Dispiace che tutti i mezzi d’informazione locali abbiano fatto da megafono acritico ad un Prefetto e ad un Commissario straordinario che, ancora una volta, hanno testimoniato l’assoluta non volontà di aiutare coloro che in valle di Cembra hanno cercato e cercano, con grande fatica, di contrastare quel connubio tra “mafiosità” locale e “mafiosità” d’importazione che condiziona, non da oggi, la vita democratica di questi paesi.
Basti dire che il Coordinamento Lavoro Porfido, al quale si deve la richiesta al Prefetto di venire a Lona ad illustrare le motivazioni della recente sentenza del processo “Perfido”, non è stato in alcun modo invitato al “dibattito” di Lona del 28 novembre. Eppure, se veramente stava a cuore al Prefetto la ripresa della vita libera e democratica di questi paesi avrebbe dovuto preoccuparsi proprio di coinvolgere quei “cittadini responsabili”, per citare un’espressione usata qualche mese fa a Trento da don Luigi Ciotti (al quale va tutta la mia solidarietà di fronte ai volgari attacchi verbali di cui è stato fatto oggetto da un ministro di questa povera e bistrattata “Repubblica democratica”), che da anni sono impegnati a contrastare il malaffare locale.
Proprio sabato scorso, grazie all’iniziativa dei ragazzi di “Noi Giovo” nel teatro parrocchiale di Verla, abbiamo conosciuto la figura di un altro Prefetto che a Trapani, nei primi anni 2000, aveva saputo stare dalla parte di chi la mafia contrastava. Questo gli valse da una parte l’appellativo di “prefetto del popolo” e dall’altra l’ostilità di chi nelle istituzioni si preoccupava più di proteggere i mafiosi che non i cittadini onesti. Fulvio Sodano, questo il suo nome, contribuì con la sua opera al risveglio delle coscienze in quella città, evitando nel contempo che un’importante impresa confiscata alla mafia come la Calcestruzzi Ericina tornasse sotto il controllo mafioso e trasformandola in cooperativa con l’aiuto proprio di don Luigi Ciotti. Per questo si scontrò con l’allora sottosegretario agli Interni (era ministro Giuseppe Pisanu) Antonino D’Alì, potente luogotenente siciliano dell’allora presidente del Consiglio nonché leader di Forza Italia, finito in carcere un anno fa per scontare una condanna definitiva a 6 anni per “concorso esterno in associazione mafiosa”. Al teatro di Verla abbiamo potuto sentire la viva testimonianza del figlio di Fulvio Sodano, Andrea, che ha ricostruito le vicende subite dal padre per opera di chi occupava le istituzioni democratiche per fini che nulla avevano a che fare con la libertà, la democrazia e il bene comune. A Lona purtroppo abbiamo assistito ad una operazione pilatesca, con l’invito al voto rivolto ad una comunità lasciata ancora in uno stato di profonda soggezione e attribuendo alla Magistratura la responsabilità della “cura” di fronte all’infiltrazione mafiosa (anche se sarebbe più corretto parlare di radicamento), ignorando bellamente il fatto che i verdetti definitivi dei Tribunali giungono troppo tardi e semmai possono essere paragonati al lavoro dell’anatomopatologo. Per questo sono state introdotte misura cosiddette di prevenzione, dall’interdittiva alla Commissione d’accesso, attribuendone la potestà proprio ai Prefetti. Purtroppo mi pare che nel caso di Lona-Lases non ci sia l’intenzione di arrecare più di tanto disturbo ai “manovratori” favorendo realmente la ripresa di una vita democratica troppo a lungo conculcata, al limite dell’atrofizzazione. Tuttavia, a differenza dei resoconti fatti dalla stampa locale, Prefetto e Commissario straordinario (compresa la dirigente provinciale presente) sono stati sommersi dalle critiche e non si è sentita alcuna voce (tranne quella dell’ex presidente del Consiglio provinciale Kaswalder) levarsi a difesa dell’operato loro e di chi ha amministrato fin qui la nostra Provincia.