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dellutri-grasso-webdi Pippo Giordano - 26 marzo 2013
Ieri quando è giunta la notizia della condanna a sette anni a Marcello Dell''Utri, d'istinto ho preso il telefonino e ho chiamato Antonio Ingroia. Ho sentito l'irrefrenabile necessità di ringraziarlo per l'ottimo lavoro svolto da magistrato nelle indagini sulla mafia. Immediatamente dopo ho chiamato Salvatore Borsellino, per tributargli stima e affetto, perchè la sentenza Dell'Utri mi ha di fatto condotto a via Mariano D'Amelio. Ed ora in cuor mio mi auguro che il bibliografo, quanto prima oltrepassi il portone di quello che una volta era considerato da Cosa nostra “Hotel a 5 stelle”, ovvero l'Ucciardone e ci rimanga per espiare la sua pena, come giusto che sia. Non si tratta di un “romanzo criminale”, perchè le strade palermitane sono ancora intrise di sangue innocente. Di sangue versato da chi, nel rispetto di un giuramento verso lo Stato, non ha esitato ad immolarsi. In questi anni ho ingogliato bocconi amari, nel vedere la tracotanza, la sufficienza e le risatine ironiche di Dell'Utri, che col milanese mister B, rivolgeva alla magistratura palermitana: quella stessa magistratura che ha sepolto i propri Uomini migliori. Sia io che Salvatore Borsellino, in occasione di conferenze insieme, abbiamo da sempre ipotizzato che questa pseudo terza Repubblica, sarebbe nata proprio dal sangue delle stragi di Capaci, via D'Amelio, via Dei Georgofili, di Milano e Roma ed ora il “romanzo criminale” sta rafforzando la nostra tesi. Punto

Ora vorrei dire qualcosa sul monologo di Grasso, andato in onda ieri sera da Formigli. Non ho seguito per intero la puntata e quindi mi limito a quel che ho visto. Intanto, devo dire che ho conosciuto quasi tutti i magistrati citati da Grasso, ossia, Vigna, Caselli (il primo ufficio che visitò dopo la sua nomina a Procuratore di Palermo, fu la DIA di Roma, io ero presente), Boccassini, Pignatone, Ingroia, Natoli, Lo Forte, insomma tutti i PM di allora che si occupavano di mafia. Sono rimasto un pochino perplesso quando ha affermato di non poter divulgare agli altri Sostituti, il pentimento di Nino Giuffrè, perchè questi gli avrebbe detto “ di non fidarsi dei suoi colleghi”. Io, credo che siffatta affermazione di Giuffrè andava presa con le dovute precauzione ed invitarlo, seduta stante, a fare nomi. Noto, una differenza sostanziale di approccio e determinazione su un episodio occorso a Paolo Borsellino. Premetto che, nella mia carriera ho avuto modo di interrogare ben 9 pentiti e quindi conosco un pochino la mentalità del mafioso divenuto collaboratore. Nel secondo giorno d'interrogatorio di Gaspare Mutolo, Paolo Borsellino si presenta con due sostituti Lo Forte e Natoli, ancor prima di iniziare il verbale d'interrogatorio Mutolo si rivolge a Borsellino e dice: “ Mi fido solo di lei e la prego d'interrogarmi da solo”. Paolo Borsellino, che stava leggendo la sua Agenda Rossa, si toglie gli occhiali e guardando con serietà Istituzionale Mutolo, risponde: “Questi due magistrati sono come i miei figli, hanno la mia fiducia”. Non aggiungo altro.

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