Petizione
È il titolo che mi sento di dare alle pagine che seguono in questo 25 aprile 2020, in cui il nostro paese, l’Europa tutta, il pianeta è incalzato da malattie e morti, portati a noi dal Coronavirus.
Salvare: un verbo variamente declinato. Ci sono tanti modi di salvarsi. Ora sembrerebbe infine che nell’aprile crudele noi tutti, donne e uomini, stiamo capendo e sperimentando, per forza maggiore, che ci si salva solo insieme.
Alcuni attuando piccoli sacrifici per quanto non facili da vivere, restano in casa. Altri, stando in prima linea. Medici, infermieri, portantini, donne e uomini addetti all’igiene dei luoghi pubblici, degli ospedali, delle strade, farmacisti, commesse e commessi dei supermercati, seguendo le proprie competenze si confrontano con il Virus.
Medici e infermieri, in particolare, si confrontano con l’agonia nella morte di vecchie e vecchi soli, mettendo a rischio la propria vita.
Ognuno di noi vivrà questo giorno che ci ricorda il 25 aprile 1945 di vera liberazione e gioia, non potendo scendere in piazza, affacciandosi ai balconi e alle finestre per scambiarsi un saluto a distanza, esponendo il tricolore, virtualmente comunicando, oppure nel silenzio del dialogo con i nostri angeli custodi, con i nostri cari, madri, padri, nonni che ci accompagnano dai loro territori segreti. Sarà il giorno della memoria, dei ricordi che non dovremmo mai mettere in soffitta. Non per abbarbicarci a ciò che fu, ma per trarre linfa per ciò che sarà.
Anche la perdita della “memoria” storica è come un Virus che incombe da sempre su di noi. E quindi, in questo 25 aprile “Salviamo Tina Anselmi”, le sue compagne e compagni partigiani, dall’oblio. E accomuniamo in questo ricordo i nostri cari, i nostri amati vecchi, per molti nonni e nonne aggrediti dal Virus nel momento più delicato, più sublime, per certi versi, delle loro vite.
E non trovo modo migliore, da parte mia, di mettere un tassello alla memoria unendo passato e presente, che riportare alcuni ricordi inediti rimasti in me dalle lunghe conversazioni che ho avuto con Tina e che riguardano la sua amatissima nonna Maria.
Da quando fu svezzata, Tina andò a dormire con la nonna Maria. […] Alla bambina capitava spesso di provare le stesse emozioni, quasi che i pensieri della nonna la raggiungessero per strade segrete, nascoste. Forse, da tanto stare vicine di notte, i loro corpi si parlavano nei sogni. Non c’era niente da fare, i legami di sangue sono rinforzati dal silenzio delle notti, dal cielo stellato o cupo, dai rumori degli animali notturni. I corpi vicini si sfiorano e i sogni s’incrociano e si confondono.
Le donne per memoria antica conoscevano la verità. Loro che aspettavano il ritorno di coloro che spesso non sarebbero tornati, temevano l’odio, il ricorso alla violenza e non s’illudevano. Le loro voci erano mute da secoli. Salvo per alcune che osavano e raccontavano. La nonna, lei sapeva farsi ascoltare. Nei momenti bui, nelle grandi adunate fasciste a Castelfranco, nell’assenza del padre, il socialista che i gerarchi prelevavano per dargli la sua reazione punitiva di olio di ricino, nella casa delle donne, la nonna esortava a sperare. Dava forza. Rompeva il silenzio. Aveva fiducia nelle persone, nonostante tutto. “Non sarei cristiana se non pensassi che fino all’ultimo respiro un essere umano potrà redimersi”.
Tina Anselmi, la prima a sinistra
1937. Era l’inizio freddo di un giorno autunnale.
La notte appena trascorsa la nonna aveva sempre tossito e il dottore che era venuto a visitarla il giorno prima, non aveva dato molte speranze.
La bambina aveva sentito tutto benché avessero tentato di allontanarla, era rimasta incollata agli adulti. Nessuno l’avrebbe tenuta lontana dalla nonna.
La polmonite non lasciava la presa. È contagiosa.
La bambina non si decideva ad andare a scuola.
Stava per uscire, salì di corsa le scale. Davanti alla porta della nonna Fritz, il bastardino, che era al solito posto steso sugli zoccoli della nonna, si fece di lato.
Tina entrò a piccoli passi.
“Volevo salutarti prima di andare a scuola”.
Nonna Maria aveva il visto scavato, la nipote lo notava per la prima volta.
“Nonnina… non mi faranno più dormire con te… ma tu poi guarirai”.
“Bambina tutto è come deve essere”.
La nipotina si avvicinò al letto le diede un bacio sulla fronte.
“Ti voglio bene, nonna, tanto”.
“Lo so”.
Le diede un altro bacio.
“Mi piacevano questi tuoi baci… Vuoi che porti un pensiero tuo al Cielo”.
“No, tu resti”.
“Un pensiero e poi accadrà quello che…”.
“Porta la tua mantella verde chiaro nonnina…”.
“Bel colore… non ne avrò bisogno e non è un pensiero”.
“Grida a tutti che…”.
“Gridare, non so se potrò in Cielo”.
“Dì a tutti che ti adoro e sei la mia unica nonna, ti prego…”.
La bambina iniziò a piangere.
La nonna le accarezzò i capelli.
“Ora vai, devi andare a scuola”.
“Nonna!”
“Tina… tu sei forte”.
“No, oggi no”.
“Mi porterai sempre con te”.
La nonna le sorrise. Era il sorriso di sempre che riscaldava il cuore della nipote.
“Ora però voglio restare sola…”.
“Sì”.
“Vai dalla mamma”.
“Hai tutto in ordine per andare…”.
“Sì, cuore mio”.
“Un ultimo bacio, nonna”.
“E un ultimo saluto”.
La bambina uscì piangendo senza ritegno. Fritz le leccò le mani. Tina corse verso la stanza dei genitori. La porta era socchiusa, Piero, il fratellino, dormiva nel lettino.
La mamma le andò incontro. La prese in braccio con fatica.
“Sei grande”.
“No!”. Non era un no alla madre, era un rifiuto a ben altro.
Dopo due giorni la nonna morì, all’alba. La bambina, come aveva lasciato detto la nonna, non doveva vederla morta. Si erano già salutate, a modo loro.
Roma 25 aprile 2020. Anna Vinci
Firma la petizione
Appello a Rai Fiction
Fate ripartire la produzione del Film Tv su Tina Anselmi
"TINA ANSELMI"
Da un romano a una veneta
di Luca Fiorentino
Sarà stata der nord..demogristiana
Ma l'anima de più certo che vale
Faceva la staffetta partiggiana
E combatteva er mondo criminale
Da romano te dico che pò esse
Che quer ricordo pozza restà escluso
C'è ggente ancora solo si potesse
Mannerebbe er suo sforzo via deluso
'Nvece noi co' le parole sue
Dovemo da provà che la mestizzia
Che c'ariporta sempre alla piddue
S'aripò trasforma' ne la giustizzia
Mettemoce la vita che c'ha dato
Cor rischio de la pelle e sta rovina
Magara cambia c'aiutasse er fato
E ppuro in più l'eredità de Tina
Che a noi ce impara che non solo l'ermi
Sarveno la capoccia a chi se lagna
Ma proseguimo come Tina Ansermi!!
Pecora sei? Er lupo te se magna