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ultimi-giorni-di-paolo-borsellino-homeIncontro tra Lorenzo Baldo e gli alunni delle classi terze
di Sara Cappello - 4 aprile 2013
Sabato 23 Marzo 2013 gli alunni delle classi terze della Scuola Secondaria di primo grado di Cabras (Or) si sono riuniti nell’aula magna dell’Istituto per l’incontro con Lorenzo Baldo, autore del libro Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino e giornalista di Antimafia 2000. In tale occasione gli alunni hanno avuto l’opportunità di conoscere meglio la storia di un uomo, una storia che nessuno dovrebbe ignorare: quella di Paolo Borsellino. 

Sono stati letti alcuni brani tratti dallo stesso libro e sono state rivolte delle domande al giornalista per approfondire la conoscenza di un evento così drammatico come l’attentato mafioso di Via D’Amelio del 19 luglio 1992 dove trovò la morte il magistrato Paolo Borsellino. Una strage accaduta più di vent’anni fa, ma della quale, per chi c’era, rimane ancora vivido il ricordo come il giorno in cui avvenne, così come rimane acceso il desiderio di fare chiarezza su quel terribile attentato e di far conoscere alle nuove generazioni la storia dell’uomo valoroso che era Paolo Borsellino. Dall’approfondimento dei temi trattati nel libro è emerso un forte desiderio di fare chiarezza che deriva dal bisogno di giustizia, una giustizia per la quale Paolo Borsellino impegnava tutte le sue forze e la sua volontà umana. Una giustizia che veniva concepita dal magistrato palermitano non come un sacrificio, ma come la sua missione, il suo dovere che andava oltre qualsiasi cosa, anche oltre al fatto di dover sacrificare il tempo per la sua famiglia, della disperazione e del dolore di vedere tanti amici e colleghi morire durante il difficile percorso della lotta alla mafia; ma soprattutto la sua missione per lui era più importante persino della consapevolezza che lo attendeva lo stesso destino che era stato riservato a Giovanni Falcone.
Il tema centrale del libro, e uno dei temi principali dell’incontro, è il cosiddetto conto alla rovescia che scattò per il giudice Borsellino dal momento della strage di Capaci, in cui morirono Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e alcuni uomini della scorta. Questo conto alla rovescia verso la fine viene sottolineato fortemente nel libro, accompagnato dalle emozioni e dai gesti di Paolo Borsellino e dalle testimonianze di chi ogni giorno gli stava accanto e viveva insieme a lui questo periodo frenetico e disperato. Borsellino, in una corsa contro il tempo, intendeva scoprire ed avere il maggior numero di informazioni possibili riguardo all’intricata trama di responsabilità che stava dietro all’omicidio del suo amico e collega di lavoro con cui condivideva la medesima determinazione nei confronti della lotta alla criminalità organizzata. Dopo la morte di Falcone Paolo Borsellino prese il testimone di tale lotta restando più che mai esposto a quei rischi dai quali per tanti anni si era sentito protetto dalla presenza di Giovanni Falcone. E, nonostante la paura per sé e i suoi familiari che mai negò di provare, continuava instancabilmente la sua ricerca della verità, proseguendo inesorabilmente il suo lavoro prima che giungesse la sua ora, cosa della quale era pienamente consapevole.
Proprio questo è forse ciò che accelerò ulteriormente il meccanismo che lo voleva a tutti i costi eliminare come se più il magistrato corresse verso la verità più la mafia andasse nella direzione opposta del definitivo occultamento di tale verità. Non a caso colleghi ed amici consigliavano a Borsellino di sottrarsi a questa missione in cui stava mettendo anima e corpo, ma lui, fermo e risoluto nella sua volontà, sosteneva che chiunque cercasse di fermarlo non fosse davvero un suo amico. Paolo Borsellino era convinto che il meccanismo che si era instaurato e che aveva portato alla morte di Falcone fosse il frutto avvelenato di una collaborazione tra Istituzioni e Cosa nostra: quello che nel libro viene definito “un patto scellerato” tra Stato e mafia, una collaborazione complessa e silenziosa che cercava di isolare i magistrati, di renderli impotenti davanti all’arma della mafia e del crimine.
Nell’incontro con Lorenzo Baldo si è parlato anche delle leggi attuali, di come talvolta siano favorevoli al percorso dei magistrati e talvolta invece non siano d’aiuto, come succede quando un magistrato viene allontanato dalla città in cui sta lavorando per essere trasferito in un’altra sede. Effettivamente molte delle testimonianze citate nel libro-documento Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino, dimostrano che le Istituzioni, anche quelle più vicine a lui, non fecero mai abbastanza per proteggere il Magistrato, non perché non potevano, ma perché non volevano proteggerlo, anzi, in alcuni casi volevano ostacolarlo, e, persino in seguito alla sua morte, omettere le prove, come nel caso della scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino in seguito alla strage di Via d’Amelio. Ma anche in precedenza all’attentato molte altre volte Borsellino era stato allontanato da operazioni antimafia, come nel caso in cui al magistrato venne impedito di prendere parte all’interrogatorio di Buscetta e Mannoia, che si trovavano in America.
L’incontro tra i ragazzi della Scuola Secondaria di Cabras e uno degli autori del libro ha contribuito a riportare all’attenzione delle nuove generazioni (che non hanno visto ma che devono conoscere e mai dimenticare), le grandi cose che fece Paolo Borsellino con le sue sole forze di uomo perchè il passato non si deve lasciare lì dov’è rimasto per essere sepolto e archiviato nelle tante vicende della storia umana; il passato, soprattutto se è glorioso e degno di essere ricordato, deve essere riportato alla luce come esempio, modello di civiltà e di democrazia per spingere gli uomini ad andare avanti nelle loro opere, a non arrendersi nonostante i rischi e le tante difficoltà. Questi uomini, che si sacrificarono per rendere il nostro un paese migliore, oltre ad aver lasciato un’impronta indelebile nella lotta alla criminalità organizzata, sono stati per tutti noi esempio di vite vissute da eroi quotidiani. L’ insegnamento di Paolo Borsellino è valido oggi più che mai, sia perché il problema della mafia persiste ancora, sia perché ciascun membro della complessa società attuale, a partire dai giovani, può trovare nel coraggio di quest’uomo, la spinta per un impegno civile anche nelle piccole azioni di ogni giorno.
Penso che la scuola abbia un ruolo fondamentale nella formazione di cittadini consapevoli e responsabili e che iniziative come questa rappresentino un valido esempio di come si voglia e si possa trasmettere alle nuove generazioni il desiderio di giustizia, di come sia possibile risvegliare le coscienze per vedere il mondo con occhi diversi e far sì che simili stragi non si verifichino più. La scuola deve preparare i giovani alle difficoltà della vita, sulla base di valori come il rispetto e la dignità, perché su questi valori si basa la libertà di un cittadino, che deve fare il suo dovere e ottenere i diritti che gli spettano, senza nessun tipo di broglio o raccomandazione. Nel libro Leonardo Guarnotta spiega che un cittadino che ottiene dei diritti attraverso dei “favori” non è più libero, è un suddito. La conoscenza, l’istruzione, l’amore per la verità costituiscono le basi della giustizia e sono condizioni che consentono a ciascuno di pensare ed agire autonomamente, dando la forza morale di dire di no alla “schiavitù” delle mafie, della corruzione, della vigliaccheria.
Tutte le testimonianze riportate nel libro Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino lanciano un chiaro messaggio ai giovani ma in modo particolare rimangono impresse le parole dello stesso magistrato Leonardo Guarnotta che, attraverso la similitudine della partita di calcio, fanno capire molto bene che alla competizione contro la mafia non ci si può permettere di assistere, ma ci si deve schierare e si deve scendere in campo con le forze del bene; e i giovani devono stare vicino a chi lotta e conoscere ciò che è avvenuto nel passato, chi erano e cosa hanno rappresentato e sempre rappresenteranno uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che il loro grande lavoro, terminato nell’estremo sacrificio, non è stato fatto invano ma nell’interesse delle nuove generazioni per una società migliore.

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