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di Mattia Fossati
Ecco come le mafie hanno conquistato il Veneto e il Friuli

Il Nordest è una terra di mafie. Un luogo in cui i gruppi criminali non sono stati importati dal Sud Italia ma sono nati e cresciuti in questo territorio. Dal bandito Adriano Toninato al boss Felice Maniero. Due regioni che, dopo il pentimento di Faccia d’angelo, credevano di avere risolto i propri problemi con la criminalità. Salvo poi, le ultime inchiesta della Dda di Venezia lo certificano, riscoprirsi fortino della malavita organizzata, dove i boss di Cosa Nostra, della ‘Ndrangheta e della Camorra hanno delocalizzato le loro principali attività.
Ecco che cos’è “Comandiamo noi - L’eredità di Felice Maniero e i nuovi padrini del Nordest”. È la un libro-inchiesta che ricostruisce, fotogramma per fotogramma, la storia criminale del Triveneto. Dalla mala del Brenta ai Casalesi di Eraclea.
Un modo per capire come le nuove mafie hanno allungato i propri tentacoli sulle due regioni più ricche e industrializzate d’Italia.
Nel 1994, quando Felice Maniero, il capo indiscusso della mala del Brenta, ha deciso di collaborare con la giustizia è finita un’epoca. Il Veneto, da sempre sotto il controllo dei ragazzi del Piovese, è diventato terra di conquista per le altre principali organizzazioni criminali italiane e straniere. Una sorta di eredità quella di Faccia d’angelo che, però, nessuno è riuscito ancora a cogliere poiché le nuove mafie non hanno fatto fronte comune ma si sono equamente spartite il controllo del territorio e dei settori criminali della banda di Felix.
In questo modo, Cosa Nostra ha messo gli occhi sul Tronchetto, un racket consistente nel caricare le frotte di turisti, che ogni giorno arrivano in pullman a Venezia, sui lancioni della malavita proponendo un giro (ad un prezzo molto vantaggioso) per le isole della laguna.
Un business, storicamente sotto la supervisione della banda dei mestrini, fedeli alleati di Maniero sin dai tempi della notte dei cambisti, che frutterebbe non meno di 200 milioni di euro all’anno. Completamente in nero, si intende.
Le cose però, dai tempi di Felicetto, sono cambiate. Ora, le mafie nel Nordest non puntano più a gestire i traffici storici della malavita, come lo spaccio di stupefacenti. I rischi sono troppi e la torta, in fin dei conti, è sempre la stessa. I gruppi criminali preferiscono rifornire di droga piccole bande di nigeriani o di albanesi, pretendendo in cambio una tangente. Una sorta di pizzo per poter lavorare.
Ed è esattamente ciò che ha fatto il clan dei Casalesi ad Eraclea.
Una banda che dal 1996 ha “preso il posto” della mala del Brenta impossessandosi del Litorale di Jesolo e spodestando di fatto anche lo storico boss Silvano Maritan.
I bravi ragazzi di Casal di Principe erano riusciti a creare una rete criminale basata sull’usura e sulle estorsioni ai danni di imprenditori veneti. Un sistema finanziato, secondo i collaboratori di giustizia, anche dalla “casa madre”, vale a dire dal clan Schiavone.
Ed è emblematico che la cosca dei pischelli trapiantati in Veneto sia riuscita a stringere i propri tentacoli attorno al municipio di Eraclea, il cui Sindaco Mirco Mestre è arrestato con l’accusa di aver ricevuto i voti del clan in cambio di alcuni favori, come “l’appoggio amministrativo” per realizzare un impianto di biogas.
La conseguenza dell’inchiesta della Dda lagunare non ha tardato ad arrivare: il comune di Eraclea è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. È il primo in Veneto.
Un modo più marcato per dire che oggi nel Nordest ci sono nuovi padrini.
Ecco perché scriverci un libro a riguardo.

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