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Quando Johnny Torrio, the Fox, decise di ritirarsi a vita privata, non c’era strillone di Chicago che non gridasse ai quattro venti il nome del nuovo boss del sindacato. Alphonse Gabriel Capone, detto Al.
Il professor Moriarty, illustre figura di matematico e genio del male, definito da Sherlock Holmes il Napoleone del crimine, aveva nel colonnello Moran un vice di minor classe, ma certamente di pari ferocia.
Pensionatosi Totò Riina, la stampa nazionale si affrettò a spifferare che c’era già chi poteva raccoglierne la fiaccola, perpetrando i riconosciuti valori, ispirati alla libera iniziativa e a una visione tradizionale di famiglia e società. Ovvero il compianto ragionier Bernardo Provenzano.
In questi giorni, pare che anche il cammino terreno di Matteo Messina Denaro stia per giungere a conclusione. Il condizionale è d’obbligo perché, stante l’importanza del soggetto, un miracolo in zona Cesarini non è da escludere.
Anzi, frutterebbe titoloni a quattro colonne. Il redivivo Matteo che, graziato dalla Divina Provvidenza e toccato dalla grazia, si pente, dedicando l’esistenza a opere pie e benefiche. Con susseguente beatificazione e doverosa serie Netflix dal titolo “L’ultimo dei pubblicani.”
Sperare è lecito, avverarsi è cortesia, ma nel frattempo, quale che sia il destino ultimo di Matteo da Castelvetrano, bisogna ammettere che riguardo alla di Lui eredità sguazziamo tutti nell’ignoranza più crassa.
Ci hanno raccontato tutto, o quasi, della sua vita sentimentale. Ne conosciamo i gusti cinematografici, le preferenze culinarie e le scelte modaiole. Ma all’orizzonte nemmeno uno straccio di successore.
Chi impugnerà il testimone? Chi ne proseguirà la vivace attività economica, che spaziava dall’immobiliare ai supermercati? Chi garantirà, adesso, i lungimiranti investimenti nell’eolico e nelle altre fonti rinnovabili, dimostrazione di spiccata sensibilità ambientale?
Tutto tace. Nemmeno un nome, un soprannome, na ‘ngiuria che tranquillizzi ceti produttivi e pubblica opinione.
Immaginiamo imprenditori, siciliani e non, rosolati dal dubbio. Da domani il pizzo lo pago o non lo pago, e a chi? Con che aliquote? Sarà alfine detraibile?
Stessa ansia nel caotico mondo degli appalti. Edificazioni a singhiozzo, manutenzioni bloccate. L’economia che si avvita in un’irreversibile spirale recessiva.
Senza per questo dimenticare il Ponte.
In una regione che ci ha messo 36 anni per costruire 180 chilometri di autostrada (la mitica Messina-Buonfornello) al modico costo di 4 milioni di euro al km.
Dove basta una stampante in cortocircuito per chiudere un aeroporto per settimane.
In cui per andare in treno da Palermo a Catania (166km) ci vogliono minimo 3 ore e mezza (il tempo medio pare si di 5 ore e 49 minuti). A fronte dei 478 chilometri tra Roma e Milano, percorribili in 3 ore e 10 minuti.
Alla luce di tutto questo, si capisce come il ponte di Messina divenga infrastruttura utile, necessaria, anzi indispensabile.
Lo vogliamo costruire così, pulito pulito? A prezzo di costo, come in uno di quegli squallidi stati nord europei?
Senza nemmeno una goccia di grasso che cola, una percentuale a chi di dovere, il fattivo contributo di faccendieri e impresentabili?
Last but not least, le fiaccolate contro chi le facciamo? E che fine farebbero le mobilitazioni della parte sana, le vibranti indignazioni, i minuti di silenzio, le lapidi commemorative, gli appelli alla riscossa?
Per rompere la noia ci toccherà manifestare contro la corruzione in Uzbekistan o le malefatte dei Tong cinesi.
Milioni di persone in ambasce, che non sanno a quale santo rivolgersi. Per un’assunzione, un motorino rubato, una calda e cordiale protezione.
Urgerebbe far luce quanto prima, nell’atroce dubbio che invece, la criminalità organizzata sia stata davvero sconfitta. Che lo zio Matteo venga ricordato come l’ultimo dei capi.
O forse chissà, come l’ultimo dei miglioristi. Avendo traghettato Cosa Nostra dalla feroce dittatura corleonese alle tranquillizzanti anestesie del libero mercato.
C’è il concreto rischio invece, che la mafia, come il Covid, venga derubricata ad accidente personale, occasionale sventura per poveri sfigati. Strisciante fenomeno silenzioso, impossibile da battere, ma comodo per pareggiare.
Scegliendo di emulare la più potente cugina calabrese. Niente più omicidi eccellenti, antiquati rituali, anacronistici verticismi. Visibilità al minimo, pragmatismo e coesione d’intenti.
Con gran gioia di quanti potranno sbandierare con una mano la vittoria delle istituzioni e con l’altra dedicarsi a più remunerative attività.

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