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napolitano-spalle-dimdi Francesco Bertelli - 14 gennaio 2015
E venne il giorno in cui Giorgio Napolitano dette le dimissioni.
Non staremo qui a elencare cosa è stato fatto e come lo è stato fatto. L’intenzione è quella di capire cosa accadrà da domani in poi e che cosa ci aspetta.
Per capirlo è importante anche analizzare certi passaggi che hanno caratterizzato questo secondo breve mandato, inedito per la storia della Nostra Repubblica.
Napolitano si è dimesso, ok. Come previsto in questi casi nel tempo dedicato alle elezioni il suo posto viene preso dal Presidente del Senato.

L’art. 86 della Costituzione è chiaro:
“Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato. In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione”.

E’ quello che sta accadendo in queste ore. Piero Grasso infatti sta esercitando attualmente le funzioni di Capo dello Stato.
E’ utile tornare con la memoria al 2013 quando le dimissioni (del primo e in apparenza all’epoca, unico mandato) di Napolitano parevano imminenti. Fu in quelle ore che si cominciò a delineare ciò che sarebbe accaduto negli anni successivi. Arriva la prima anomalia: i saggi.
Se ci riflettiamo su fu una scelta alquanto anomala visto che i suddetti erano stati scelti da Napolitano per sviluppare e incardinare il programma del futuro Presidente della Repubblica.
La domanda che tutti avrebbero dovuto porsi avrebbe dovuto essere questa: a che titolo un Presidente della Repubblica nomina delle figure di alto rango per scegliere il programma del suo successore?
Poi abbiamo visto come è andata: Napolitano bis.

Un’altra anomalia risale a pochi mesi fa.
Lo stop dell’elezione al Csm del nuovo Capo della Procura di Palermo. Lo stop è arrivato dal Presidente del Csm stesso, Napolitano appunto. Alla fine la storia la conosciamo. Un’intrusione a gamba tesa del Presidente della Repubblica ha influenzato (ci auguriamo non negativamente ma per saperlo occorre aspettare del tempo) l’elezione cui il Csm si era già attivato scegliendo con tanto di quorum il nome. Il candidato alla fine sarà diverso dalle aspettative: Lo Voi.
Il tutto sotto il timore di andare a testimoniare nel processo sulla trattativa Stato-mafia; evento che poi è avvenuto e ha aperto spiragli mica da poco. Dopo quel folle conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo (giugno 2012) e la successiva distruzione delle intercettazioni fra Napolitano e Mancino (avvenuta il giorno della rielezione di Napolitano), due anomalie belle grosse, il cerchio si è chiuso con l’importante testimonianza del Presidente che ha ospitato per mezza giornata i magistrati impegnati nel processo Trattativa dentro le sale del Quirinale. Tale testimonianza ha dato frutti e spunti importanti per il proseguimento delle indagini.
Verrebbe quasi da dire: perché tanto caos con quel conflitto di attribuzione nel giugno del 2012? Ma questa è un’altra storia e meriterebbe un altro articolo.

Questi due eventi (testimonianza ed elezione di Lo Voi) sono stati giustamente letti come la soluzione di due problemi fondamentali per l’esercizio delle funzioni anche del futuro Presidente della Repubblica. Sono stati infatti posti dei paletti.
Nella procura più bollente di Italia, che in un paese normale verrebbe sostenuta da tutte le istituzioni (Presidente della Repubblica compreso), si sceglie un Capo con un orientamento più morbido e completamente opposto al pool che indaga sulla trattativa fra Stato e Mafia. Isolare il pool composto da Di Matteo, Del Bene, Scarpinato. Lasciali soli. Altrimenti non si spiegherebbe l’essere ignorati per tutto questo tempo dal Presidente della Repubblica, pur rimanendo in costante pericolo di morte alla luce degli ultimi sviluppi avvenuti tra maggio e settembre Perché nessun messaggio di sostegno e vicinanza?
Come se fosse stato mandato (proprio dal Quirinale con quella lettera che ha bloccato l’elezione di   una Procura che nell’agosto 2013 era priva di un capo e lo è stata per tre mesi): “smorzare i toni”.
La politica che entra a gamba tesa su una procedura così importante. Su ordine di chi? Del Quirinale.

Oggi Napolitano si dimette ma restano due confini invalicabili alla luce di quanto successo in questi anni di reggenza: la figura che verrà dovrà continuare a controllare quanto accade a Palermo. E soprattutto rispettare il nuovo Patto che esiste tra forze di Governo: quello del Nazareno che ha influito moltissimo sull’elezione di Lo Voi a Palermo, che noi ci auguriamo svolga con coraggio e senza condizionamenti il lavoro impegnativo che lo aspetta.
Insomma ci sono stati dei comportamenti e dei messaggi che fanno purtroppo pensare all’elezione di una figura completamente diversa da quella che sarebbe auspicabile per ricoprire un ruolo così importante e delicato.

Sarà influente il ruolo di Napolitano? Ovviamente si, diventando senatore a vita con la sua esperienza di ben nove anni al Quirinale è probabile (anzi quasi certo) che il suo parere diventi fondamentale per l’elezione finale.
Forse il nome c’è già e viene tenuto nascosto per far passare i tempi costituzionalmente previsti per l’elezione. Non lo sappiamo. Sappiamo però che il ruolo di Napolitano è stato di una rilevanza molto pesante. Ognuno è libero di interpretare tale ruolo come vuole, i fatti hanno parlato da soli e continuano a farlo. Di certo si è creato un precedente clamoroso a livello costituzionale con il rischio di futuri presidenti della Repubblica usa e getta.
Anche a livello giuridico si sono creati di vuoti normativi. Il conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo insegna.
E tutti questi elementi messi insieme, per chi spera nella ricerca della verità  sulle stragi del 92-93, non lasciano bene sperare per il futuro.
Ma se son rose fioriranno (speriamo).

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