di Enza Galluccio - 30 marzo 2015
Chi l’avrebbe detto che quel ragazzaccio di Matteo Renzi sarebbe riuscito a mettere insieme la Cgil con le sue mille difficoltà interne, il mondo della sinistra più o meno sparpagliato nelle varie sigle dei movimenti, più o meno unito dopo l’esperienza di L’Altra Europa con Tsipras, e persino gruppi di dissidenti del PD a dir poco coraggiosi visto il clima che si respira all’interno di quel partito.
Certamente Maurizio Landini aveva visto bene. La sua esperienza da segretario della Fiom, che nasce nelle fabbriche e direttamente dal lavoro, gli hanno fatto intravvedere il possibile punto di unione tra le infinite anime arrabbiate, scontente, sicuramente non rassegnate, che il 28 marzo hanno riempito Piazza del Popolo.
Benché si dica, non c’è un solo elemento che possa più mettere in contatto la volontà di quella protesta con un agire di governo ormai talmente lontano dal mondo della gente comune, degli operai (ebbene sì, esistono ancora), degli studenti, dei lavoratori della scuola, dei precari di ogni settore e degli ultimi che poi sono la maggioranza del paese Italia annebbiato da più di vent’anni di plagio mediatico.
Ma proviamo ad entrare in quei perché che hanno riempito i pullman e le vie di Roma di volti e vite mossi dall’intento comune di dimostrare, quantificare e cantare la propria esistenza-resistenza, contrapponendosi al delirio d’onnipotenza che affligge il nostro Premier.
Dunque, da una ministra Boschi che ripete come un nastro “siamo il 41% degli italiani e abbiamo il dovere di governare” e ancora non ha capito che essere votati alle elezioni europee non significa essere votati alle elezioni politiche italiane, infatti Renzi e la sua banda di ministri inesistenti e spesso sconosciuti sono al governo solo per nomina dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (pertanto nessuno li ha ancora votati per il ruolo che rivestono, qualcuno per carità glielo spieghi), al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Poletti che misteriosamente si occupa anche di scuola, vacanze estive, studenti e docenti (che abbia confuso ministero? Anche in questo caso, qualcuno lo accompagni nell’ufficio giusto), ci scopriamo governati da un burlone più burlone di Silvio Berlusconi, che emana comunicati a raffica via twitter (insomma, per Renzi la confusione di spazi, luoghi e tempi istituzionali è così vasta da poster sperare solo nell’intervento di un terapeuta come si deve).
Il problema è che gli italiani presenti in piazza il 28 marzo hanno capito sulla propria pelle che il burlone di turno - maniaco di sé fin più del suo predecessore (semmai fosse possibile) - corre a testa bassa senza ascoltare nessuno e senza mai mettersi in dubbio verso obiettivi suggeriti - o meglio imposti - da quella stessa Europa per cui quel 41% di persone lo hanno votato nella speranza di un cambiamento di rotta… che lo stesso Renzi in campagna elettorale aveva promesso.
Insomma meglio pensare alla piazza bella piazza, che ancora ha il coraggio di unire pensieri e azioni, che può contare su figure autorevoli come Rodotà e dignitose come Landini (quasi degli extraterrestri in questi anni), che può unire movimenti nel dire no, con tutti i mezzi che la democrazia deve saper offrire, alle malaugurate scelte del governo Renzi, dal Jobs act alla Buona scuola o - ancor peggio - alla riforma costituzionale.
Così, mentre il Primo Ministro continua a twittare, anche dal Movimento 5 Stelle giungono segnali di apertura e confronto con la piazza, e chissà che questa volta sia davvero una bella piazza come nelle parole di una vecchia canzone…