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cassata-franco-web7di Sonia Alfano - 12 febbraio 2013
Il procuratore generale di Messina, Antonio Franco Cassata, va trasferito non soltanto per l’incompatibilità generata dalle indagini a carico del figlio (per associazione a delinquere finalizzata alle truffe assicurative), ma per fatti ancor più gravi. Di seguito la lettera aperta che ho scritto alla prima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura:

Il procuratore generale di Messina, Antonio Franco Cassata, è stato di recente condannato in primo grado per diffamazione pluriaggravata ai danni del prof. Adolfo Parmaliana, morto suicida il 2 ottobre del 2008 a causa delle persecuzioni giudiziarie perpetrate nei suoi confronti da una certa magistratura messinese-barcellonese.

Il Csm ha aperto sul P.G. Cassata ben due procedimenti per incompatibilità: uno immediatamente successivo alla condanna inflittagli dal giudice di pace di Reggio Calabria e uno per una vicenda che riguarda il figlio dell’alto magistrato, Nello Cassata (avvocato), indagato dalla procura di Barcellona Pozzo di Gotto per associazione a delinquere finalizzata alla truffe assicurative.

Se ciò non bastasse, può essere utile ricordare che la storia dell’attuale procuratore generale di Messina è costellata da comportamenti e fatti lesivi del prestigio e del decoro della magistratura. Antonio Franco Cassata, infatti, oltre ad essere “il corvo” che diffamò il prof. Parmaliana e oltre a essere il padre di un avvocato indagato per gravi reati, è stato anche il principale animatore di un circolo paramassonico (“Corda Fratres”, di cui fecero parte anche il boss Gullotti, condannato in via definitiva per l’omicidio di mio padre e il boss Rosario Pio Cattafi, oggi al 41bis), il compagno di viaggio del mafioso Chiofalo (insieme a lui e con l’avvocato Bertolone, infatti, a dire dello stesso Chiofalo, si recò in auto a Milano nel 1974) e l’uomo che per strada, a Barcellona Pozzo di Gotto, si fermò a chiacchierare con la moglie dell’allora latitante Giuseppe Gullotti (il boss condannato per l’omicidio di mio padre, appunto).

Più volte, inoltre, l’alto magistrato è stato accusato di aver tentato di fermare o pilotare vicende giudiziarie che coinvolgevano persone a lui vicine (due casi su tutti: la vicenda del carabiniere che gli faceva da autista, per il quale Cassata mandò un complice a minacciare una denunciante, e quella di un consigliere comunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Giuseppe Cannata, già arrestato per gravi reati, in favore del quale Cassata chiese al Gup di rimandare la trattazione dell’udienza preliminare a suo carico, al fine di “concedere” il tempo necessario per essere eletto vicepresidente del consiglio comunale).

Per concludere, in un verbale di denuncia orale (anno 1998) si leggono testuali parole: “Egli (tale Giuseppe Pirri, n.d.a.) ha continuato dicendo che con tale denuncia avevo permesso a voi carabinieri di venire a conoscenza di un ‘giro’ molto grosso di prostituzione in cui sarebbero coinvolti appartenenti alle forze dell’ordine, avvocati, giudici e tra questi in particolare il giudice Cassata”.

In tutta onestà dubito servano ulteriori elementi per allontanare l’infedele magistrato Cassata dalla guida della Procura generale di Messina. Senz’altro, sarebbe lesiva per i cittadini onesti del distretto giudiziario di Messina la permanenza al vertice della magistratura inquirente di una persona condannata per un reato infamante e squallido come pochi, un dossier anonimo per infangare la memoria di una persona, Adolfo Parmaliana, che si era tolta la vita per amore di giustizia.

Tratto da: soniaalfano.it

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