Passano gli anni e con essi arrivano le dichiarazioni dei pentiti, le sentenze, e la verità su alcune stragi di mafia appare sempre meno oscura. Come in un grande puzzle nel quale i pezzi si vanno pian piano ricomponendo, rendendo maggiormente visibile ciò che prima appariva ignoto e misterioso.
Eppure la verità su molti terribili omicidi è ancora lontana per i familiari di alcune vittime.
Così avviene per la famiglia del piccolo Claudio Domino, barbaramente ucciso in quel maledetto 7 ottobre 1986, che ancora attende giustizia e la cui vicenda vede ancora lontana quella verità giustamente pretesa. Una vicenda ancora oscura nella quale si vanno mischiando piste palesemente false, dichiarazioni non sempre attendibili e ricostruzioni troppo spesso contraddittorie.
Chi sono i veri responsabili di quell’orribile omicidio?
La ricostruzione secondo cui l’omicidio del piccolo Claudio Domino sarebbe da imputare a tale Salvatore Graffagnino, il quale avrebbe deciso di far uccidere il piccolo Domino perché testimone involontario di uno scambio di stupefacenti, come dichiarato da qualche collaboratore di giustizia, non sembra infatti convincente.
Non appare in effetti logico che il suddetto Graffagnino possa aver voluto far eliminare un bambino per una simile ragione, per di più in piena pax mafiosa imposta da Cosa Nostra per il Maxiprocesso in corso, esponendosi dunque a conseguenze gravissime per sé stesso.
La ricostruzione sopra richiamata risulta peraltro in chiaro contrasto con le rilevanti, quanto inquietanti, dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia ed ex boss di Caltanissetta Luigi Ilardo al colonnello dei carabinieri Michele Riccio, al quale avrebbe rivelato che dietro la morte del piccolo Domino vi sarebbe stata la mano di quel tale Giovanni Aiello, alias “faccia da mostro”, soggetto già noto alle cronache giudiziarie.
Si aggiunga altresì, a sostegno di quest’ultima pista investigativa, che un testimone oculare dell’omicidio dichiarò che l’autore del delitto era verosimilmente un uomo alto con dei lunghi capelli biondi. Descrizione che corrisponde proprio a quella di Giovanni Aiello.
Alla luce di tutto ciò, deve dunque ribadirsi che le dichiarazioni rese da Giovan Battista Ferrante e Salvatore Cancemi, sulla presunta responsabilità del Graffagnino quale mandante del delitto del piccolo Claudio Domino, prestano il fianco a dubbi e perplessità non ancora chiarite.
D’altronde, è ancora oggi aperto un fascicolo d’indagine presso la Procura della Repubblica di Palermo, il che dimostra che la Procura non ha ancora individuato mandanti, esecutori e movente dell'efferato delitto.
La verità, purtroppo, appare ancora lontana e tutt’altro che pacifica.
Lo Studio Legale Ingroia, a fianco della famiglia Domino, continua a pretendere verità e giustizia, qualunque essa sia, e chiede alla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo di indagare a fondo in ogni direzione, anche approfondendo talune risultanze emerse nel corso del processo per l’omicidio dell’agente Nino Agostino e della sua giovane moglie.
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