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di Salvo Vitale
Il nome di Vito Nicastri è tornato prepotentemente alla ribalta in un’inchiesta condotta dalla Procura di Palermo su un giro di mazzette che dalla Regione conduce a Roma e ad esponenti della Lega come Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia e il sottosegretario alle infrastrutture della Lega Armando Siri, accusato di avere intascato una mazzetta di 30 mila euro in cambio di una promessa, poi non andata in porto, di fare degli “aggiustamenti” alla proposta di legge in Parlamento sulle energie rinnovabili. Qualche giorno dopo che il nome del sottosegretario è stato reso noto e che gli sono state ritirate le deleghe da parte del ministro Toninelli, il pm della dda di Palermo Gianluca De Leo ha chiesto per Nicastri la condanna a 12 anni di carcere per concorso in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, dopo che in passato gli era stato sequestrato un immenso patrimonio economico di un miliardo e 300 mila euro. Nicastri dal 2018 è agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso in associazione mafiosa ed è considerato un fedelissimo di Matteo Messina Denaro. E’ tornato in carcere per “evasione” dagli arresti domiciliari.
Originario di Alcamo, 62 anni, l’imprenditore è uno dei volti nuovi di Cosa Nostra, appartenente alla cosiddetta “zona grigia”: il Financial Times qualche anno fa lo aveva definito "il signore del vento", grazie ai suoi investimenti nell'energia eolica. I suoi interessi si sono estesi nella zona di Palermo, con i Lo Piccolo e in Calabria in accordo con gli ndranghetisti di Platì, Africo e San Luca. Ha cominciato ad occuparsi del settore eolico, diventando in poco tempo uno “sviluppatore” nazionale, ovvero un programmatore che forniva ciò che occorre per realizzare questi impianti di energia rinnovabile, sia dal punto di vista tecnico che economico. Tra il 2002 e il 2006 ha avuto il più alto numero di concessioni in Sicilia per costruire parchi eolici per un migliaio di megawatt, poi rivendute agli operatori del settore. I suoi primi guai giudiziari cominciano nel 1994 quando egli parla con i magistrati della Procura di Palermo del grande affare che ruotava torno al fotovoltaico, sostenendo di aver pagato tre miliardi delle vecchie lire al segretario particolare dell'assessore all'Industria come “contributo per le campagne elettorali del PSI”. Quei soldi servivano per assicurarsi i finanziamenti che ruotavano attorno all'installazione degli impianti. Grazie alle sue confessioni Nicastri ha patteggiato una condanna a un anno e sei mesi. Altri guai nel 2009 con l'operazione "Eolo" ricca di retroscena sulle connessioni affaristico-mafiose per la realizzazione di alcuni impianti eolici nel territorio di Mazara del Vallo: il nome di Nicastri compare tra le compravendite delle società coinvolte nell’indagine. Ma anche dalla Procura di Avellino arriva un’accusa nell’operazione "Via col Vento". I reati contestati sono i soliti, ovvero quelli di truffa consumata e tentata in danno dello Stato, finalizzata al reperimento di finanziamenti pubblici per la realizzazione di parchi eolici.
Il 13 settembre 2010 la Direzione Investigativa Antimafia sequestra a Nicastri beni per un miliardo e trecento milioni di euro ivi comprese 43 tra società e partecipazioni societarie legate al settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, 100 beni immobili fra ville e palazzine, terreni e magazzini, 7 fra autovetture, motocicli e imbarcazioni e 66 cosiddette "disponibilità finanziarie" fra conti correnti, depositi titoli, fondi di investimento, polizze assicurative 43 tra società e partecipazioni societarie legate al settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, Nel 2012 è arrestato nell'operazione "Broken wings" per un giro di mazzette chieste per l'apertura di impianti di energia eolica e si ipotizza che Nicastri sia al vertice di un triangolo composto da imprenditori, politica e mafia. E se il primo destinatario di “mazzette” è stato, a partire dagli anni ’90 il PSI, nel 2008 lo troviamo implicato con Riccardo Savona, deputato regionale Udc e presidente della commissione Bilancio dell'Ars, a cui vengono effettuati tre bonifici da 5 mila euro. E successivamente è a stretto contatto con l’on. Mimmo Turano, già Presidente della Provincia di Trapani. Con costui, diventato deputato regionale e membro della commissione Attività Produttive all'Ars, Nicastri effettua un viaggio d’affari in Tunisia a bordo di un aereo privato. A quel viaggio partecipano Vito Nicastri, Gioacchino Lo Presti (futuro presidente della Megaservice e nel consiglio di amministrazione dell'Airgest), Filippo Inzerillo (in seguito anche lui nel Cda della Megaservice), F. B. (imprenditore dell'eolico il cui nome è comparso tra le compravendite delle società coinvolte nell'operazione Eolo) e Davide Fiore, socio in diverse attività con Nicastri. Di quel viaggio non si saprà nulla.
Nel febbraio 2015 Nicastri è condannato dal Tribunale di Milano a quattro anni di carcere per omessa dichiarazione dei redditi e per truffa aggravata ai danni dello stato, condanna poi ridotta a due anni e sei mesi in appello,(16.11.2015) essendo caduta l’accusa di appartenenza mafiosa: la sentenza conferma il sequestro di 10,8 milioni di euro, anche se sono stati esclusi gli indizi di appartenenza mafiosa e gli è stata restituita una lussuosa villa a Monte Bonifato, di proprietà del figlio.
Il 20.12.2016 altro sequestro, nel trapanese, di aziende che si occupano del settore eolico, nel corso dell'operazione denominata Hermes 2. Dalle intercettazioni, e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, cognato di Messina Denaro, emerge un ruolo di primo piano della mafia nel controllo dell’eolico. Secondo Cimarosa, ora morto, Nicastri sarebbe uno dei finanziatori della latitanza del boss castelvetranese, al quale avrebbe fatto pervenire una borsa di soldi attraverso un altro uomo d’onore Michele Gucciardi. Secondo l’accusa, un vero e proprio accordo sarebbe stato suggellato tra Filardo e Vito Gondola rappresentanti delle "famiglie" di Castelvetrano e Mazara del Vallo, per controllare il settore dell’energia. Nell'operazione è rimasto coinvolto un giornalista antimafia, Filippo Siragusa, accusato di fittizia intestazione di beni e sottoposto all'obbligo di dimora e di firma: avrebbe creato, insieme ad altre tre persone, una società, la Medio ambiente società coop, che sarebbe stata la prosecuzione della Mestra srl, ditta degli imprenditori Loretta, sponsorizzati dal capomafia di Mazara del Vallo Vito Gondola. Di quell’impero oggi resta ben poco, neanche il grande yatch a vela, oggi confiscato, dove Nicastri ha ospitato, a pagamento, il cantante Marco Masini, in occasione della festa di compleanno della figlia. Le sue attuali manovre nel campo delle energie eoliche e alternative parlano di un giro di affari di dieci miliardi di euro.
Le vicende di Nicastri dimostrano come, andando oltre la sua tradizionale identità parassitaria legata alle tradizionali pratiche del pizzo, la nuova imprenditoria che rientra nella sfera di controllo di Cosa Nostra diventa l’elemento centrale per l’accumulazione del capitale e gli uomini d’onore, anche senza bisogno di esplicite affiliazioni, non esitano a realizzare investimenti in alcuni settori, anche di tecnologie avanzate, attraverso esperti professionisti e con il ricorso anche a contributi statali o a fondi europei.
Rispetto all’intraprendenza di costoro lo stato, avvolto nelle sue pastoie o rappresentato da gente incapace, rischia di arrivare, quando arriva, con molto ritardo e si trova davanti al proprio fallimento, oppure al coinvolgimento di suoi rappresentanti politici nell’espletamento delle adempienze burocratiche che favoriscono il decollo economico delle aziende private solo con il collaudato sistema della corruzione.

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