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toghe-rosse-annogiudi-2015di Enza Galluccio - 26 gennaio 2015
Il problema non sono certamente le ferie dei magistrati.
Sono molte le osservazioni da fare in questa inaugurazione dell’anno giudiziario. La prima in ordine d’importanza, a mio parere, è relativa alle affermazioni del Presidente della Corte d’appello di Milano Giovanni Canzio che, senza giri di parole si permette valutazioni sull’operato dei magistrati palermitani alle prese con il processo di Palermo sulla c.d. trattativa, il cui capo d’imputazione reale è: art. 338 e violenza o minaccia a corpo dello Stato.
È utile ricordare che si tratta di un processo attualmente in corso e nel pieno dei suoi sviluppi collaterali che coincidono anche con nuove inchieste parallele, magari proprio sulle relazioni responsabili di alcune parti delle istituzioni, servizi segreti, e le stragi che hanno caratterizzato l’Italia negli anni ’92 e ’93, ma non solo.
Canzio si concede, quindi, di esternare le proprie opinioni in un contesto pubblico, in cui svolge un ruolo assolutamente rappresentativo e non personale, criticando il delicato lavoro dei suoi colleghi senza alcun rispetto delle istituzioni da lui stesso rappresentate.

Il tema è ancora l’audizione dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in qualità di testimone.
Afferma: “È mia ferma e personale opinione che questa dura prova si poteva risparmiare al capo dello Stato, alla magistratura stessa e alla Repubblica italiana”. In un solo colpo affonda processo e scelte dei Pm, rendendoli responsabili di ipotetici danni alla categoria magistrati e addirittura alla Repubblica.
Eppure, per Loris D’Ambrosio Napolitano era l’uomo che sapeva di “indicibili accordi” per i quali egli si sarebbe ritenuto “un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo”. Eppure, l’ex Presidente, proprio nel corso di quell’interrogatorio avrebbe confermato alcune delle principali ipotesi dell’accusa, spiegando che tutti sapevano che la mafia voleva ricattare lo Stato attraverso “sussulti di una strategia stragista […] - che - si susseguirono secondo una logica che apparve unica ed incalzante”.
Per Canzio, che probabilmente di fatto svolge un altro mestiere, tutto questo era da evitare.
Ovviamente, non dedica nemmeno una parola di sostegno a quei suoi colleghi palermitani che hanno messo in gioco la propria vita e, attualmente, non sono semplicemente minacciati di morte, ma hanno certezza che in qualche parte della città in cui vivono sia già nascosto l’esplosivo che potrebbe porre fine a quelle fastidiose e scomode scelte.
Intanto a Palermo durante la stessa celebrazione - in assenza dei pm di accusa del processo più criticato e ostacolato della nostra storia - il presidente reggente della Corte d’appello Ivan Marino attacca la società civile, ritenuta di parte, e invita a non schierarsi troppo a favore della pubblica accusa, aggiungendo una sibillina anticipazione sui possibili esiti: “Si deve tenere presente e chiaro il concetto che dietro ogni assoluzione vi è quasi sempre una carenza da parte degli organi investigativi e requirenti”.
Anche qui tutto è permesso e il presidente reggente pensa di poter esprimere pareri personali rappresentando un’intera categoria.
Ma in Italia nulla è mai davvero troppo. Il primo ministro Matteo Renzi, di fronte alle diffuse critiche alla riforma della giustizia avviata dal suo governo - che contiene tra l’altro la c.d. norma salva-Berlusconi e altre diavolerie - ci parla di ferie e compie l’abuso di citare, a suo rinforzo, i magistrati uccisi da mafia e terrorismo: “L'Italia che è la patria del diritto prima che la patria delle ferie, merita un sistema migliore di giustizia. La memoria dei magistrati che sono morti uccisi dal terrorismo o dalla mafia ci impone di essere seri e rigorosi".
Ancora una volta, in molti di noi rimane l’amara certezza che, tanto accanimento e così poco rigore e rispetto per il ruolo di coloro che rappresentano la giustizia, possa essere solo nell’interesse di chi sa benissimo da che parte si collochi la verità dei fatti e, proprio per questo, non perde occasione per screditare chiunque provi a farla emergere, spostando l’attenzione sui temi comodi dei fannulloni e degli schieramenti inopportuni.

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