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borsellino-paolo-c-shobhadi Rino Giacalone - 14 luglio 2015
La lettera consegnata dai pm di Marsala al loro procuratore nel giorno del commiato. Ancora oggi mantiene una forte attualità.
Quella che di seguito riportiamo è la lettera che nel giorno del “commiato” ufficiale, cerimonia svoltasi al Tribunale di Marsala , fu sottoscritta e consegnata a Paolo Borsellino, dai magistrati di Marsala. La lettura di quelle parole ancora oggi scuote i Palazzi di Giustizia assieme a quelli della politica. E’ una lettera oltremodo attuale. Racconta di quella stagione e si colgono rispetto ad oggi le differenze. Il segno che viene fuori è quello negativo. Uno fra tutti, quella lotta alla mafia che ha fatto passi indietro, allora quei magistrati scrivevano descrivendo di un lavoro fattivo fatto i con Borsellino procuratore della Repubblica a Marsala, come per esempio “l’esperienza dei «pentiti», i rapporti di un certo livello con la polizia giudiziaria;, oggi pentiti “pesanti” non ce ne sono più e talvolta i magistrati devono diffidare da certa polizia giudiziaria, viene quasi da dire …allora si stava meglio”.  Come negare l’attualità di quel passaggio dove si dice “in tantissime occasioni abbiamo sentito che non c’eri più“. Loro parlavano dell’assenza di quel Capo che andato, “troppo in fretta” a Palermo, a fare il procuratore aggiunto. Oggi parliamo dell’assenza di quel Capo, autorevole, perché ammazzato dalla mafia, congrega alla quale ci sentiamo di dire appartenevano, e appartengono, sebbene non panciuti e affiliati, uomini delle istituzioni. Non vogliamo aggiungere altro. Offriamo a Voi lettori ogni giudizio attraverso la rilettura di questa lettera. Buona lettura. Per chi già la conosce, buona rilettura!

“Carissimo Paolo, al di là dei saluti ufficiali, anche se sentiti, un momento arrivato, un colloquio fra noi. Non tutti siamo qui a Marsala con Te fin dal Tuo arrivo, ma ognuno di noi porta nel suo cuore un pezzetto di storia da raccontare sul lavoro a Marsala, nella Procura che Tu hai diretto. Ci piacerebbe ricordare tante situazioni impegnative o tristi o buffe che ci sono capitate in questa esperienza comune, ma l’elenco sarebbe lungo e, allo stesso tempo, insufficiente”.
“Possiamo comunque dirTi di avere compreso appieno il significato di questo periodo di lavoro accanto a Te e le possibilità che ci sono state offerte: l’esperienza dei «pentiti», i rapporti di un certo livello con la polizia giudiziaria, sono situazioni rare in una Procura di provincia, e la Tua presenza ci ha consentito di giovarci di queste opportunità. Abbiamo goduto, in questi anni, di una autorevole protezione, i problemi che si presentavano non ci apparivano insormontabili perchè ci sentivamo tutelati”.
“Qualcuno ci ha riferito in questi giorni che Tu avresti detto, ironizzando, che ogni Tuo Sostituto, grazie al Tuo insegnamento «superiorem non recognoscet». Sai bene che non è vero, ma è vero invece che la Tua persona, inevitabilmente, ci ha portati a riconoscere come superiore solamente chi lo è veramente. Ci sono state anche le incomprensioni, e non abbiamo dimenticato nemmeno quelle: molte sono dipese da noi, dalle diversità dei caratteri e della natura di ognuno; altre volte, però, è stata propria la Tua natura a vedere ogni cosa da una Tua personale angolazione, insuscettibile di diverse interpretazioni. Tuttavia, anche in questo sei stato per noi un «personaggio», Ti sei arrabbiato, magari troppo, ma con l’autorità che Ti legittimava e che mai abbiamo disconosciuto”.
“Anche nel rapporto col personale abbiamo apprezzato l’autorevolezza e la bontà, mai assurdamente capo, ma sempre «il nostro Capo». E poi Te ne sei andato, troppo in fretta, troppo sbrigativamente, come se questo forte rapporto che ci legava potesse essere reciso soltanto con un brusco taglio, per non soffrirne troppo. Il dopo – Borsellino – non Te lo vogliamo raccontare: pure se uniti fra noi, in tantissime occasioni abbiamo sentito che non c’eri più ed in molti abbiamo avvertito il peso, talvolta eccessivo per le nostre sole spalle, di alcune scelte, di importanti decisioni. E adesso il futuro, il Tuo, ma anche il nostro”.
“Noi Ti assicuriamo, già lo facciamo, siamo all’erta, sappiamo cosa vuol dire «Giustizia» in Sicilia ed abbiamo tutti valori forti e sani, non siamo stati contaminati, se è vero che «chi ben comincia» – con ciò che ne segue – siamo stati tutti molto fortunati. Per Te un monito: è un periodo troppo triste ed è difficile intravederne l’uscita. La morte di Giovanni e Francesca è stata per tutti noi un pò la morte dello Stato in questa Sicilia. Le polemiche, i dissidi, le contraddizioni che c’erano prima di questo tragico evento e che, immancabilmente, si sono ripetute anche dopo, ci fanno pensare troppo spesso che non ce la faremo, che lo Stato in Sicilia è contro lo Stato e che non puoi fidarti di nessuno. Qui il Tuo compito personale, ma sai bene che non abbiamo molti altri interlocutori. Sii la nostra fiducia nello Stato”.
4 luglio 1992 . I pm di Marsala

foto ©shobha

Tratto da:alqamah.italqamah.it

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