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corruzione-effdi Enza Galluccio - 16 dicembre 2014
Bisognerebbe poter fermare il tempo per osservare le cose con il giusto distacco e la necessaria lucidità.
Come un frame in una sequenza di immagini, fermo nitido e isolato dal resto, pur rimanendo contestualizzato, il gioco sporco italiano potrebbe giungere fino al pensiero più disarmato e confuso, rendendolo capace di vedere con la mente libera e disincantata.
Attraverso questo fotogramma si riuscirebbe finalmente a distinguere quell’unico - si spera anche ultimo - affanno di una classe politica eticamente inesistente, che arranca grattando con le unghie su inesorabili specchi, riflettenti immagini di uomini nudi nel disperato intento di coprire e offuscare la proprie miserie.
Mi si conceda quest’inizio ridondante e stucchevole, ma diventa sempre più difficile trovare le parole giuste per descrivere una realtà che ogni giorno ci sbatte in faccia un quantitativo insopportabile di idiozie e difensive, che offendono l’intelligenza di molti italiani.

Dunque Roma è o non è mafiosa? Carminati è o non è l’amico di merende di tre quarti dei politici locali e nazionali? Buzzi è o non è l’uomo delle cooperative rosse pronto a lucrare sulla vita degli ultimi? Chi era dentro e chi era fuori dal gioco sporco che sta portando questo Paese allo sbando, alla fame, senza più diritti e - forse come loro - senza doveri? Ma vuoi vedere che anche questa volta saranno in molti a cavarsela? Perché non sapevano nulla e non conoscevano nessuno degli indagati, del resto mica si possono conoscere tutti quelli con cui si va a cena! Mica si possono conoscere tutti e tutte le mogli, le sorelle, i cugini, i cognati, i figli che poi si assumono come segretari o ai quali si assegnano incarichi di prestigio, oltretutto svolti divinamente e con gran professionalità.
Allora facciamocela raccontare ancora una volta la storia dell’indignazione per l’intera vicenda, senza colpevoli fino all’ultimo grado di giudizio, prescrizione permettendo. Concediamo ancora un po’ di ipocrisia aberrante a questa classe dirigente, che si ostina ad autoassolversi in ogni occasione, e pone pietre pesanti come macigni per chiudere le porte in faccia a chi, contro ogni logica di sopravvivenza, si ostina a scoperchiar le pentole della vergogna. Siano essi fastidiosi magistrati palermitani, siano essi romani.
Non c’è spazio per chi si mette di traverso e, come è successo ad altri, essi diventano nuovi muri da abbattere. Se non è sufficiente screditarli, silenziarli, denigrare il loro lavoro c’è sempre qualche “entità” pronta a far saltare in aria tutti e ripulire in fretta e furia, per poi nascondere e depistare qualunque indagine troppo approfondita.
Il Presidente del Consiglio tra uno slogan e una slide, troppo preso da se stesso e dalla smania del potere, cade in un freudiano “Sono schifato dalle inchieste sulla corruzione". Quindi a fare schifo sarebbero le inchieste, perché la corruzione lo sanno bene tutti che sempre c’è stata e sempre ci dovrà essere!
Intanto nello scenario surreale di questi giorni, il Presidente Napolitano - subito pronto ad ammonire chi pone domande scomode o porta avanti una presunta antipolitica - non trova neanche mezza parola di sostegno per quei magistrati che rischiano la propria vita perché sia fatta giustizia sui troppi anni neri di questa Repubblica.
Eppure il pentito Galatolo lo ha spiegato molto bene. L’esplosivo per uccidere Di Matteo c’era già, ma non si era potuto utilizzare a causa dell’umidità che lo aveva reso inservibile. L’attentato doveva realizzarsi addirittura nei pressi del Palazzo di Giustizia di Palermo… Uno dei luoghi più presidiati e protetti.
Quanto si devono sentire sicure quelle “entità esterne”!

ANTIMAFIADuemila
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