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2 giugno 1946 – 2 giugno 2025. Sono esattamente 79 anni dalla costituzione della Repubblica italiana.

E posso fieramente dire che, per essere nato nel 1945, sono figlio di questa Repubblica.

Il prossimo 2 giugno festeggeremo questo importantissimo anniversario nella speranza che l’attuale governo (ahimé!) di maggioranza abbia il decoro di dedicare a questa giornata tutto il rispetto che merita.

Non sono uno storico e quindi mi piace trattare, sia pure brevemente, l’argomento da semplice cittadino orgoglioso di fare parte di questa Repubblica, libero da qualsivoglia ideologia o interesse che non sia quello della comunità, con l’incombente timore, però, che possa venire distrutta da una classe politica tendenzialmente proiettata verso forme di governo autoritarie.

Un referendum popolare sulla forma da dare allo Stato, partorì la Repubblica italiana e l’elezione di un’assemblea costituente (i voti per la Repubblica sopravanzarono di circa due milioni quelli per la monarchia). La cosa non fu indolore tenuto conto della presenza eterogenea di movimenti di varia natura costituita da partiti, movimenti vari antifascisti e dalla non trascurabile circostanza che il Paese era dilaniato dalla guerra appena terminata.

Il referendum peraltro introduceva un importante elemento nella vita politica italiana: il voto alle donne che finalmente potevano esprimere tutto il loro potenziale e che rappresentava il punto di partenza di una società fondata su criteri di parità di genere. Percorso che tuttavia, ancora oggi, sebbene siano stati raggiunti risultati impensabili, non presenta effetti soddisfacenti.

Dunque le elezioni furono libere e a suffragio universale e dettero vita ad uno strumento istituzionale di pregevole fattura: la Costituzione italiana che, per quanto mi riguarda, costituisce uno dei migliori libri esistenti da leggere, un libro che non dovremmo mai perdere di vista perché detta le fondamenta della nostra democrazia.

E poi, la carta costituzionale mette in piedi una barriera insormontabile con il drammatico ventennio fascista cosicché fu possibile affacciarsi a nuove frontiere dopo avere cancellato le vergognose leggi fasciste ed essersi riappropriati della libertà di stampa, della riorganizzazione dei partiti politici e dei sindacati.

Il 2 giugno 1946 si votò anche per l’Assemblea Costituente – che doveva eleggere pure i parlamentari - che poté contare sulla formazione di tre partiti: il partito socialista, il partito comunista e la democrazia cristiana, dove quest’ultima si qualificava come partito di maggioranza relativa. Vorrei tanto che le generazioni più giovani, quelli che non hanno vissuto i momenti del riassetto politico post-bellico dell’Italia, prendessero confidenza con questo capitolo di storia del nostro Paese anche in funzione delle loro scelte politiche odierne. La conoscenza dei fatti che non hanno vissuto li aiuterebbe a mettere a confronto quel momento politico con quello che viviamo oggi che pure sta subendo l’azione autoritaria dell’attuale maggioranza di destra.

Comunque su questo punto voglio essere ottimista perché ho avuto modo constatare come molti giovani si siano lasciati prendere da una istruttiva curiosità perché fossero chiari i concetti di democrazia e di autarchia. Ed invero deve essere a tutti palese – giovani e non giovani – quale sia il serio rischio che stiamo vivendo.

Certo non siamo ancora arrivati a privare il popolo della propria sovranità i cui cittadini potranno ancora esprimere le proprie scelte politiche mediante libere e competitive elezioni.

Però vedo con preoccupazione un prossimo futuro in cui questa maggioranza farà di tutto per privare o limitare la libera espressione mediante la stampa. Abbiamo esempi assolutamente palpabili di – per adesso solo – timide proposte di legge che tendono a limitare il lavoro dei giornalisti. Basta pensare alle leggi bavaglio che il governo ha prescritto per evitare che la collettività sia informata: tipico comportamento dei governi autoritari. I limiti imposti ai giornalisti con riguardo alle intercettazioni in campo penale rappresentano una seria preoccupazione per l’esercizio della democrazia.

E ancora, possiamo parlare della separazione dei poteri, principio essenziale voluto dai nostri padri costituenti per garantire gli equilibri nell’esercizio dei poteri dello Stato. Eppure la riforma della giustizia ci propone modifiche – alcune volte addirittura costituzionali – in cui emerge la volontà del governo di infrangere questo principio per portare le prerogative dei magistrati e la funzione giudiziale sotto il controllo dell’organo esecutivo.  In tal modo verrebbero meno anche i cosiddetti <contrappesi politici> che sono meccanismi di controllo per garantire il bilanciamento dei poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario.

Ecco che tutto quello su cui abbiamo superiormente argomentato non è altro che la rappresentazione dello Stato democratico e della democrazia. Tutto ciò che viene meno a questi principi, di fatto o in forma di legge, altro non è che la rappresentazione dell’autarchia.

Per questo mi sento di invitare tutta la popolazione ad esercitare il proprio diritto di voto alle prossime elezioni dell’8 e 9 maggio: per dare forza alla nostra Repubblica in modo da smembrare i malsani programmi dell’attuale maggioranza. E vorrei che fosse chiaro a chi possiede solamente informazioni da <bar dello sport>, di riflettere approfonditamente – magari anche solo leggendo queste mie poche argomentazioni – per scrivere sulla propria scheda, dentro la cabina elettorale, un “SI” convinto. In tal modo invero avremo contribuito anche a riconoscere un senso di profondo rispetto nei confronti di tutti coloro che nel 1946, in un momento di grande confusione politica, ebbero il coraggio di votare scegliendo la forma repubblicana da dare allo Stato piuttosto che la monarchia.

Da lì nasce la nostra Costituzione che rappresenta la massima espressione di uno Stato democratico.

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