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Il business della morte che vale circa 2000 miliardi dollari

Il continuo aumento della spesa militare è segno dell’incessante deterioramento della stabilità internazionale. Nel 2020 la spesa militare mondiale è aumentata del 2.6% sfiorando i 1.981 miliardi di dollari, secondo il report annuale sulle spese militari del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute). Sono cifre spaventose che alimentano sempre di più un settore distruttivo che minaccia la sopravvivenza dell’essere umano e del pianeta intero. A guidare la classifica troviamo Stati Uniti e Cina, due dei maggiori paesi attualmente al centro del nuovo scontro tra grandi potenze.

Una nuova guerra fredda
La spesa nella corsa agli armamenti ha raggiunto il livello più alto registrato dal 1988, confermando l’avanzamento di un nuovo conflitto mondiale, quello dei "competitors", che vede come protagonisti Stati Uniti, Russia e Cina. I "lord of war" restano gli Stati Uniti dominando la classifica con 778 miliardi di dollari, il 4.4% in più rispetto all’anno precedente. La spesa militare degli States è in crescita per il terzo anno consecutivo e da sola vale circa il 40% della spesa globale. Segue la Cina con 252 miliardi di dollari e un aumento dell’1.9% rispetto al 2019, il 76% in più dal 2011. Il Dragone conferma la sua ascesa aumentando le spese militari per il 26° anno consecutivo, registrando così il record per la più lunga crescita ininterrotta rispetto a qualsiasi altro paese al mondo.
Questi dati ci mostrano l’impegno di Pechino nel potenziare il suo apparato militare in vista di uno scontro imminente per l’egemonia mondiale. Sull’ultimo gradino del podio troviamo l’India con 72.9 miliardi di dollari, il 2.1% in più rispetto al 2019, mentre la Russia raggiunge il quarto posto con 61.7 miliardi di dollari. I maggiori finanziatori sono gli Stati membri della NATO che da soli coprono circa 1.103 miliardi di dollari pari al 56% della spesa militare globale. Cinque dei 10 paesi con la più alta spesa militare sono membri della NATO: Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia e Italia.


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Il trend europeo
I 27 paesi membri dell’Unione Europea hanno speso complessivamente circa 194 miliardi di euro, in crescita del 4.6% rispetto al 2019 e del 24.5% rispetto al 2014. Il Regno Unito è il leader nel vecchio continente con un budget di oltre 49 miliardi di euro pari al 2.5 % del proprio Pil, seguono: Germania con 43.2 miliardi dietro Francia con 43.8 miliardi e l’Italia con circa 25 miliardi.

La posizione del bel paese
Secondo le stime dell’Osservatorio Mil€x la spesa militare italiana si attesta a circa 25 miliardi di euro, evidenziando una crescita annua del 8.1% rispetto al 2020 e addirittura del 15.7% rispetto al 2019. Ad aver provocato tale innalzamento sono i costi per l’acquisizione di nuovi armamenti, il cui totale complessivo ammonta a circa 7.3 miliardi di euro. "L’Italia ripudia la guerra...", recita così l’articolo 11 della nostra Costituzione.
Ma ci si chiede come mai la nostra spesa per gli armamenti continua a salire? Siamo tra i maggiori produttori ed esportatori di armi a livello mondiale.
Violiamo trattati che abbiamo sottoscritto vendendo tali armamenti a governi responsabili di pesanti violazioni dei diritti umani e di orribili crimini di guerra come Egitto, Turchia e Arabia Saudita.
La produzione militare italiana non è finalizzata alla difesa e alla sicurezza del nostro paese, ma risponde a logiche di profitto delle aziende produttrici di armamenti.
Il nostro Paese non può più rendersi complice di crimini contro l’umanità, ed è per questo che dobbiamo esigere un chiarimento sulla linea politica dietro alle importazioni ed esportazioni di questi sistemi militari. Il nostro governo deve mettere i bisogni umani e le urgenze ambientali al centro della politica e degli investimenti, abbandonando la cultura della guerra e promuovendo invece un cambiamento basato sulla cooperazione e sulla pace.


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Le vendite di armi nel mondo
Le cinque maggiori società di armi al mondo, secondo i dati emersi dal SIPRI, vestono stelle e strisce: Lockheed Martin, Boeing, Northrop Grumman, Raytheon e General Dynamics dominano il mercato con ricavi per 166 miliardi di dollari nel 2019, pari al 61% delle prime 25 aziende d’armi del pianeta. Il maggior concorrente è la Cina che con AVIC, Cetc, Norinco Group, CSGC incassa circa 57 miliardi di dollari.
Tra le grandi d’Europa, spicca la britannica BAE Systems che si posiziona settima a livello globale (con più di 20 miliardi di dollari in ricavi), seguita dalla multinazionale italiana Leonardo al 12° posto (con circa 11 miliardi di dollari nel 2019).
Uno studio dell’associazione International Peace Bureau (IPB) ci ha mostrato il costo di diversi armamenti rispetto a beni e servizi sanitari, tra i quali, una fregata Fremm vale lo stipendio di 10.662 medici per un anno; un caccia F-35 costa come l’allestimento di 3.244 posti letto in terapia intensiva; per un sottomarino nucleare di classe Virginia si spende quanto per 9.180 ambulanze. Sono cifre spaventose che dovrebbero farci riflettere, perché mentre ancora gran parte della popolazione mondiale vive di stenti, soffrendo la fame e la sete, non ha un lavoro, né può accedere a cure mediche, gli attuali governi portano avanti politiche criminali, alimentando gli interessi dell’intero settore militare. Perché allestire guerre e provocare conflitti conviene.
Quindi, saranno davvero le armi a garantire la nostra sicurezza? La pandemia del Covid-19 e la crisi ambientale ci hanno dimostrato che la nostra ultima salvezza sarà invece un potenziamento del welfare, della sanità e la salvaguardia del pianeta. Ma gli interessi politici, economici e finanziari rispondono purtroppo ad altre logiche e non certo a quella del popolo. Infatti, i circa 2000 miliardi di dollari bruciati nella spesa militare stanno alimentando una nuova spaventosa emergenza, forse molto più grande dell’emergenza Covid, rischiando di provocare una guerra mondiale di natura nucleare e di dimensioni terrificanti. Per garantire la sopravvivenza dell’intero pianeta è necessario che tutti i governi del mondo riducano drasticamente le loro spese militari, rispettando i dettami delle infinite dichiarazioni di pace e convenzioni internazionali ormai da tempo ampiamente violate e concentrando le proprie forze nella ricerca di soluzioni alla dilagante crisi sociale, culturale e ambientale che rischia di portare al fallimento l’intera società mondiale.

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