Le fiorenti concessioni di armamenti italiane a Riad durante il governo Renzi

Mentre incalzano le indiscrezioni sul brutale omicidio Kashoggi, il giornalista saudita, reo di aver aspramente criticato la condotta del principe ereditario Mohammad Bin Salman, vero mandante dell’assassinio secondo un rapporto della Cia pubblicato dall’amministrazione Biden; sembra che la stampa italiana si sia finalmente accorta dei rapporti economici e militari del nostro paese con una monarchia brutale e guerrafondaia.
Molti hanno focalizzato le loro attenzioni sul leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che giunto in Arabia Saudita per intervistare (a pagamento) il principe ereditario, ha dichiarato con decisa convinzione come il paese fosse una nazione prossima ad “un nuovo Rinascimento”. Se proprio si vuole parlare di “Rinascimento”, però, l’unico è quello delle commesse militari italiane con l’Arabia Saudita negli anni del governo Renzi (2013-2016).
Negli anni di Renzi il governo di Riad ha ottenuto infatti l'autorizzazione a ricevere oltre 855 milioni di euro in armamenti. Questo mentre le Nazioni Unite condannavano i bombardamenti effettuati dalla Royal Saudi Air Force sui centri abitati, ospedali e scuole dello Yemen, in quella guerra che ha prodotto oltre 133 mila vittime, delle quali 12.000 civili, veniva autorizzata la vendita di 20.000 ordigni commissionati alla Rwm Italia per un ammontare di 411 milioni di euro.
Nonostante la revoca del governo Conte che lo scorso 29 gennaio ha cancellato la fornitura per oltre 12.700 ordigni, i rapporti economico/militari tra i due paesi non sono mai stati tanto fiorenti.
Il 10 gennaio Luigi Di Maio ha firmato col ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, un memorandum d’intesa sul “dialogo strategico” tra Italia e Arabia Saudita. Questo grave atto ha suscitato ben poche critiche nel nostro paese, passando praticamente sotto silenzio.
Mentre di facciata dunque ci si mostra inflessibili nei confronti del bellicismo di Riyad, sottobanco si rinsalda il legame economico militare nei confronti della monarchia, che ora viene rifornita anche attraverso vie più indirette.
Il 27 dicembre 2019 il gruppo Fincantieri ha annunciato che la Marina Militare Usa aveva assegnato ad un consorzio di cui fa parte il gruppo Fincantieri Marinette Marine, la costruzione di quattro unità navali MMSC-Multi Mission Surface Combatants destinate all’Arabia Saudita, per una commessa che garantirebbe al gruppo di Trieste un miliardo e trecento milioni di dollari.
Un altro colosso italiano, la Leonardo (maggiore industria bellica italiana), assiste l’Arabia Saudita nell’utilizzo dei caccia Eurofighter Typhoon che bombardano lo Yemen.
Di questi, 72 sono già stati acquistati da Riyad attraverso il consorzio in cui la Leonardo ha il 36% della quota industriale.
Dal sito ufficiale della stessa Leonardo, viene documentato come per oltre 40 anni la compagnia abbia “fornito l'avionica e i sistemi di comunicazione del Typhoon e Tornado operati dall'Aviazione Reale dell'Arabia Saudita” e che ora rendono anche disponibili “velivoli senza pilota e soluzioni di target acquisition” (ossia droni per individuare gli obiettivi da bombardare).
Eccole dunque le basi per il dialogo strategico Italia-Arabia saudita, coperte da ridicole chiacchiere e mezze verità, per le quali ancora una volta la nostra costituzione viene tradita e calpestata. In questo senso sarebbe utile ricordare il testo dell’articolo 11 della nostra Costituzione.
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Foto d'archivio © aeroman3 is marked with CC PDM

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos