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berlusconi-silvio-web6di Rossella Guadagnini - 25 novembre 2013
“In senso generale il giusto è uguale per tutti, in quanto è un accordo di utilità reciproca nella vita sociale; ma a seconda della particolarità dei luoghi e delle condizioni risulta che non per tutti il giusto è lo stesso.” A parlare così è il filosofo greco Epicuro nelle “Massime capitali” (quella ricordata è la n.36), vissuto tra il 341 e il 271 avanti Cristo. E sembra che, da allora, nulla sia cambiato. Che i principi su cui è fondato uno Stato democratico ci siano stati trasmessi invano. L’autore della filosofia del giardino constata come la prassi sia lontana dalla teoria e con un balzo attraverso i secoli ci riporta bruscamente ai giorni nostri.

Non per tutti il giusto è lo stesso. Certamente non lo è per Silvio Berlusconi, come quando dice “Ha ragione Marcello Dell’Utri, Mangano è un eroe”. Sta partecipando alla convention dei giovani di Fi al Palazzo dei congressi dell’Eur, a Roma, durante cui rievoca alcuni momenti della sua vita. In particolare, dopo essersi scagliato con violenza contro Magistratura democratica, Berlusconi si sofferma sull’episodio dello stalliere siciliano Vittorio Mangano, ospitato ad Arcore, che Marcello Dell’Utri definì un “eroe, per come era stato trattato dai magistrati”.
Vittorio Mangano (Palermo 1940-2000) è stato un criminale pluriomicida legato a Cosa Nostra, conosciuto attraverso le cronache giornalistiche sulle sue vicende giudiziarie con il soprannome “lo stalliere di Arcore”. Dal giudice Paolo Borsellino fu definito una delle “teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia”.
“Cercavo qualcuno che si intendesse di cavalli -racconta il Cavaliere- e non lo trovavo. Dell’Utri aveva conosciuto alla lontana questo signore, Mangano. Lo interpellò e lui accettò un impiego ad Arcore, arrivando con la moglie, i due figli e l’anziana mamma. Si comportò benissimo, accendeva le candele in chiesa la domenica, faceva la comunione e qualche volta sedeva allo stesso nostro tavolo. Poi ebbe una disavventura con la sua azienda e mi disse che doveva andar via. La storia della sua vita non la conosco, si mise con alcune persone vicine alla mafia ed è stato accusato addirittura di omicidio; per questo fu messo in carcere. Mangano venne assalito dal cancro e ogni giorno un pm gli diceva: ‘ti mandiamo a casa se ci racconti i rapporti tra Dell’Utri e la mafia, tra Berlusconi e la mafia’. Lui non voleva farlo: ebbene, sapete quando lo hanno mandato a casa? Il giorno in cui è morto. Credo che Marcello abbia detto bene quando lo ha definito un eroe”.
Non per tutti il giusto è lo stesso. Decadenza sì, decadenza no, decadenza non so (rimandiamo alle precedenti puntate 1 e 2 di questo blog). Prosegue, infinita, la guerra del Cavaliere contro un provvedimento obbligato che potrebbe disarcionarlo assai presto anche dal suo titolo onorifico. “E’ bene ricordare che Berlusconi è stato condannato per frode fiscale e non per motivi politici, come qualcuno cerca di far credere”, sostiene Danilo Leva, responsabile giustizia del Pd. Forza Italia, o quel che ne è rimasto dopo la mossa del cavallo, che ha scartato con un gesto di rottura in grado -forse- di restituire un qualche significato alla parola destra, ha deciso intanto di scendere in piazza a fianco del suo leader. Per la data fatidica di  mercoledì 27, giorno del voto palese in Aula al Senato, è stata convocata una manifestazione nella capitale, in via del Plebiscito, davanti a palazzo Grazioli. Il Cavaliere resterà ancora saldamente in sella a combattere singolar tenzone contro la magistratura, gli italiani, la verità?

Tratto da: blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it

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