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belluscone-filmdi Maria Pia Fusco - 12 agosto 2014
Il nuovo lavoro del regista sarà presentato alla Mostra di Venezia in Orizzonti Una storia graffiante ambientata tra i cantanti “da festa” che rimpiangono il Cavaliere

Mira, impresario di feste di piazza e la canzone di Erik, neomelodico palermitano, “Vorrei conoscere Berlusconi”: senza questi incontri Franco Maresco non avrebbe fatto Belluscone, una storia siciliana il film che sarà presentato in Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia, dove fuori concorso si vedrà anche La trattativa di Sabina Guzzanti, il film sui presunti rapporti Stato-mafia. In sala dai primi di settembre distribuito da Parthénos, Belluscone, una storia siciliana è una scommessa di Maresco, che, tra problemi economici, crisi depressive e colpi di sfortuna ha vissuto tre anni travagliati: «Nel 2011 attraversavo un periodo difficile, finché venne fuori la proposta di finanziare un piccolo documentario su Berlusconi, allora ancora al governo. Era la possibilità di guadagnare qualcosa e mi misi all’opera».

Che chiave aveva scelto?
«L’idea era di raccontare il rapporto privilegiato tra Berlusconi e i siciliani, la comune mancanza di senso dello Stato. Se Berlusconi dice che brinda con lo champagne se sente che il governo è in crisi, molti siciliani caccerebbero il figlio se volesse fare il carabiniere. Cominciai ad intervistare giudici e politici ma più andavo avanti e più mi rendevo conto che qualcosa non andava, non mi ci ritrovavo, mi sembrava di fare Santoro senza essere Santoro. Ad un certo punto incontrai Ciccio Mira, un personaggio particolare, di grande simpatia umana che aveva fatto una particina in Lo zio di Brooklyn e scoprì che uno dei suoi cantanti aveva scritto Vorrei conoscere Berlusconi e che molti altri neomelodici sono berlusconiani. Mi scattò la scintilla: costruire il film intorno alla storia di questa canzone e di questo mondo».

Intanto il governo Berlusconi cade nell’autunno del 2011...
«Non solo. Nel frattempo c’era stata una nuova crisi di soldi per me, Ciccio Mira viene intercettato dai Carabinieri, i cantanti litigano... un bordello. Mi fermo una seconda volta, ma quando ho potuto riprendere il film si era rafforzata l’idea di una storia di perdenti. Sono sempre stato dalla parte degli sconfitti, non starei bene con i vincitori. Credo che il film potrà piacere o no, ma se non altro gli va riconosciuto il merito di tentare una chiave originale di leggere la realtà e di raccontare Berlusconi non solo con le donne, gli scandali, i processi, ma attraverso la “passione” di questi cantanti e delle feste di piazza in cui si mandano messaggi ai boss mafiosi nelle patrie galere, gli “ospiti dello stato”».

È tutto vero quello che si vede nel film?
«Tranne poche modifiche e qualche licenza poetica – come il bianco e nero che uso per Ciccio Mira, un omaggio al mondo scomparso di Cinico Tv - nella sostanza è tutto assolutamente vero, forse metterò un cartello all’inizio. Entrare in un mondo complicato e pericoloso è stato quasi una discesa negli inferi, anche se dal punto di vista umano sono personaggi che mi hanno dato molto. E una cosa a cui tengo è la fine del film, con l’intervistatore che chiede cosa era successo il 23 maggio e il 19 luglio.
Nessuno ricorda Falcone e Borsellino e gli intervistati sono borghesi che vanno in discoteca a ballare, indifferenti, impassibili, veri conniventi perché a differenza di chi sta in periferia e ha conosciuto solo la mafia, loro hanno la cultura, l’istruzione, il denaro, tutti gli strumenti per conoscere la realtà. È il ghigno finale del film, è molto importante».

Sono scena “vere” quelle di Dell’Utri sul trono e dell’intervento di Ficarra e Picone?
«Dell’Utri volevo incontrarlo e ho fatto ricorso a una cosa che i siciliani avvertono molto: per ogni palermitano Palermo è il centro del mondo. L’ho rintracciato e ho detto “Buongiorno sono Franco Maresco, ricorderà Cinico TV, forse le faceva schifo”. “A volte lo trovavo un po’ greve però mi piaceva molto”, ha risposto. Allora gli ho detto che ero un po’ geloso, andava in tv, era appena stato dalla Annunziata e non veniva da un suo concittadino? Ha funzionato, ha promesso di venire e ha mantenuto la promessa, purtroppo durante l’intervista l’audio ha smesso di funzionare. Non credo di essere amato dalla fortuna, ho avuto problemi anche quando Erik ha litigato con Vittorio Ricciardi che aveva cantato la sua canzone in piazza. Mi sono chiesto chi erano i miti per ragazzi come loro: Ficarra e Picone, i quali, da antichi amici, si sono prestati a portare pace tra i due».

Nel film, sia pure con amarezza, si ride. Ma rideranno i palermitani?
«Non mi sono posto il problema. Io non condivido quello che dice Pif, La mafia uccide solo d’estate. Dice che la città sta cambiando, parla di risveglio, ma mi dispiace per Orlando che si impegna tanto, di risveglio non c’è l’ombra, la realtà è molto più difficile che negli anni ’90. C’è rassegnazione, l’antimafia è spenta, la partecipazione alle celebrazioni istituzionali è una stanca passerella. Non dico che tutta Palermo sia così, ma nelle periferie come Brancaccio l’idea è quella di sempre: meglio con Berlusconi. Berlusconi mangiava e faceva mangiare».
La scena in cui è seduto sul trono è vera. L’ho convinto a farla partendo dall’amore per la nostra città.
Non condivido il punto di vista di uno come Pif che parla di risveglio: è peggio che negli anni Novanta.

Tratto da: La Repubblica

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