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lenzuolo-damelio-addiopizzo-bigdi Lara Borsoi - 26 luglio 2012
Vent'anni sono ormai trascorsi da quando il giudice Paolo Borsellino insieme ai ragazzi della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, veniva ucciso in un attentato di matrice Stato-mafiosa. Una miscela di 90 kg di esplosivo formata da tritolo, pentrite e semtex posizionata in un’auto in un'auto vicino all'ingresso dell'abitazione della madre del giudice brilla nel momento stesso in cui Borsellino preme il pulsante del citofono. Sono le 16,58 del 19 luglio 1992.

Via Mariano d'Amelio è devastata. Il dado tratto da Cosa Nostra ha colpito ancora una volta un magistrato. In quel giorno con il calore pesante e appiccicoso delle auto andate in fiamme, l'aria irrespirabile, il suolo ricoperto di sangue e di corpi straziati lo Stato Italiano si inginocchia davanti a Cosa Nostra.
Le vacanze degli italiani vengono momentaneamente interrotte dalle immagini confuse e sfocate dei televisori e tutto di nuovo si sporca di nero e di grigio che sa di morte. Dopo neppure due mesi a Palermo un altro magistrato è stato ucciso.
Una bimba di sette anni quel giorno osserva atterrita le scene trasmesse nei telegiornali e nei speciali. Non riesce a capacitarsi del perché di tanta crudeltà. Poi, un paio di giorni più tardi, vede una chiesa affollata di gente arrabbiata che giura vendetta e che chiede giustizia. La bimba pensa che ora tutte quelle persone sistemeranno tutto, sono in tante. Che ci vuole? Sulla tomba del Giudice vengono riversate lacrime copiose, abbracci e promesse. Palermo è arrabbiata e i politici arrivati per sedere nelle prime file e assistere alla cerimonia con la loro schifosa faccia di cera vengono cacciati via a male parole. Grande Palermo che sembra aver ritrovato la voce e vomita tutto il suo disgusto promettendo giustizia e verità. Ma era appunto solo un conato di vomito perché in quel momento era sì cambiato tutto ma alla fine era rimasto tutto come prima.
Nonostante siano passati vent'anni, Palermo la verità ancora non l'ha partorita ma per fortuna tutto quel grigio si è trasformato in rosso. Rosso come l'agenda rossa del Giudice scomparsa il giorno della strage, rosso come un cuore, il nostro, che pulsa all'unisono in Via D'Amelio e offre il suo battito ai giudici che hanno in mano le carte delle inchieste più scottanti. Le indagini sulla cosiddetta trattativa, sulla scomparsa dell'agenda rossa del Giudice, alla deleteria collaborazione del falso pentito Scarantino e a tutte le bugie, i depistaggi, i “non so' – non ricordo” di uomini delle istituzioni. Loro da quel giorno scavano in ogni antro della storia per portare alla luce la verità, qualsiasi essa sia.
Vivono anche loro in “gabbia” circondati da minacce, delegittimazioni, insulti, offese proprio come Falcone e Borsellino. Ma oggi sanno che l'opinione pubblica è lì per proteggerli e sorreggerli. Salvatore Borsellino davanti al Palazzo di Giustizia trasforma in parole ciò che ognuno di noi culla dentro il cuore “Noi tutti faremo sentire a questi magistrati il nostro amore. Io non provo vergogna ad usare questa parola”. A risposta i magistrati con la voce strozzata dall'emozione in Via D'Amelio, guardando la folla, dicono “grazie” e poi sottolineano “E' importante la vostra presenza, il vostro appoggio. Noi continueremo a fare il nostro lavoro ma abbiamo bisogno di voi. Solo così Giustizia sarà fatta”. Gli applausi scoppiano, le agende rosse sollevate verso il cielo, la gola strozzata in un'emozione incontenibile che trova sfogo nel grido di un guerriero inarrestabile come Salvatore Borsellino “Paolo, Noi ti faremo giustizia”. Esplodono i cuori, il sole sussulta, Via D'Amelio trema, le lacrime ora non hanno più vergogna e rigano il viso dei presenti. “Paolo! Paolo! Paolo! Paolo Vive”. Vive grazie a coloro che hanno saputo tramandare il suo esempio e le sue idee sulle quali giovani e meno giovani oggi percorrono il sentiero della vita.
Vive nei gesti di quei magistrati che oggi tentano come fece lui di debellare definitivamente il marcio compromesso tra Stato e Mafia.
Vive nelle nostre gambe di giovani soldati armati di carta e penna, che tentato di scalfire con le parole la pietra calcarea dell'indifferenza.
Scende il silenzio che imprime ancor di più il vero significato di queste giornate. Il giuramento è stato sigillato nella profondità dei nostri esseri. Proteggeremo qui magistrati costi quel che costi.
Arrivederci Palermo mia, a presto. Come tu abbia fatto non so', ma sei riuscita come nessun altro prima a rapire il mio cuore e la mia anima. La tua struggente bellezza violentata fin nel profondo ha inciso nella profondità del mio animo ancor di più le parole di Paolo Borsellino “Palermo non mi piaceva per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”.

Un ringraziamento particolare a Salvatore Borsellino, Rita Borsellino, AntimafiaDuemila, ai magistrati impegnati nella ricerca della verità per dimostrato che “Nulla è impossibile l'importante è crederci”. E io in voi credo.
Con profonda stima

Foto © Castolo Giannini

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