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Sabato 30 aprile nella città di Pinerolo (TO) si è tenuto un incontro sul tema “una nuova Italia è possibile”, senza mafie, senza corruzione, senza fonti fossili. L’evento ha visto la partecipazione delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino e Casa gas free, con il patrocinio della città di Pinerolo.  Relatori: Salvatore Borsellino, Alessandro Di Battista e l’Ingegnere Simone Scotto Di Carlo. Quest’ultimo è il promotore del progetto per la gestione delle case senza fonti fossili.

Dell’Utri - La lettura della sentenza davanti ad Arcore
Alessandro Di Battista ha incentrato il suo intervento sulla libertà d’informazione ricordando di quando ad Arcore lesse la Sentenza in cui Dell’Utri è stato condannato, in via definitiva, per concorso esterno in associazione mafiosa. “Dell’Utri è stato condannato perché ha fatto da tramite tra il boss principale di cosa nostra palermitana e Silvio Berlusconi. Questa è una sentenza in via definitiva ovvero Berlusconi scese a patti con la mafia, con cosa nostra palermitana. L’intermediazione è stata giudicata criminale e per questo Dell’Utri è stato condannato a diversi anni di carcere appunto per concorso esterno in associazione mafiosa. Io lessi questa sentenza sotto casa di Berlusconi e lui si arrabbiò. Era in diretta da Mentana e disse: “lo querelo”. Non mi ha querelato”. Il tema della libertà d’informazione è centrale nella discussione, anche quando il tentativo di condizionarla è solo velato. Alessandro Di Battista ricorda, infatti, quando andrò nel programma di Fabio Fazio a parlare di questa sentenza e il conduttore, raggiungendolo in camerino, gli chiese di andarci piano perché il paese era felice, c’era stato San Remo. Di Battista sul punto precisa: “Io avevo tutte le migliori intenzioni del mondo, moderato. Non me l’avesse mai detto. Ci sono andato giù pesante dicendo questa frase: l’Italia è un paese strano. Se dici in Tv: “cazzo Berlusconi ha pagato la mafia” c’è chi si scandalizza per il cazzo”. La libertà d’informazione diventa quindi uno snodo centrale per la rinascita del Paese. Infatti, “come si sconfigge la corruzione in Italia se i corrotti non si vergognano di aver rubato? Come possono vergognarsi di aver rubato se nessuno lo ricorda? Io anni fa quando ero populista feci una proposta e si scandalizzarono tutti, dissi: “quando invitano dei politici condannati in via definitiva nei talk show potrebbe scrivere, quanto meno la televisione pubblica, non solo il nome del politico, non so Roberto Formigoni e sotto “condannato in via definitiva per ecc. ecc.”. sarebbe bello. Uno accende e vede un talk show e legge che ne so “presidente Berlusconi condannato in via definitiva per frode fiscale”.

Conoscere l’informazione per capire la linea editoriale
Altrettanto importante è conoscere i proprietari dei giornali, per riuscire a capire quali sono le loro idee. Il problema dell’informazione si chiama “editori impuri” cioè quei soggetti che hanno enorme potere e che sono titolari di altri interessi che non hanno nulla a che vedere con “l’editoria e la libertà di stampa”. Gli Agnelli-Elkan oltre a possedere nel campo dell’editoria vari giornali a diffusione nazionale, tramite partecipazioni societarie, sono anche proprietari di “un’importantissima impresa che produce mezzi bellici che si chiama “Iveco Defence Vehicles”. È la terza impresa italiana per export di armamenti e di mezzi bellici”. In questo senso quindi “conoscere il fatto che i proprietari di quel giornale siano gli stessi proprietari di un enorme impresa che produce, tra le altre cose, non solo macchine, ma materiale bellico credo che sia un nostro diritto”. Si tratta di una circostanza che potrebbe condizionare la linea editoriale di quel giornale proprio in questo momento storico in cui vi è la guerra tra Russia e Ucraina. L’informazione oggi viene strumentalizzata e utilizzata per delegittimare chi esprime un “pensiero dissimile da quello dominante” anche se non possono zittirle tutte. Infatti, nessuno vedrebbe i talk show se vi fossero solo persone che sostengono l’invio di armi in Ucraina. Non è in discussione il legittimo diritto degli ucraini di difendersi. Tuttavia, “per me più armi invii e più si allontana l’ipotesi di un negoziato. A me fa paura che non si parli più di negoziato. Dato che ogni giorno i leader politici mondiali citano l’ipotesi di una terza guerra mondiale che sarebbe nucleare così come se citassero i risultati del campionato italiano all’ultima giornata”. Anche la priorità con cui vengono date notizie è ormai incomprensibile. Si scrive di più sulle mie scelte personali che su “un ex presidente del consiglio che si chiama Massimo D’Alema che chiamava per vendere delle armi, a nome di chi non lo so. In Colombia diceva tra l’altro, non lo sapeva, ad un ex paramilitare colombiano: “se va in porto questo affare ci saranno 80 milioni di euro per tutti noi”. Per questi motivi è prioritario occuparsi del tema dell’informazione perché relativo a temi di primaria importanza come la corruzione, la legalità, l’ambiente e le scelte del governo.

I provvedimenti adottati dall’esecutivo che non aiutano i cittadini
Nonostante Draghi venga definito come il migliore dei migliori nessuno riesce a ricordare un provvedimento di questo governo che abbia migliorato la vita agli italiani. Viene definito il nuovo De Gaulle, il nuovo Churchill, la nuova Merkel eppure è il presidente del consiglio più succube di Washington della storia repubblicana. Allora è l’informazione che ci rende liberi. È attraverso l’informazione che possiamo trovare il coraggio. Sulla questione palestinese Di Battista ricorda quello che disse il Presidente Pertini: “una volta furono gli ebrei a conoscere la diaspora. Vennero dispersi, cacciati dal medio oriente, dispersi per il mondo, adesso sono invece i palestinesi. Ecco io ancora una volta rivendico il diritto che i palestinesi hanno ad avere una Patria, una terra, come l’hanno avuta gli ebrei israeliti”. Queste frasi le disse da Presidente della Repubblica Sandro Pertini in un messaggio alla Nazione. Prese una posizione che oggi è considerata blasfema, dire che c’è apartheid in Palestina a causa delle decisioni del Governo israeliano. Un popolo che non ha una Terra”. Addirittura a Gaza vi sono circa 2 milioni di abitanti ed è “l’unica città al mondo dalla quale non si può neanche fuggire dalle bombe. Se ti vengono le bombe addosso puoi soltanto pregare Allah”. Parlare di questi temi ti espone ad attacchi. Di Battista ammette di aver cambiato idea nel corso della sua vita politica ma solo per convincimento mentre “farlo per una poltrona o per convenienza personale è corruzione mentale. Non sarà reato ma comunque eticamente deprecabile”. Il problema è anche la mancanza di memoria storica. Prima, nel corso del suo intervento, Salvatore Borsellino ha parlato di Scarantino che “è stato un falso pentito costruito in laboratorio per depistare la strage di via D’Amelio che ha causato la morte di un giudice antimafia, un eroe, suo fratello Paolo Borsellino il quale sapeva di morire”. Erano consapevoli di questo. Infatti Nini Cassarà diceva a Paolo: “ricordati che noi siamo cadaveri che camminano”. Sapevano di morire. Eppure non si sono fermati in nome della libertà. E come loro anche giornalisti come Siani e Mino Pecorelli. Quindi il coraggio e l’informazione sono importanti ma è anche necessario coltivare il dubbio in questo paese come dovere della cittadinanza attiva.


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Il problema dei depistaggi nelle stragi
Nel nostro Paese la prima strage, di fatto depistata, è avvenuta addirittura prima dell’entrata in vigore della Costituzione. A Portella della Ginestra era il primo maggio 1947 quando “furono trucidati dei contadini che chiedevano più terra”. Di Battista ricorda altre stragi in cui non si è mai giunti alla piena verità, soprattutto sui mandanti: la strage di Piazza Fontana nel 1969; la strage di Viale Lazio a Palermo in cui venne ucciso il boss Michele Cavataio, ordinata da Stefano Bontade che “incontrò personalmente negli uffici meneghini Silvio Berlusconi per stringere il Patto, diciamo di non belligeranza”. Ma perché solo io, e pochi altri, ricordo queste cose? La strage di Peteano nel 1972, strage di Brescia nel 1974, il treno Italicus, strage di Bologna in cui venne condannato in via definitiva Licio Gelli per depistaggio. Tutto questo avviene nel nostro Paese “in virtù di una debolezza politica che ad un certo punto abdica per salvaguardare poltrone, posizionamenti di potere, spazi decisionali. E ha abdicato rispetto alla lotta alla mafia. Per questo la mafia è così forte. Perché la mafia nel nostro Paese senza il supporto volontario o involontario, vile, affaristico o banalmente soltanto ipocrita di una parte della classe politica non sarebbe cresciuta come è cresciuta. Questo è il punto. Però il punto per me principale è tutto legato al tema dell’informazione”. 

La delegittimazione delle idee contrarie al sistema
Il problema resta sempre l’informazione. Come dice Travaglio “questo cocktail governo Draghi, Pandemia e guerra ha veramente ancora di più colpito la libertà di informazione e la libertà di espressione. Tant’è che tutte le persone che avevano dubbi sul green pass, che non esiste in tanti Paesi, o sull’obbligo vaccinale, che non esiste in altri Paesi, sono stati descritti come terrapiattisti”. Il solo porre qualche dubbio ha come conseguenza l’associazione al terrapiattismo, e questo è vergognoso. La conseguenza è la sfiducia della gente nell’informazione e una disaffezione alla politica da parte dei cittadini, che sempre meno la finanziano. Ai tempi delle campagne elettorali del Movimento Cinque Stelle la gente faceva la fila per “darci i soldi”. Il problema è l’informazione, “è un diritto essere informati però è anche un dovere informarsi”. È necessario cominciare a comportarsi come popolo unito, finchè “non comprendiamo che tutto quel che è pubblico è nostro, non di qualcun altro …. sarà difficile avere quell’atteggiamento adeguato, intanto per fare vergognare i ladri… ma soprattutto per far comprendere a tutti, alla futura cittadinanza che rubare alla collettività significa rubare al futuro nostro e dei nostri figli, rubare a noi stessi. Questa è la corruzione”. 

Domande dei partecipanti – il tema dell’acqua pubblica
Dopo il suo intervento Alessandro Di Battista ha risposto ad alcune domande dei partecipanti. Una di queste ha come oggetto la gestione dell’acqua pubblica. Di Battista risponde precisando “che l’acqua di fatto è stata mercificata. Perché trasformata in un prodotto sul quale fare del profitto. Se ci pensate è tutto il contrario della logica dello Stato sociale”. A Cuba per esempio c’è la presenza di una casa farmaceutica pubblica che ha sviluppato un vaccino per la cura del Covid 19 e l’ha offerto a tutta la popolazione. Bisogna considerare che “con le tasse dei cittadini si paga l’istruzione pubblica, la sanità pubblica, il Parlamento, gli stipendi dei parlamentari, le armi, infatti questo è il punto. È sempre più difficile, nel momento in cui tutto viene mercificato, mantenere il controllo pubblico”. A seguito dei recenti avvenimenti “si è smesso di parlare del rafforzamento della sanità pubblica. Perché già sembra il covid un problema lontano. Contestualmente, invece, vengono approvate le direttive. Di fatto sono ordini degli americani che sono i padroni dell’Italia” imponendo “l’aumento della spesa militare fino al 2% del prodotto interno lordo. Il che significa mediamente 14 miliardi di euro in più di spesa all’anno, nel settore della difesa, ergo anche un aumento delle spese militari”. I numeri sono spaventosi se si pensa che lo Stato Italiano investe ogni anno circa 7 miliardi di euro per l’università. Quindi le sole spese militari finiranno con il rappresentare il doppio della spesa per il sostegno dell’università pubblica. È ovvio che poi diventa difficile per i comuni la gestione pubblica del servizio idrico anche se “la Costituzione tutela, promuove, determinati diritti pubblici tra cui quello relativo ad un buon servizio idrico”. Di Battista rivendica anche il diritto di non andare al voto come scelta, e che nelle recenti elezioni presidenziali francesi al primo turno avrebbe dato la preferenza a MÉLENCHON e al secondo non sarebbe andato al voto. Bisogna abbandonare, infatti, l’idea di votare “il meno peggio”. I tanti problemi oggi presenti rischiano di farci perdere di vista altre problematiche molto gravi. Infatti, c’è un problema molto serio “legato ai postumi psicologici soprattutto per i giovani adolescenti del covid, questo è un dramma più grande di quello che ci immaginiamo da qui ai prossimi dieci anni, molto più grande”. Il primario del Bambin Gesù di Roma riporta “l’aumento dei casi di tentati suicidi o comunque di autolesioni che si infliggono soprattutto i giovani, anche i bambini”. Inoltre c’è da considerare il sempre più frequente ricorso allo “strozzinaggio di imprenditori costretti, per non chiudere, ad andare a rivolgersi, dato che il settore bancario in determinati momenti gli chiude le porte, a strozzini, a persone, ad usurai”. L’usura “è una delle armi tra l’altro principali in mano alle cosche”.

Domande dei partecipanti – il ruolo dello Stato
Viene poi introdotto il problema del reddito di cittadinanza e di come sia finito nelle tasche di soggetti non meritevoli. Di Battista però ricorda che nonostante queste situazioni si siano effettivamente verificate “comunque non mettono mai a repentaglio la giustezza di un’idea” è giusto criticare il reddito di cittadinanza ma “a questo punto cancelliamo le pensioni d’invalidità, perché ci sono falsi invalidi o proibiamo i bus pubblici perché c’è gente che non paga il biglietto”. Uno studente richiede se sarà mai possibile vedere nelle bottiglie di acqua la scritta “fornita dalla Stato italiano”. Di Battista ricorda quanto successo in Venezuela e Iran a cui sono state inflitte sanzioni per motivi tutt’altro che legati alla violazione dei diritti umani. “altrimenti le metterebbero anche ad Israele, Arabia Saudita e Turchia”. La colpa di questi Stati è di aver nazionalizzato l’industria petrolifera sulla base dell’idea che “le risorse del sottosuolo appartengono al pubblico, allo Stato, ai cittadini”. Quindi questo si potrebbe fare anche per l’acqua.

Domande dei partecipanti – la scelta di lasciare il Movimento Cinque Stelle
Il sindaco di Pinerolo ha infine chiesto ad Alessandro Di Battista come ha maturato la scelta di lasciare il Movimento Cinque Stelle. Il ragionamento parte dal governo con la Lega. Di Battista precisa di averlo avallato, non perché vicino alla lega, ma sulla base di questo ragionamento: “in quel momento la lega rappresentava per me l’unica possibilità per il movimento cinque stelle, che aveva preso il 33% su scala nazionale e in alcune regioni aveva preso 50%, di governare”. Il Governo era possibile perché pensai: “il movimento ha comunque circa il doppio dei ministri nel Consiglio dei Ministri, ha espresso anche il presidente del consiglio, perché Conte non era nel movimento cinque stelle all’epoca ma fu espressione del movimento cinque stelle, ha il numero maggiore di sottosegretari, non abbiamo la maggioranza assoluta in parlamento ma nel Consiglio dei Ministri si”. Per il secondo governo con il PD invece Di Battista aveva il timore che non fosse capito il passaggio così veloce da Lega a Partito Democratico. “Avevo quel timore. Ma io lì non me ne sono andato via dal Movimento Cinque Stelle, pur essendo critico. Quando Di Maio mi disse: “devi fare il ministro”, va bene, accettai. Lui mi disse: “stavolta non puoi esimerti, stavolta non puoi dire no”. Accettai. Questa storia che Di battista se ne lava le mani non è vera, perché accettai. Poi mi chiamò Patuanelli e mi disse che c’erano dei problemi. Quelli del Partito Democratico non ti vogliono”. Su questo punto però Di Battista precisa che i suoi ex compagni di partito avrebbero potuto mettere il veto a questo veto del PD. Sembra quasi che sia stata utilizzata da quelli del Movimento Cinque stelle per esautorarlo perché: “rompe un po' troppo le scatole all’interno del movimento. Questa però è un’interpretazione. Una circostanza però che non è frutto di interpretazione è che Patuanelli disse: “accettano solo la tua presenza nel governo se noi accettiamo la Boschi”. Così andò. Mia risposta testuale a Patuanelli, che non ha mai smentito: “se dobbiamo addirittura consentire il ritorno al governo della Boschi meglio che non c’entro io”. Andò così tant’è che poi Di Maio mi mandò un messaggio con scritto “grazie”. Di Battista ci tiene a precisare di aver detto di no per amore del Movimento Cinque Stelle perché “se facciamo entrare la Boschi, è finita”, questo è il ragionamento che feci. Ma anche in quel momento sono rimasto nel Movimento”. La scelta di fare il governo con tutti è stata un errore perchè il Movimento ha perso la maggioranza nel Consiglio dei Ministri. L’analisi di Di Battista si base sul fatto che “se Pd, Lega e Forza Italia e gli altri si mettono insieme tu sei non minoranza, di più nel Consiglio dei Ministri. Tant’è che in quest’ultimo anno è stata approvata la Cartabia, il DDL concorrenza, tutto, il movimento non è riuscito a bloccare niente, l’invio delle armi, perché sei minoranza. E io questo non è che l’ho intuito, lo sapevo. E per me lo sapevano pure i miei ex colleghi che tra la salvaguardia del movimento e la poltrona hanno scelto la poltrona. Questo è un dato di fatto”.


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L’improcedibilità della giustizia
Salvatore Borsellino,
collegato a distanza esprime con la passione che lo contraddistingue il suo rammarico, il suo sdegno per quello che sta accadendo in questo triste periodo nel nostro paese. ‘Quest’ultimo governo sta adoperando il covid come un’arma di distrazione di massa’, perché mentre l’attenzione era tutta rivolta alla pericolosissima pandemia in atto, un altro virus che attanaglia il nostro paese e il mondo intero, ovvero quel cancro chiamato sistema criminale organizzato impazza indisturbato. Secondo Borsellino la ministra Cartabia, con la riforma della giustizia, da lui meglio definita ‘controriforma della giustizia, è riuscita a fare quello che non erano riusciti a fare durante il ventennio berlusconiano’ e questo rende bene l’idea. Già, sembrerebbe proprio che il covid abbia fatto dimenticare a chi ci governa, cosa sia la mafia. Salvatore Borsellino ci rammenta come la dissociazione dall’organizzazione mafiosa, presa in considerazione nella riforma Cartabia, ‘non vuol dire nulla’ per un mafioso che ha giurato fedeltà all’organizzazione di appartenenza. Si può dissociare un terrorista, che facendo parte di un’organizzazione fortemente idealizzata, dissociandosi farebbe inequivocabilmente venire meno quel forte legame ideologico. La stessa cosa però non è valida nel contesto mafioso, dove dire mi dissocio può al limite suscitare l’ironia dei sodali criminali. Sì, perché c’è una cosa che la mafia non tollera e questa si chiama pentimento. Mi piace ricordare a tal proposito il caso di Leonardo Vitale che nel 1974 si pente, fornendo informazioni preziosissime, nomi, cognomi, indirizzi e fatti, da Riina in giù, senza che nessuno gli credesse. Non solo, il povero Vitale fu anche rinchiuso in manicomio perché parlava di cose ‘inesistenti’. Aveva invece detto importantissime verità, tanto che vennero certificate poi da Giovanni Falcone, anche se purtroppo le sue accuse non ebbero nessun seguito. Ma nonostante questo la mafia lo uccide dieci anni dopo, quando nel 1984 esce dal manicomio. Perché? Perché aveva parlato. La mafia non può tollerare che qualcuno racconti, perché la sua forza, la sua vera essenza si fonda sul silenzio, sull’omertà. Sa molto bene che i pentiti, i veri pentiti, sono la minaccia più grande, il pericolo da scongiurare. Come affermato dall’ex procuratore della repubblica Giancarlo Caselli, ‘questo potrebbe essere un memento, un ammonimento, per chi oggi discute di ergastolo ostativo’. Questo esempio emblematico rende perfettamente l’idea, la mafia non dimentica chi tradisce, chi si pente, tanto da muovere vendetta anche a distanza di molti anni come monito per tutti gli affiliati. Lo stato dovrebbe saperlo, dovrebbe averlo capito, o forse lo ha capito troppo bene. Salvatore Borsellino teme che ‘oggi si stiano pagando quelle cambiali che erano state messe al primo posto nel papello di Totò Riina, come se la mafia in qualche maniera fosse in grado di ricattare lo stato’. Riflettiamo un attimo. La CEDU ha chiesto all’Italia di ridurre la durata dei processi, problema cronico del nostro paese. Giustissimo, il problema c’è, ma l’attenzione deve ricadere sulla soluzione. Se lasciamo inalterate le cause che rallentano i processi, come l’inadeguatezza degli organici, la mancata digitalizzazione degli uffici ecc. e si introduce l’istituto dell’improcedibilità, è come se lo stato ‘rinunciasse a dare giustizia a chi è vittima di un reato’. Ancora oggi, a distanza di trent’anni dalle stragi, non conosciamo tutta la verità, non sappiamo i nomi dei mandanti, di quelle menti raffinatissime che sono all’apice della catena di comando. Vertici che il giudice Paolo Borsellino aveva probabilmente scoperto, tanto che prima di morire diceva, a futura memoria, ‘quando mi uccideranno, sarà stata la mafia ad uccidermi ma saranno stati altri che avranno voluto la mia morte’. Oggi per ottemperare alle richieste della CEDU, si stanno smantellando quegli importantissimi provvedimenti di lotta alla mafia che sono intrisi del sangue dei giudici assassinati, e che invece dovrebbero essere presi ad esempio dalle procure di tutto il mondo per combattere i sistemi criminali oramai diffusi a livello mondiale. Prende così forma l’amaro sfogo di Salvatore Borsellino quando dice che oggi si sono coniate le monete da due euro con l’effige di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ma a lui quelle monete suscitano alla mente il ricordo di quei trenta denari con i quali venne pagato Giuda per il tradimento di Gesù Cristo.

Dal pubblico giunge poi una domanda, da parte di chi proprio non si capacita di come sia possibile che il giudice Paolo Borsellino, che sapeva del suo imminente assassinio, non abbia lasciato delle tracce per condurre i futuri investigatori ai responsabili. Salvatore Borsellino spiega allora che suo fratello voleva proteggere i propri familiari ai quali non confidava notizie che ne potessero mettere a repentaglio la vita e aggiunge: ‘per il fatto che Paolo non parlava mai a casa del suo lavoro, ricordo che mi ha raccontato Lucia (figlia del giudice) che una volta erano a pranzo Paolo e i suoi familiari e alla televisione parlarono di Bruno Contrada e Lucia chiese chi è quel Bruno Contrada e Paolo saltò in aria rispondendo Lucia chi è che ti ha fatto quel nome? Guarda che quello è un nome che soltanto a nominarlo si può morire!’.

Poi ci ricorda che venne cancellato il data bank del giudice Falcone subito dopo la sua morte e allo stesso modo venne fatta sparire la valigetta contenente l’agenda rossa del giudice Borsellino immediatamente dopo la strage di via d’Amelio. Continua poi: ‘nei momenti successivi alla strage, nella casa del giudice c’era un via vai di tantissime persone, tanto che ad un certo punto Manfredi (figlio) si dovette mettere davanti allo studio perché c’era gente che non conosceva e che girava dappertutto e posso immaginare con quali intenti. Lo stesso accadde nell’ufficio al Tribunale di Palermo, dove ci fu qualcuno che andò lì a cercare e probabilmente fece sparire quelle tracce che magari poteva aver lasciato, questa è la realtà, è gente come ha detto Scarpinato che purtroppo agisce in maniera chirurgica’. E per contrastare queste menti raffinatissime, sembrerebbe ovvia la necessità di tutelare, di custodire gelosamente i rivoluzionari provvedimenti antimafia di straordinaria efficacia posti in essere da giudici illuminati come Falcone e Borsellino, mentre assistiamo attoniti al loro smantellamento.
(19 Maggio 2022)

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