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Dal negazionismo alla scomunica. L'atteggiamento della Chiesa nei confronti della mafia è stato al centro di un confronto con don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nell'ultima giornata della rassegna "La via dei librai". Qualche giorno fa il fondatore di Libera ha dialogato con due ex giornalisti del quotidiano L'Ora, Sergio Buonadonna e Francesco La Licata, nell'ambito di un evento, "Dalla città dei clan alla città comunità", organizzato dalla pagina Facebook L'Ora edizione straordinaria. Alla vigilia dell'anniversario dell'uccisione di Pio La Torre, don Ciotti ha richiamato l'importanza delle norme sulla confisca dei beni mafiosi di cui il segretario regionale del Pci era stato l'ideatore con l'ex ministro dc Virginio Rognoni. Oggi, ha aggiunto, si avverte il bisogno di un impegno che vada al di là delle leggi, "nella pratica del bene comune che dovrebbe essere lo scopo di chi si impegna nel servizio della politica". Sono state quindi ripercorse le posizioni della chiesa nella lotta alla mafia passate dal negazionismo degli anni Sessanta alla scomunica di papa Wojtyla ad Agrigento. Quel grido che il papa levò nella valle dei Templi, ha ricordato don Ciotti, arrivò a seguito dell'incontro con i genitori di Rosario Livatino, il magistrato ucciso da Cosa nostra che il prossimo 9 maggio sarà proclamato beato. Don Ciotti ha quindi dichiarato che la posizione della chiesa nei confronti della mafia ha avuto un nuovo impulso con papa Francesco come dimostra un episodio a suo modo simbolico: l'incontro con i parenti delle vittime della mafia, oltre mille, in un'occasione non formale per la quale il papa ha voluto prepararsi con impegno e con cura.

Foto originale © Imagoeconomica

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