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borsellino-sal-c-giannini-2di Barbara Giangravè - 24 novembre 2014
“La lettera di Luciana Ciancimino è totalmente fuori luogo”. Salvatore Borsellino liquida così la lettera aperta scritta dalla figlia di don Vito a nome di tanti figli di mafiosi che vivono a Palermo, prendendo spunto dalla vicenda della Cattedrale negata al rampollo del boss Giuseppe Graviano: “Non tutti i cognomi sono uguali – ha scritto la primogenita dell’ex sindaco mafioso di Palermo –  come non lo sono stati i padri e figli che li portano. Però ritengo di poter parlare a nome di tutti coloro che hanno scelto di vivere una vita normale e hanno deciso di farlo in questa città, non contemplando la fuga come una possibile soluzione”. Luciana Ciancimino ritiene che sia giusto “che qualcuno che sta da questa parte, dalla parte dei ‘figli di’, si sforzi di descrivere come si vive con il peso di un cognome pesante addosso”. Ma il fratello del giudice ucciso in via D’Amelio, che pure quest’estate ha scatenato un vespaio di polemiche per aver abbracciato pubblicamente Massimo Ciancimino, non è d’accordo. Ecco perché.

Ha letto la lettera aperta scritta dalla figlia di Vito Ciancimino?
Sì. E la reputo assolutamente fuori luogo. La signora dipinge i figli dei mafiosi come vittime di una costante discriminazione a causa del cognome che portano, ma dimentica che siamo noi, i familiari delle vittime di mafia, a essere costantemente discriminati. Non vorrei provocare altre reazioni, ma vorrei chiedere alla figlia di Ciancimino perché non segue l’esempio di suo fratello e decide di collaborare con gli inquirenti, raccontando tutte le malefatte di suo padre? Massimo, per aver aiutato le indagini, è stato messo al bando dalla società della Palermo-bene, che prima lo osannava. Qualche tempo fa, Panorama ha pubblicato un servizio sulla figlia di Riina, che descriveva suo padre come un uomo amorevole e nessuno ha trovato da ridire. Con tutto il rispetto per gli affetti familiari, è qualcosa che lascia attoniti. Purtroppo il mondo va al contrario, ma io ormai ci sono abituato.

Eppure a Palermo sono in molti oggi a scrivere che la Chiesa dovrebbe aprire le porte a tutti…
Ma come? Ci siamo già dimenticati del cardinale Ruffini che diceva che la mafia non esiste? Una volta che la Chiesa fa quello che avrebbe sempre dovuto fare, ecco che sorgono le contestazioni. Ma questa è Palermo.

Lei, come familiare di una vittima di mafia, si sente discriminato?
Capita spesso che alcuni suoi colleghi giornalisti scrivano di me che di professione faccio il fratello di Paolo Borsellino. Ma si rende conto?  Io ho dovuto sopportare tantissime calunnie: quest’estate, solo perché ho abbracciato Massimo Ciancimino, hanno scritto che mio fratello si rivolterebbe nella tomba… In questi momenti si prova qualcosa che è difficile spiegare. Due anni fa il capo dello Stato, in occasione dell’anniversario della morte di Paolo, ha inviato un messaggio alla moglie e ai figli di mio fratello, riconoscendoli quali unici familiari. E tutto questo solo perché io ho avuto l’ardire di criticarne l’operato. Ma se non è discriminazione questa, di che cosa stiamo parlando?

Quindi lei sposa in pieno la decisione del Cardinale Romeo?
Sì. Il cardinale, infatti, non ha impedito a Graviano junior di cresimarsi, ma gli ha impedito di farlo nella chiesa che ospita le spoglie di don Pino Puglisi, il prete ucciso proprio per ordine del padre del ragazzo. Una scelta che mi sento di condividere in pieno.

Tratto da: loraquotidiano.it

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