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L'OPINIONE DI RAVIDÀ. «Oggi ci vengono a dire, in sentenza, sui clamorosi depistaggi, che "si...!" ci sono sono state delle ingerenze e complicità di Stato, come nella sparizione dell'Agenda Rossa di Borsellino ma, ancora, si tutela chi dalla parte dello stato-mafia ha tradito, senza l'emissione di alcuna condanna...»

Mario Mori e i suoi uomini trattano con la mafia, contattando il più mafioso dei politici e il più politico dei mafiosi Ciancimino Vito, ex sindaco di Palermo a cui chiedono di interloquire con Riina e chiedergli se poteva finire, prima delle stragi di Milano, Roma e Firenze, questo "muro contro muro" con l'attacco allo Stato democratico di parte mafiosa che aveva cominciato con gli omicidi eclatanti di Lima e uno dei cugini Salvo (democristiani e potenti esattori siciliani); le pesanto minacce a politici, loro familiari e le stragi di Falcone e Borsellino. 

Le recenti sentenze ('ndragheta stragista e depistaggi), ci dicono che già vi erano "entità esterne" che agivano, nei delitti, accanto alla mafia per un disegno politico-eversivo, tendente a creare il caos con stragi e omicidi di stato-mafia con una "strategia della tensione", creando il terrore nell'opinione pubblica, per il mantenimento politico del potere, rappresentato da Forza Italia, dopo il tentativo mafioso di farsi direttamente stato con la nascita delle "Leghe Meridionali". In tale progetto, visto i successivi eventi, avrebbero partecipato forze occulte dello Stato come Gladio, Falange armata, eversione nera, Servizi segreti e massoneria, come emerge con le presenze femminili nelle stragi di Milano e Firenze;

Primo fatto eclatante e senza colpevoli di Stato, l'arresto anticipato di Gaetano Scotto, anello di collegamento tra mafia e servizi segreti. Arresto eseguito dalla Procura di Caltanissetta sebbene un poliziotto, Giocchino Genchi, aveva chiesto insistentemente di continuare ad indagare Scotto sino a scoprirne i contatti mafiosi con le "entità esterne di Stato". Giocchino Genchi verra, in seguito, massacrato giudiziariamente ingiustamente, sino ad essere destituito dalla Polizia di Stato;

Il falso pentito Scarantino, creato ad arte da forze di Stato per allontanare i veri colpevoli della strage di via d'Amelio dalle attività investigative;

Il palazzo in costruzione scomparso dalle indagini, sebbene appena il giorno dopo la strage di via d'Amelio viene individuato come il probabile punto di appostamento degli stragisti. Gli agenti fanno una relazione che scompare dalle indagini non essendo mai entrata nel fascicolo di Polizia della strage; i due dgenti vengono, inusualmente, rimandati immediatamente al loro reparto di appartenenza di Catania allontanandoli da Palermo. Sparisce la relazione e così sparisce anche il palazzo dei Graziano dalle indagini. Graziano che erano legati alla famiglia dei "Madonia di Palermo" (autrice della strage di Borsellino) e a uomini dei servizi segreti come "Contrada";

Riina non è più affidabile per coloro che trattano la "resa dello stato democratico" con la mafia, perchè dopo le richieste fatte allo Stato, viene solo accontentato nella "cancellazione" del 41 bis; "cancellazioni" avvenute in una notte, dal nuovo Ministro della Giustizia Conso. Riina afferma: "si sono fatti sotto", e aumenta la pressione contro lo Stato eseguendo anche in complicità di uomini di Stato, legati a quel progetto di F.I. per porsi come nuova forza politica di riferimento mafioso dopo la caduta della prima Repubblica, eseguendo le stragi di Milano, Roma e Firenze.

Si cerca e si trova, quindi, un nuovo riferimento mafioso nella persona del latitante Bernardo Provenzano che garantisce l'arresto degli stragisti di Riina e latitanti in tutta l'Italia. Si arresta lo stesso Riina, Bagarella, Graviano Giuseppe e Filippo, Santapaola e molti altri. Non si esegue la perquisizione nel covo di Riina per non rendere pubblica la precedente trattativa con il possibile rinvenimento del "papello" e di chissà cos'altro.

"Il diavolo fa le pentole ma non mette i coperchi". Lo Stato, quello buono, in quel momento ha un'infiltrato dentro "cosa nostra", Luigi Ilardo, che porta gli inconsapevoli inquirenti al covo di Provenzano ma questo non viene arrestato dai CC di Mori che stavano trattando proprio con Provenzano che era diventato il garante mafioso della nuova trattativa con lo Stato. (Questo non è stato scoperto, ma parlano i fatti inconfutabili occorsi). Si tenta di far pentire, dopo il mancato arresto di Provenzano a Mezzojuso, l'infiltrato Luigi Ilardo e si ascolta per circa 4 ore a Roma, alla presenza di Caselli, la Principato e Tinebra, nessuno lo verbalizza e viene rimandato a casa senza alcuna protezione. Si ci rende conto, da quello che dichiarò Ilardo nell'incontro romano, che lo stesso era pericoloso per il mantenimento dei progetti eversivi e per tutto quello che avrebbe dichiarato in ordine a stragi e omicidi del passato con partecipazioni di organi di Stato e di F.I..

Ilardo muore in un attentato a pochi giorni dall'ingresso in un programma di protezione e il Colonnello Riccio, che gestì l'infiltrazione di Ilardo, anche lui, come Genchi, massacrato giudiziaramente e addirittura arrestato;


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Il falso pentito Scarantino, imboccato per depistare le indagini sui veri esecutori della strage di Borsellino, dice la verità e indica chi lo imboccò falsamente dalla parte dello Stato, per dire il falso sulla strage di via d'Amelio. Emergono nuovi collaboratori come Di Matteo Santino (mezzanasca) e Spatuzza che dicono molto ma, si fermano nell'indicare anche i complici di Stato. Mentre chi poteva ed avrebbe detto tutto, delle complicità di Stato su tali fatti, si trova suicida in carcere, Antonino Gioe'. Come lui, altri strani suicidi di detenuti mafiosi che avrebbero potuto rivelare verità che non si dovevano e non si devono rivelare;

Altro falso eclatante suicidio quello del dott. Attilio Manca, luminare nella cura laparoscopica del tumore alla prostata a cui viene fatto operare, verosimilmente da organi di stato infedeli, Bernardo Provenzano da latitante in quanto, come detto, garante della trattativa stato-mafia.

Oggi, ci vengono a dire, in sentenza sui clamorosi depistaggi, che "si...!" ci sono sono state delle ingerenze e complicità di Stato, come nella sparizione dell'Agenda Rossa di Borsellino ma, ancora, si tutela chi dalla parte dello stato-mafia ha tradito, senza l'emissione di alcuna condanna...!!!

A conforto di tale ricostruzioni ci sono decine di episodi per dimostrare come tale progetto era di larga conoscenza tra i vertici di alcune Procure e dirigenze della polizia di stato e carabinieri. Ne cito alcuni:

1) Riccio dalla DIA viene riconsegnato ai ROS per un "controllo" piu' certosino sul suo operato con Ilardo;

2) non si arresta Provenzano a Mezzojuso sebbene Riccio indicò perfettamente il rifugio del latitante dove rimane latitante per altri 6 anni;

3) Santapaola viene "consegnato" alla Polizia di Stato di Manganelli, dagli uomini del boss catanese, Ercolano che rimangono "tranquillamente" all'ergastolo senza alcun segnale di voler collaborare. Si scoprirà dalle dichiarazioni di Giuffrè che gli Ercolano erano "vicini" alle posizioni di Bernardo Provenzano. Anche l'omicidio Ilardo, come emerse chiaramente al processo, venne ordinato dal 41 bis da Ercolano Aldo, sebbene mai perseguito per tale delitto. Lo dichiarano al processo, lo stesso boss che fece eseguire l'omicidio, Zuccaro Maurizio, e il collaboratore "La Causa Santo", compartecipe sl gruppo di fuoco che commise materialmente l'omicidio di Gino Ilardo;

4) sebbene dopo 5 anni del delitto Ilardo se ne conoscevano gli autori mafiosi del gruppo di fuoco santapaoliano comandato da Maurizio Zuccaro, nessuno, tra DIA e Procura di Catania, volle iniziare una doverosa indagine sul delitto. Sebbene tutti, sia alla DIA che alla Procura di Catania, erano al corrente della notizia confidenziale data dal collaboratore Eugenio Sturiale e sul vero ruolo di Ilardo. Si sono dovuti aspettare altri 12 anni, che si pente Sturiale, per fare un processo sugli autori mafiosi. Per le connessioni Istituzionali c'è un fascicolo aperto alla Procura di Catania che ancora non vede "luce"; sebbene vi sono le prove che la notizia del pentimento di Ilardo, fuoriuscì dalla Procura di Caltanissetta.

5) del covo/rifugio di Bernardo Provenzano, Riccio notiziò, prima telefonicamente e dopo con due relazioni di servizio, la Procura di Palermo su chi erano i fiancheggiatori del latitante Provenzano e sul dove era il suo nascondiglio. Mai la Procura di Palermo, chiese lumi ai Ros su quando avrebbero proceduto per la cattura di Provenzano. Le indagini sui favoreggiatori della latitanza del Provenzano, iniziarono con circa due anni di Ritardo. Altra vittima di Stato, su tali fatti, il finanziere Carlo Pulici che lavorava a stretto contatto con la dott.ssa Principato ed è al corrente di molti dei fatti citati.

Pulici viene screditato, diffamato ed arrestato anche lui da accuse inesistenti come dimostreranno, successivamente, le assoluzioni...!

Tratto da: wordnews.it

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