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lodato-c-giorgio-barbagallo-2013di Francesco Fustaneo - 26 luglio 2013
Saverio Lodato (foto)
è una delle firme più autorevoli del giornalismo italiano in materia di mafia e di antimafia. Ha scritto per il quotidiano L’Ora e per L’Unità. E’ autore di una cronaca del fenomeno mafioso, continuamente aggiornata sin dal 1990; l’ultima edizione (Quarant’anni di mafia) è stata pubblicata proprio in questi giorni e contiene una nuova introduzione sulla trattativa Stato-Mafia.
Tra le sue opere più note: “C'era una volta la lotta alla mafia“ (con Attilio Bolzoni, 1998, Garzanti) , “Ho ucciso Giovanni Falcone” (con Giovanni Brusca, 1999, Arnoldo Mondadori Editore) , “La mafia ha vinto” (con Tommaso Buscetta, 1999, Arnoldo Mondadori Editore), “La Linea della Palma. Saverio Lodato fa raccontare Andrea Camilleri” (con Andrea Camilleri, 2002, Rizzoli), “Intoccabili” (con Marco Travaglio, 2005, Rizzoli), “Il ritorno del principe”( con Roberto Scarpinato, 2008, Chiarelettere; 2012, Tea) “Un inverno italiano” (con Andrea Camilleri, 2009, Chiarelettere; 2011, Tea), “Di testa nostra”, Chiarelettere, (con Andrea Camilleri, 2010, Chiarelettere) .
Di recente Lodato è intervenuto al convegno di Antimafia Duemila in memoria di Paolo Borsellino organizzato presso la Facoltà di Giurisprudenza a Palermo dove col suo consueto aplomb non ha mancato di sottolineare le complicità del fenomeno mafioso con la politica.

1) Lodato perché alla politica italiana manca il coraggio di riconoscere quello che ormai anche le pietre sembrano capire: ossia che la presenza di 4 organizzazioni mafiose in uno stato di diritto sarebbe impossibile senza la complicità dello Stato?
La domanda, incredibilmente, contiene tutta la risposta. Secondo alcuni storici la mafia data dall’ Unità d’Italia, se non addirittura da epoche anteriori. Ciò significa che siamo in presenza di un’organizzazione criminale che, con alti e bassi – ma, direi, più alti che bassi- per oltre un secolo e mezzo ha impresso la sua traccia indelebile in tutte le vicende decisive delle vita del nostro Paese. La mafia c’era ai tempi dei sabaudi e di Garibaldi, ai tempi di Giolitti e di Crispi, di Mussolini, dello sbarco degli americani, di De Gasperi e di Togliatti. E ha continuato a esserci ai tempi della Liberazione, di Andreotti, di Moro, di Prodi, di Berlusconi, di Monti e di Letta. E’ una sorta di animale jurassico, tenendo presente quanto è cambiata la storia in Italia e nel mondo in questo secolo e mezzo. Ma la mafia è un animale jurassico  che non si estingue. E non può estinguersi proprio perché, e torniamo alla sua domanda, ha sempre avuto le spalle coperte dallo Stato. Oggi è accaduto qualcosa di peggiore: la mafia si è fatta Stato a tutti gli effetti. Faccio un esempio: di certi uomini che siedono in Parlamento avrebbe ancora senso oggi dire- come denunciava Falcone all’inizio degli anni ’90- che  ci sono “uomini d’onore prestati alla politica”? Credo di no. Oggi politica, mafia e affari si sono talmente fusi fra loro che le stesse istituzioni diventano inconcepibili come istituzioni che sono ”altro” dagli affari sporchi. Semmai sono strumenti - le istituzioni, dico- piegate al raggiungimento di scopi essenzialmente criminali. Poi, certo, ci sono lodevoli eccezioni.

2) La Trattativa Stato-mafia, “una sospensione della democrazia” l’aveva definita qualche tempo fa il leader di Rifondazione Comunita, Paolo Ferrero intervistato sul tema; in qualsiasi altro paese i media non parlerebbero d’altro. Da noi la faccenda sembra interessare solo pochi cultori di cronaca giudiziaria. Lei che opinione si è fatto a riguardo?

Significherebbe parlare di corda in casa dell’ impiccato. E non è elegante. E non dimentichiamo che tutte le forze politiche, pur se con gradazioni diverse fra loro, sull’argomento hanno tanto da nascondere e da farsi perdonare. Chi potrebbe scagliare la prima pietra senza correre il rischio che la pietra torni indietro? C’è posto invece per le chiacchiere infinite, gli anniversari che trasudano di retorica, le partecipate commemorazioni di uno Stato in malafede. In Italia, non si può chiedere molto di più.  

3) Capitolo intercettazioni telefoniche: Napolitano chiede e ottiene la distruzione delle registrazioni effettuate dagli inquirenti intercorse tra lui e l’ex ministro Mancino, attualmente indagato proprio nel processo relativo alla “trattativa”. Di fronte ad atti del genere cosa dovrebbe spingere i giovani a continuare a fidarsi delle istituzioni?

I giovani hanno vent’anni, spesso anche meno. Tutto fa pensare che avranno diritto a un futuro in Italia in cui Napolitano non sarà più il Capo dello stato. Ci vuole pazienza, questo sì. Ma vedranno sicuramente altri Presidenti della Repubblica. Beata giovinezza …

4) A 21 anni dalla morte di Falcone e Borsellino si sentirebbe ancora di dire che la mafia può essere sconfitta?
    Sì, sì. Ma quando?

Tratto da: madonielive.com

Foto © Giorgio Barbagallo

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