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immigrati-milano-stazione-malariadi Selvaggia Lucarelli - 14 giugno 2015
Contro gli acari basta una pomata. I casi di contagio dai migranti sono zero. Ma il comune sgombera il “mezzanino” dove si rifugiavano
Milano. Se avessero detto a Renzi che in giugno a Milano orde di stranieri si sarebbero ammassate per terra dormendo in attesa dell’alba, avrebbe pensato alla ressa fuori dai cancelli di Expo. E invece la ressa c’è, ma alla stazione centrale. E gli stranieri sono quelli arrivati sulle navi, non sulle navette, quelli che a sentire lo slogan fighetto “Nutrire il pianeta”, magari ti rispondono: “Sì, vorrei nutrire mia figlia Nour che ha cinque anni e non mangia dalla partenza dalla Libia”. Sono quelli che le associazioni chiamano “profughi”, i giornalisti “migranti”, Salvini “clandestini” e gli ospiti di Del Debbio “delinquenti” o “figli di puttana”.

DOVEVANO ESSERE pieni i treni per Expo che giacciono solinghi sui binari e invece sono pieni i regionali dalla Sicilia. Da giorni i profughi della stazione milanese sono i protagonisti delle cronache. Non perché ci interessi sapere che storie abbiano da raccontare, ma perché raccontano con rara efficacia quello che siamo noi, dalla politica all’informazione. Il mezzanino, uno spazio intermedio tra il piano dei binari e l’ingresso, accoglie da un anno esatto gli stranieri che arrivano dai centri di prima accoglienza. I profughi scendono dai treni e trovano i volontari che offrono crackers, banane e merendine, mentre i turisti di passaggio si abboffano nel McDonald’s. Del resto, McDonald’s è sponsor di Expo, mica del mezzanino. Con l’aumentare degli sbarchi, i profughi del mezzanino sono diventati centinaia. Le immagini dei somali, siriani, eritrei che dormivano per terra hanno fatto il giro dei tg e improvvisamente il mezzanino è diventato: a) un focolaio di malaria b) un campo di addestramento dell’Isis c) il G8 di tutti i batteri del pianeta, dallo stafilococco al killer degli olivi d) un pessimo biglietto da visita per Expo, come se invece mazzette e arresti fossero la filigrana sul biglietto da visita di Expo. Il fatto che il mezzanino, al di là dell’inaccettabile bivacco degli ultimi giorni, sia anche il primo posto in cui tante persone ritrovano la loro condizione di esseri umani e tornano a dormire, magari per terra, ma senza la paura di quel mare in cui non avrebbero saputo nuotare o del rumore delle bombe nelle orecchie, non frega niente a nessuno. È poca cosa rispetto a titoli come “Emergenza scabbia a Milano”. Ora la novità è che i milanesi, entro fine 2015, si estingueranno tutti come il T-Rex, il Dodo e i lettiani. La scabbia li sterminerà. Non si assisteva a un grado così infimo di terrorismo psicologico da “Se ti tocchi diventi cieco”.

LA SCABBIA È UN ACARO che provoca prurito, fa venire qualche bolla e si cura con tre giorni di pomata. Nessun italiano entrato in contatto con gli stranieri contagiati – neppure volontari o operatori sanitari – risulta aver contratto la malattia. I casi accertati da gennaio sono stati 500. Ogni giorno alla stazione di Milano transitano 320 mila persone, quindi da gennaio ne sono passate 57 milioni. La scabbia, da gennaio, se la sono presa 50 individui in tutta Milano, 50 su 57 milioni. Roba che alla stazione è statisticamente più probabile trovare Belen in guepiere sotto la pensilina del binario 5 che un acaro sottopelle. E se un viaggiatore torna a casa e contagia la moglie con qualche malattia presa da stranieri, è più probabile che sia venerea e regalo di qualche incontro con una prostituta di Viale Certosa che scabbia.

Gli allarmi hanno funzionato perché Giuliano Pisapia, col suo piglio da ruminante annoiato, ha fatto sgomberare il mezzanino. “Abbiamo restituito dignità alla stazione”, ha detto fiero alla stampa. Poi la giornalista gli ha fatto notare che i profughi si sono spostati all’ingresso e lui ha replicato: “Allora li ospiti lei a Sky!”. Sono sei mesi che la sinistra dà del minchione a Salvini perché ripete a pappagallo “Se vuoi gli stranieri ospitali a casa tua” pure se gli chiedi che ora è, e Pisapia ricicla la risposta bimbominkia. Matteo Renzi, che dieci giorni fa ha trovato il tempo di visitare la fabbrica delle Winx per dare la sua benedizione alla Fata della Fiamma del drago, due minuti per andare in stazione non li ha. Ieri, a chi gli ha chiesto cosa abbia da dire sull’immigrazione mentre si trovava a un indispensabile forum sui Caraibi a Palazzo Lombardia, ha riposto con una supercazzola da fare invidia a Buffon quando gli chiedi della Seredova.

ORA I PROFUGHI VAGANO davanti alla stazione e potrebbe anche essere una buona cosa perché cento metri più in là iniziano i luoghi dei ristoranti vip e tutto sommato se qualcuno si deve prendere ‘sta benedetta scabbia, i clienti di Giannino sono un target equo. L’unico politico presente è Pierfrancesco Majorino che, secondo testimonianze dei volontari, di primo mattino puliva la stazione con i guanti lontano dalle telecamere. Roba da affidargli il commissariamento del Giubileo.

Un posto per lo smistamento dei prossimi giorni è stato trovato: due box di vetro a piano terra su cui campeggia la scritta “Victoria’s secret opening soon”. I migranti finiranno negli attesissimi negozi di intimo americani. Donne col chador accampate nel luogo che a breve ospiterà i cartonati di Gisele in mutande. Ma pare che la via crucis preveda un trasferimento in uno spazio della fondazione Exodus per poi ottenere il grande spazio abbandonato del Dopolavoro Ferroviario in Via Tonale, che si chiedeva da almeno un anno. A Milano lunedì è previsto l’arrivo di Alfano, ma nessuno conta troppo sulla sua presenza in stazione. Mentre Milano si rimbocca le maniche, si inventano posti letti per 64mila persone in due anni e i volontari restano fino a tarda notte in stazione, i politici che contano continuano a grattarsi bellamente. E non è neanche scabbia, purtroppo.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 14 giugno 2015


La Casa della Carità
Don Virginio Colmegna: “È sempre peggio. E i politici dormono”

colmegna-virginioMilano, stazione centrale: passeggeri, profughi e volontari. Non da oggi per la verità, anche se in queste settimane i due mezzanini straripano di umanità. Molte le donne e i bambini. Per don Virginio Colmegna della “Casa della Carità” di Milano è “come un anno fa, peggio di un anno fa”.

Chiunque sia transitato dalla Centrale nell’ultimo anno non poteva non accorgersi di queste persone. Cosa si è fatto in questi mesi?
Non lo so. Certo che i ritardi ci sono stati, ma mi lasci dire che sebbene io non mi sia mai sottratto alle polemiche, in questo momento non ho più parole. Smettiamo di chiamarlo buonismo. Il Papa l’ha chiamata “dignità trascendente” quella che portano e trasmettono queste persone i cui visi e corpi testimoniano i segni di lunghi cammini, stenti, a volte torture e tanta speranza di poter ricominciare una vita.

Nel 2014 la vostra casa ha accolto 500 profughi. Di questi nuovi arrivi lei ha detto “i bimbi sono senza più nemmeno le lacrime”…
Oggi noi stiamo accogliendo in modo del tutto gratuito chi arriva offrendo una sistemazione temporanea allestita per 98 persone, la maggior parte provenienti da Eritrea a Siria. Lo stiamo facendo senza ricevere alcun contributo perché abbiamo voluto dare un segno tangibile ai cittadini che, ora come ora, sono tentati dal lasciarsi influenzare e credere che sui profughi sia tutto un business. Come del resto è accaduto nelle cooperative coinvolte in Mafia capitale. Non abbiamo più letti ma solo brande, soddisfiamo a malapena i bisogni primari di questi migranti. La situazione non può reggere ancora per molto. Il mio appello è anche alle famiglie: se hanno la possibilità, si facciano carico dell’accoglienza.

Una priorità su tutte, dal vostro punto di vista?
È necessario pensare all’immediato futuro delle persone che continuano a transitare da Milano. Questa metropoli ha capacità, strumenti, forza e risorse per individuare soluzioni. Possiamo essere un esempio di società in grado di contrastare l’indifferenza e le ostilità che in molti tentano di cavalcare.

Il coordinamento tra le istituzioni sta funzionando? Lei ha lanciato un vero e proprio appello per un incontro tra enti pubblici e realtà associative…
Mettiamoci insieme. Io comprendo la paura dei cittadini, siano essi credenti o meno. Capisco la questione dei numeri, capisco tutto. Non capisco invece la politica che urla e che non propone soluzioni. La buona accoglienza esige regole chiare che possano essere rispettate. Ho sentito parlare di rimpatri, una grande assurdità: riportare queste persone dagli aguzzini dai quali stanno fuggendo con ogni mezzo vi pare una soluzione?

Attorno alla stazione oltre ai profughi girano avvoltoi che delle situazioni umanitarie fanno un business con affari loschi di varia natura…
Esattamente di questi soggetti bisognerebbe occuparsi, perché sono gli stessi dai quali stanno fuggendo le donne e quegli stessi bambini che ormai non hanno più neppure le lacrime.

Eli. Reg.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 14 giugno 2015

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