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walter tobagi10Intervista di Stefania Limiti - 16 luglio 2015
Nuove inquietanti rivelazioni sulla morte di Walter Tobagi. Il giornalista Magosso rivela un legame con il caso Moro, il Vaticano, la P2.

“Sì, l’ipotesi che la morte del mio amico Walter Tobagi sia stata una coda tragica del caso Moro è assolutamente plausibile”. Così risponde al telefono Renzo Magosso, giornalista di lungo corso, autore di uno dei libri chiave sul sequestro del presidente della Democrazia Cristiana, Le carte di Moro. Perché Tobagi, scritto con Roberto Arlati, l’ufficiale dei Carabinieri responsabile della perquisizione del covo milanese delle Br di via Monte Nevoso. Quel libro, infatti, lungamente osteggiato (dopo una denuncia per diffamazione intentata a nome del defunto colonnello Umberto Bonaventura dalla quale i due sono usciti assolti) contiene la prova che i documenti scritti da Aldo Moro durante la sua prigionia furono’,fotocopiate e sottratte ai magistrati e cancellate dalle storia del caso. Tobagi fu ammazzato la mattina del 28 maggio 1980, freddato sotto casa da un commando della Brigata XXVIII Marzo: da allora Magosso si spende per ricostruire i buchi neri di quell’omicidio.

E’ vero che Tobagi, impegnato in quel periodo a cercare di scoprire i segreti del gruppo di potere che aveva dato l’assalto al Corriere – avremmo saputo di lì a poco che si trattava della P2 – aveva avuto contatti con i brigatisti durante i 55 giorni?
"Nell’aprile del 1978 Walter Tobagi mi chiese, in assoluta riservatezza, cosa pensassi dell’ipotesi di suo intervento nell'ambito della vicenda di Aldo Moro. In sostanza, gli venne chiesto se era disposto ad impegnarsi in una trattativa per liberare Aldo Moro dietro il pagamento di una somma di 10 miliardi di lire messa a disposizione del Vaticano".

 Confidò a te queste circostanze?
"C’era confidenza tra noi: ci frequentavamo spesso, entrambi seguivamo come cronisti le fasi del rapimento e le sue possibili evoluzioni e poi eravamo attivi nel sindacato dei giornalisti, e molto in sintonia, tanto da progettare insieme una nuova corrente sindacale, "Stampa democratica". Lui ne sarebbe diventato il leader".

Tobagi conosceva padre Cremona, il segretario particolare di Paolo VI?
"In uno dei  nostri incontri assolutamente riservati Tobagi mi confidò di essere stato contattato proprio da padre Carlo Cremona che conosceva bene perchè all'inizio degli anni Settanta lavorava per il quotidiano cattolico "Avvenire". Anch'io conoscevo bene padre Cremona al quale, durante la vicenda Moro, facevo lunghe telefonate per avere notizie e sensazioni sugli orientamenti di Paolo VI. L'amicizia si è protratta per molti anni, tanto che fui proprio io a recensire per primo il suo libro sul Papa, edito da Rusconi, con una lunga intervista. In quel lavoro si era a lungo soffermato anche sulla tragedia Moro  e sul dramma in quei giorni di papa Paolo VI".

Nell’occasione di questa conversazione ti disse qualcosa di particolare?
"Padre Cremona si rammaricò per aver perso una possibilità di poter trattare la liberazione dello statista. Mi confermò quello che già mi aveva confidato Walter Tobagi, cioè che si fecero tentativi per trovare una strada, un percorso, un approccio per intavolare una trattativa per il rilascio di Moro dietro pagamento di un forte riscatto. Non scrissi quella parte dell'intervista perché lo stesso Cremona mi mise sull’avviso con queste parole: "Se lo scrivi guarda che Giulio Andreotti ti smentirà".

Come è noto, solo un anno prima del suo trapasso, Andreotti decise di ammettere, in una storica intervista al Corriere della Sera, che il Vaticano aveva messo a disposizione 10 miliardi di lire per il rilascio di Moro. Dunque, cosa fece Tobagi dopo quell’invito?
"Di preciso non so. Certamente so che aveva un dubbio feroce che frenava la sua disponibilità a mettersi in gioco. Sosteneva che, in caso di successo, avrebbero potuto incriminarlo per il reato di associazione sovversiva, sarebbe diventato complice delle Br".

Ma è una occasione incredibile per un giornalista
"E’ vero ma lui avrebbe dovuto tentare le sue carte senza informare gli inquirenti. Non so bene cosa altro lo fermò o se qualcosa fece. Io gli proposi anche di parlarne con l'allora maggiore dei carabinieri Pietrino Rossi che conoscevo bene, spesso mi dava informazioni sulla piazza del milanese – certamente non avevo idea, come poi è emerso dopo, che Rossi lavorava per i servizi segreti dei carabinieri ed era un uomo di punta dell' Anello. Insomma, oggi posso dire: l’ultima persona a cui rivolgersi. Non so se Tobagi gli parlò direttamente, certamente lo feci io>>. In effetti un interlocutore non proprio affidabile. E’ emerso che lui metteva a completa disposizione di Adalberto Titta, il fact totum dell’Anello, la caserma di via Moscova.

E cosa ti disse Rossi?
"Mi disse chiaramente: ‘Fate quello che volete, ma credo che l'unica conseguenza sarebbe quella di mettervi nei guai senza ottenere alcun rapporto operativo con i rapitori di Moro’. Magari avrà pure scritto una informativa sulla vicenda, chissà se qualcosa è rimasto negli archivi del Comando dell'Arma".

Di sicuro, invece, fu scritta l’informativa sul progetto di uccidere Tobagi sulla base delle soffiate di Rocco Ricciardi al carabiniere Dario Covolo, nome in codice Ciondolo. Ti ricordi quando avvenne?
"All'epoca dei fatti non lo sapevamo ma avvenne nei mesi precedenti alla morte di Tobagi. Mesi in cui, e in più occasioni, organizzammo incontri e dibattiti sulla situazione del Corriere della Sera che era finito nelle mani del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Non potevamo sapere, in effetti, che Ricciardi aveva parlato con Covolo dei piani assassini. Lo fece sei mesi prima dell’agguato. Va chiarito che appena sei giorni dal delitto venne messo sotto controllo il telefono di Marco Barbone, pervia di quella che venne definita una straordinaria "intuizione" dei carabinieri inquirenti ma poi nei processi sul caso Tobagi e ancora oggi le prima informativa di Covolo è stata definita “evasiva e inconsistente. Sta di fatto però che sei giorni dopo il delittoTobagi,lo ribadisco, fu proprio Barbone il principale indiziato e il suo telefono messo sotto controllo.. Covolo ha testimoniato nel 2008 in un'aula del tribunale di Monza di aver scritto in più relazioni, e con grande anticipo, sull'assassinio di Tobagi, i nomi chi stava organizzando di ucciderlo.  Certamente l’ambiente era molto inquinato nei carabinieri di Milano moltissimi vennero scoperti piduisti".
 
Anche la morte di Tobagi, giornalista di punta contro i poteri massonici che asfissiavano il Corriere e non solo, ci fa dunque tornare indietro al caso Moro. Uno snodo essenziale pe capire l’Italia di ieri e di oggi.

Tratto da: affaritaliani.it

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