Da circa quattro anni, la nota Giornalista Raffaella Fanelli, è imputata per il reato di diffamazione, presso il Tribunale di Verona, ove oggi c'è stato l'ennesimo rinvio.
Questa circostanza fa riflettere e, senza entrare nel merito della singola vicenda, testimonia la perdurante presenza - nel nostro sistema giudiziario - dell’elemento forse più penalizzante degli altri: la durata dei processi.
Quella durata che, insieme ad altri elementi negativi, relega il nostro Paese in fondo a tutte le classifiche mondiali riguardanti l’efficienza, l’efficacia e la tempestività della Giustizia.
Qualche volta, però, “travestita” da durata, esiste la “lungaggine”, la quale - seppur simile alla prima - contiene delle peculiarità: il rinvio delle udienze per mancate notifiche alle parti o ai testimoni, quello per difetti nella integrità del contraddittorio, le sostituzioni negli organi requirenti e/o giudicanti, i trasferimenti ad altra sede dei singoli magistrati e tanto altro ancora (una volta, c’erano pure le “carnevalate”).
Una tale lungaggine, in molti casi, diventa essa stessa una “condanna”.
Sì, una condanna a volte molto più pesante di quella che - eventualmente - potrà contenere, in un futuro indeterminato ed indeterminabile, la sentenza.
Una condanna (soprattutto, mediaticamente) istantanea (a partire dalle indagini prorogate di semestre in semestre e poi dal rinvio a giudizio), continuata (per tutta la durata dei due diversi gradi di giudizio di merito) ed a volte permanente (sia per i tempi del giudizio di legittimità della Cassazione e nei casi in cui quest’ultima annulli con rinvio ma anche per la vasta eco che continua a “rimbombare” perennemente, a volte resistendo anche alle notizie riguardanti i sempre più frequenti errori, ed orrori, giudiziari).
Ed allora che si fa?
Il povero Giovanni Falcone (un altro che, evidentemente, “se l’andava cercando”) ideò e propose un sistema che - attraverso una specifica sezione giudicante, speciale e ad immediata reperibilità - potesse limitare, se non impedire del tutto, che - proprio a causa di certe lungaggini - potessero verificarsi scarcerazioni di soggetti gravemente indiziati di reati di mafia e socialmente pericolosi.
Come andò a finire?
Che in Italia lo ignorarono (e poi lo trucidarono) mentre in Colombia (lo dichiarò, una decina d’anni fa, il vice Presidente colombiano, durante una manifestazione pubblica a Catanzaro, mentre era circondato da uomini armati di mitragliatrici automatiche da guerra) il c.d. “Team Falcone” era stato istituito in ogni Tribunale e funzionava (all’epoca) alla perfezione!
Già, in Italia, dove a Pippo Fava spararono alla nuca ed a Mino Pecorelli in bocca.
A quel Pippo Fava che parlava e scriveva, tra l’altro, dei “Cavalieri del Lavoro” e dei Mattarella.
A quel Mino Pecorelli che parlava e scriveva di C.I.A., D.C., P.S.I., E.N.I., I.O.R., B.R., N.A.R. e tanto altro.
Ed oggi?
I Mattarella sono ancora lì!
E tutti gli altri pure!
Quindi, cos’è che non va?
Ma è ovvio: è la Fanelli...

* Avvocato
   

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