di Paolo Borrometi e Sandro Ruotolo
“Carola Rackete senza reggiseno in Procura”.
È questa l’ultima, straordinaria, inchiesta di Libero.
Il titolo è già evocativo, ma nel testo ci sono ulteriori dettagli che cambieranno la storia del nostro Paese.
Il problema non sono i reati di cui è accusata la capitana della Sea Watch, ma i capezzoli che si intravedono dalla maglietta nera.
Senza entrare nel merito dei reati, per i quali la capitana risponderà ai Magistrati, la colpa, secondo il quotidiano di cui è direttore editoriale Vittorio Feltri, è quella di non aver indossato il reggiseno.
Una colpa mostruosa, degna della pena di morte.
Una grande inchiesta. E da questa inchiesta il via ai commenti, sul web, sessisti e volgari verso la capitana.
Bisogna aprire una grande discussione sull’essere giornalista oggi.
Ci sono dei limiti giornalistici e sono, lo ribadiamo, il rispetto della persona, della sua dignità, del suo rimanere “essere umano”.
Andiamo oltre Feltri (per la cui radiazione dall’ordine hanno firmato più di centomila persone). Affrontiamo un tema che è quello della dignità umana.
Lo chiediamo all’Ordine, al Sindacato, alle associazioni.
È arrivato il momento di guardarci profondamente dentro.
Restiamo umani, al di là delle nostre legittime idee e convinzioni politiche.
Abbiamo una grande responsabilità: quella di informare i cittadini.
Tratto da: facebook.com/1438846669704253
I capezzoli di Carola Rackete e la vergogna giornalistica!
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