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"Ieri abbiamo assistito alle audizioni, in commissione regionale Antimafia e Anticorruzione, di tutte le associazioni antiracket della Sicilia. Una iniziativa lodevole che ha fatto emergere una immagine, da parte dell'associazionismo, piuttosto variegata della lettura del fenomeno del racket e della denuncia". A dirlo è il testimone di giustizia Ignazio Cutrò. "Accanto a chi denuncia un calo vertiginoso delle denunce c'è chi invece invita ad una lettura diversa del fenomeno le cui cause andrebbero piuttosto ricercate nello scambio di interesse tra l'estorto e l'estorsore e nella reticenza degli imprenditori e commercianti - dice - Nel mezzo di queste due o più diverse letture c'è sempre lui: la vittima dell'estorsione e insieme ad esso una impresa destinata troppo spesso a fallire, a chiudere i battenti, per colpa di Cosa Nostra e per colpa dello Stato. Sì colpa dello Stato e di chi è chiamato a rappresentarlo". "Forse, e sottolineo forse, sarebbe utile che le associazioni antiracket rivedessero in modo radicale il rapporto di dipendenza o se si preferisce di collaborazione instaurato in questi anni con il Ministero degli Interni, con l'ufficio del Commissario Nazionale Antiracket, con le prefetture per arrivare anche a rinunciare ai fondi del Pon - aggiunge - Chissà che non si riesca a liberarsi anche da altre catene, certamente meno visibili per essere avvertite e destinate però con il passare degli anni a non spezzarsi tanto facilmente... Come sarebbe bello se, tutti insieme, ci prendessimo un anno sabbatico...".

Foto © Imagoeconomica

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