pochi.”

Parole piene di rabbia e amarezza quelle di Giovanna Maggiani Chelli la cui figlia è rimasta ferita nell'attentato del 27 Maggio 1993 in via dei Georgofili a Firenze.
Di stampo più giuridico e istituzionale, ma non meno appassionato, è l'intervento dell'avvocato penalista fiorentino Danilo Ammanato occupatosi a lungo dei rapporti Stato-mafia. “La parola collusi deriva dal latino “cum ludere” giocare assieme; intendersela con qualcuno; stabilire dei rapporti a fini fraudolenti. I giocatori nascosti con la mafia e sono essenzialmente politici, amministratori regionali o comunali, imprenditori, professionisti e forze dell'ordine e persino alcuni magistrati. I mass media tacciono e parlano solo per dire che Di Matteo esagera, è un semplice allarmista. Da avvocato penalista, io riporto i fatti. Chi sono i collusi? Faccio solo alcuni nomi: Salvo Lima, Giulio Andreotti, Marcello Dell'Utri, Mannino Calogero, Berlusconi. E la lista potrebbe continuare a lungo. L'Italia di oggi ha due facce: da un lato c'è la stampa che tace, non si parla più. Proprio ultimamente alcuni esponenti mafiosi di Cosa Nostra hanno dichiarato che per gli attentati del 92-93 c'era un politico suggeritore. Non hanno mai voluto fare il nome. Sapete che dicevano? Se non mi ha ucciso Totò Riina non voglio che mi uccida lo Stato.”
Se c'è una cosa che è sicura è che un mafioso non parla mai per caso e per temere un'azione dello Stato l'implicazione non deve essere sicuramente roba da poco. Continua Ammanato, con un messaggio di speranza. “L'altra Italia è quella di Di Matteo. Fa bene il magistrato sostituto procuratore di Palermo a rimanere al suo posto: con la mafia non si tratta, mai. Uno Stato democratico deve avere il coraggio di processare sé stesso. Che sia Firenze o Palermo la verità deve venire fuori.”

E' la volta di Di Matteo che per cominciare ringrazia tutti i giovani studenti per essere presenti e prosegue: “Quando Salvo Palazzolo mi ha chiesto di scrivere il libro avevo delle perplessità perché vivevo un periodo amaro. Sulle perplessità ha prevalso l'esigenza di fornire, da magistrato, un contributo di riflessione su un argomento di cui si parla poco e male. L'obiettivo di questo libro è quello di contribuire a conservare la memoria. L'Italia sta diventando un Paese senza memoria, sembra quasi che il potere voglia far dimenticare quello che è avvenuto nel nostro Paese. Tanti fatti che costituiscono la base sulla quale si innestano i fatti che accadono oggi e quelli che accadono domani. La conoscenza per voi è una garanzia di libertà e indipendenza di giudizio.” Un appello ad informarsi, a scoprire a cercare sempre più nel profondo a non accettare le notizie così come ci vengono fornite dai mass media o dalla stampa nazionale. “Nel libro ho cercato di fare nomi, di citare fatti di collegare con le prove i nomi ai fatti e ne è venuto fuori un quadro disarmante perché fondato su vicende accertate ma delle quali l'opinione pubblica non conosce i reali contenuti. Quali sono i fatti? La mafia non è solo Riina, Provenzano o Bagarella. La mafia è anche questo ma Cosa Nostra è anche altro. La mafia siciliana è sempre stata mossa da colletti bianchi e dalle teste pensanti delle organizzazione mafiosa. Il capo mafioso negli anni 50 era Navarra direttore di uno degli ospedali più importanti siciliani.” Quello che colpisce è che nonostante a parlare sia un uomo minacciato di morte dal capo della cupola mafiosa, nelle sue parole si legge l'invito a non arrendersi, il suo è un messaggio vivo, “illuminato”.
“Libertà e democrazia non esistono se non passano dalla verità. Applicazione giusta della legge uguale per tutti. Chiedo una cosa con umiltà, pretendete di essere informati, leggete, è nel vostro disinteresse che la mafia prospera e il metodo mafioso si estende al potere ufficiale.”

*studentessa Università di Firenze

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