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munno-francesca1di Francesca Munno - 13 dicembre 2013
“La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile." Corrado Alvaro
Molte volte mi sono chiesta che contributo possa dare io in questa società in cui ci si confonde spesso, in cui il filo che separa la legalità con l’illegalità è sottile. Spesso mi chiedo se i miei atteggiamenti sono quelli di cui ha bisogno questa società o sono tutti sbagliati. E spesso mi chiedo se è giusto, nel mio percorso “antimafia”, avere dei dubbi, pormi tremila domande, e soprattutto mi chiedo se è giusto, importante avere dei punti di riferimento, punti di riferimento che possono aiutarmi a crescere. Diceva un prete di Messina durante un’omelia che “l’amore non è un sentimento, è un modo di essere”, si prova amore perché è nel modo in cui ci si esprime, ci si comporta ed è anche un modo per ribellarsi. Ora mi chiedo: fare antimafia è un modo per apparire o un modo di essere, di fare antimafia?

Nel mio percorso, non tanto di antimafia ma quanto di legalità, ho incontrato diverse persone, alcune ottimiste a tutti i costi, altre pessimiste (tanto non cambierà mai niente); ho anche incontrato persone che non appaiono in tv, nei dibattiti, eppure fanno della loro vita un servizio alla comunità, donando sé stessi all’altro; ho conosciuto gente che dell’antimafia ne ha fatto un mestiere, ma senza lucrare. Ed ora sui giornali esce la notizia di una giovane attrice che dell’antimafia ne ha fatto un mestiere lucrando con i finanziamenti (così per ora si dice) che erano destinati alla legalità. Ora il problema non è lei di per sé, ma chi gliel’ha permesso in tutti questi anni.

È vero, è un altro colpo al mondo dell’antimafia, ma pensare che tutti siano cosi è una cosa che mi lascia perplessa. Anzi mi da fastidio che ci sia qualcuno che possa dubitare che tutti coloro che fanno attività antimafia e usufruiscono dei finanziamenti siano collusi e/o pensano solo a lucrare.

Mi irrita che qualcuno faccia di tutta l’erba un fascio.

Questo modo di pensare non aiuta di certo nessuno. Quando arrestano un giudice, un uomo dell’arma, cosa dobbiamo pensare? Che lo Stato è tutto colluso? O quando arrestano un politico, o veniamo a sapere che un politico ha commesso reati gravissimi, cosa dobbiamo pensare? Che la politica è tutta inquinata, malavitosa? Ogni esperienza negativa nella vita ci lascia perplessi, ci blocca il respiro, ci lascia tanti dubbi, ci fa sentire delusi e abbandonati, ma ogni esperienza negativa deve rafforzarci, deve stimolarci a fare meglio, meglio di chi invece sceglie la via del male. Dunque se la magistratura mette a nudo l’antimafia di facciata, che ben venga, ma non possiamo pensare che tutti siamo uguali. Siamo tutti diversi, abbiamo sensibilità diverse. Io in questo momento penso ai tanti giovani che ci mettono anima, passione. Che ogni giorno fanno scelte coraggiose. A loro dobbiamo dare risposte, a loro dobbiamo dare la forza di andare avanti e non abbattersi.

Ho letto che qualcuno ha proposto di fare antimafia senza contributi. A questo punto chiediamo al Governatore della Regione Giuseppe Scopelliti di mandare indietro i soldi che la Comunità Europea ha spedito, soldi finalizzati alla legalità, oppure cerchiamo di controllare come vengono spesi e a chi vengono dati.
Nell’ultima operazione della Dda di Reggio Calabria (operazione “Araba Fenice” ndr) è stato arrestato, tra gli altri, Giuseppe Stefano Tito Liuzzi che gestiva direttamente l’azienda che lo Stato gli aveva confiscato da anni. La notizia mi lasciò inorridita, mi sono chiesta: come ha fatto a gestire i beni che gli avevano confiscato? Quindi c’è un problema all’interno dell’Agenzia dei beni confiscati, quindi la soluzione non è chiudere l’Agenzia, ma provare a capire qual è stato, qual è, il problema all’interno dell’Agenzia, e fare dei controlli seri, efficaci. Così con i fondi pubblici: perché abolirli?

È la repressione di cui noi abbiamo bisogno oppure è meglio fare dei controlli?

Roberto P. Di Palma, un pm di Reggio, un giorno mi scrisse: “Piedi ben saldi per terra e cuore rivolto sempre rivolto verso il cielo”. Forse dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare. Avere meno miti e credere più in noi stessi, credere in quello che ognuno di noi è capace di fare affinchè alcuni episodi non accadano più. Comprendo l’indignazione, la rabbia, che ben venga l’amarezza, significa che ancora esistono persone che si indignano, che hanno un cuore che non si piega, che non è indifferente, ma non facciamo di tutta l’erba un fascio, non è un giusto per nessuno. Proviamo invece a chiedere cosa siamo noi, cosa vogliamo e se siamo capaci, pur essendo in “pochi”, di fare dell’antimafia un modo di essere, perché se si insinua il dubbio su tutti allora le mafie, la criminalità avrà raggiunto il suo obiettivo: quello di confondere le acque per poter lavorare per i propri fini.

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