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travaglio fittipaldi spadoni c imagoeconomicadi Francesca Scoleri - Video
Intervento di Marco Travaglio, Direttore de Il Fatto Quotidiano all’evento: “Giornalismo d’inchiesta pilastro di democrazia” alla Camera dei Deputati.



“La vicenda trattativa Stato-Mafia ha interessato buona parte del suo lavoro, con libri, spettacoli teatrali, inchieste, Lei ha cercato di far comprendere agli italiani che cosa davvero ha rappresentato quella convergenza di intenti, tra due soggetti che dovrebbero essere naturalmente contrapposti. Crede che i cittadini italiani abbiamo davvero capito le conseguenze di quegli equilibri politico-mafiosi?”

Rispondo subito: NO.

Mi scuso in anticipo perché dopo esser intervenuto devo scappare, devo partire per la Sardegna perché ho un processo domani mattina presto. Quello dei processi per diffamazione, attiva o passiva, intentati contro i giornalisti, o che i giornalisti son costretti ad intentare contro chi a loro volta li diffama, è un bel tema. Ma non è il tema di oggi. Certamente è uno dei fattori che contribuiscono a rendere più servile e più intimidita una stampa che già tradizionalmente nella sua media generale lo è.

E quindi io apprezzo molto il fatto che qui in Parlamento si incominci a parlare di questi temi. Devo dire la verità, a me non era mai capitato di esser invitato in Parlamento a parlare di Trattativa Stato-Mafia. Anzi, se c’era un posto dove questa parola credo non sia mai stata pronunciata è proprio questo. E’ un buon segno di cambiamento, ma secondo me sarebbe un buon segno di cambiamento se tutti i politici, quelli nuovi, quelli vecchi, imparassero a smetterla di parlare dei giornalisti, di dare le pagelle ai giornalisti, di elogiare quelli che parlano bene di loro, di attaccare quelli che parlano male di loro. E’ un malcostume che deve finire, perché purtroppo contribuisce a rendere l’informazione ancora più servile di quanto già non sia. E si aggiunge al tema delle “querele temerarie”, delle cause civili ultra-temerarie, che i giornalisti di un certo tipo accumulano durante tutta la loro carriera.

Io sulla trattativa Stato-Mafia mi son sempre domandato perché ci fosse tanta reticenza nel parlarne. E non solo da parte dell’informazione, ma per quale motivo questo processo – e Nino Di Matteo ne sa qualcosa – imbarazzasse così tanto la corporazione della Magistratura oltre naturalmente la politica trasversale. Che la politica trasversalmente non volesse sentir parlare di “trattativa”, diciamo, era abbastanza comprensibile, nel senso che “parlare di corda in casa dell’impiccato” è sempre spiacevole per l’impiccato.

Dato che questa trattativa è iniziata nel ’92 quando governava il Centro-Sinistra, diciamo Prima Repubblica e si è conclusa nel ’94, con l’ascesa al Governo di Silvio Berlusconi e il varo del Centro-Destra, Seconda Repubblica. E’ evidente che il più pulito aveva la rogna, e quindi è evidente che nessuno volesse che s’andasse a scandagliare quel terreno. La domanda riguarda il giornalismo, noi oggi parliamo del giornalismo d’inchiesta; il giornalismo che si è occupato o non si è occupato delle inchieste e poi del Processo e della Sentenza sulla Trattativa Stato-Mafia non è il giornalismo d’inchiesta, è il giornalismo sulle inchieste, cioè la cronaca giudiziaria.

Perché naturalmente è una cosa molto diversa dal giornalismo d’inchiesta. Il Giornalismo d’inchiesta non è quello che riferisce le indagini della Magistratura, l’andamento dei processi, le motivazioni delle sentenze, eccetera. E quello che scopre con le proprie inchieste scopre dei fatti che poi possono anche originare delle indagini penali. A volte poi non sono fatti penalmente rilevanti e quindi riguardano semplicemente fatti di interesse pubblico.

A volte il giornalismo d’inchiesta, ha addirittura anticipato il lavoro della Magistratura. Anche perché i giornalisti non sono tenuti a raggiungere un tale livello di prove come quello che son tenuti a raggiungere i Magistrati per poter ottenere un arresto, un rinvio a giudizio, un decreto di perquisizione. Quindi noi, da questo punto di vista abbiamo qualche agevolazione in più per arrivare alla nostra verità, la verità giornalistica è molto diversa anche dal punto di vista del livello probatorio, rispetto alla verità giudiziaria, alla verità processuale.

E quindi mi sono domandato: è possibile mai che noi abbiamo una vicenda così enorme, così clamorosa, che secondo me se la scoprisse uno sceneggiatore americano, altro che “Il Padrino”. E mi domando per quale motivo uno sceneggiatore italiano non c’ha ancora fatto una serie che sarebbe infinitamente più interessante di quella di “Gomorra”. E “Gomorra” è una serie molto interessante ma riguarda uno dei tanti Clan della Camorra in una terra abbastanza decentrata. Qui stiamo parlando di Presidenti del Consiglio, Ministri dell’Interno, Ministri della Giustizia, altissimi Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri, i massimi vertici di Cosa Nostra, non Pietro Savastano.

Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, quelli che hanno fatto saltare in aria l’autostrada di Capaci, e poi la piazza antistante l’abitazione della madre di Paolo Borsellino. Stiamo parlando dei massimi livelli dello Stato e della Mafia, processati, coinvolti ed alla fine raggiunti da una sentenza che fa accapponare la pelle, per chi l’ha voluta leggere. Io c’ho passato l’estate e non l’ho ancora finita e la sto finendo. Io mi son sempre domandato come sia possibile tanto silenzio.

Perchè tanto silenzio? E’ un silenzio che mi ricorda il “Processo Andreotti”. Il Processo Andreotti voi sapete che è stato accompagnato da diffidenze, minimizzazioni, irrisioni, e alla fine è arrivato ad una sentenza che ci ha testimoniato come siamo stati governati per sette Governi da un signore che era associato a Cosa Nostra fino almeno alla primavera del 1980, avendo cominciato a fare politica nel 1946, era un bel periodo, e dopo assolto per “insufficienza di prove”.

E tutti gli italiano sono conviti che sia stato assolto, cioè che non c’entrasse nulla con la Mafia. Lì la spiegazione, anche se Andreotti è stato processato praticamente da morto, politicamente parlando, era che un intero ceto dirigente non voleva minimamente passare alla storia come una classe dirigente collusa. E quindi la spiegazione delle bugie che sono state raccontate, scambiando la ‘prescrizione' per ‘l’assoluzione' mentre ne era esattamente l’opposto, a leggere le motivazioni della sentenza.

Bene, tutto quello aveva una spiegazione. Sulla Trattativa Stato-Mafia c’è ancora di peggio, perché mentre il caso Andreotti si basava prevalentemente su parole di Mafiosi pentiti, collaboratori di giustizia, e quindi si poteva dire che si erano messi d’accordo in 30 o in 40 anche se non si erano mai parlati tra di loro (e non si erano mai conosciuti) per attaccare questo sant’uomo. Il Processo sulla Trattativa Stato-Mafia diciamo che sta in piedi, pulito e lindo, anche se si eliminano tutte le parole e tutti i collaboratori di giustizia.

Nella sentenza i Giudici fanno una scelta addirittura più drastica, eliminano del tutto le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, che è il testimone-imputato che a un certo punto decide semplicemente di raccontare quello che gli raccontava suo padre, quello che vedeva a casa sua e dio suo padre, e quali incarichi riceveva da suo padre per andare a ritirare o portare pizzini, papelli o fare un po’ il ragazzo di bottega del padre che stava agli arresti domiciliari e incontrava ufficiali dei Carabinieri eccetera.

I giudici hanno detto: “Lasciamolo perdere… mettiamolo da parte, basiamoci soltanto sui fatti riscontrati sui documenti, sulle dichiarazioni…”. Non dei pentiti, dei Politici, che hanno tutti quanti ritrovato la memoria dopo 20 anni di letargo proprio quando Ciancimino con le sue rivelazioni (poi i Giudici le hanno messe da parte ripeto) si sono accesi improvvisamente ricordando nitidamente 20 anni dopo, ciò che 20 anni prima – che in teoria avrebbero dovuto avere la memoria più fresca – non ricordavano. E questo processo quindi si basa su fatti. Su fatti che non sono venuti fuori il giorno in cui è stata pronunciata la sentenza alla metà di aprile di quest’anno, un mese e mezzo dopo le elezioni.

Fatto non casuale, secondo me. Dubito che si sarebbe trovato il coraggio di fare una sentenza così esplicita se fossero stati ancora al Governo coloro che lo sono stati nei 25 anni successivi alla “Trattativa”. Non è un caso che questa sentenza venga fuori, secondo me, è la mia opinione, proprio nel momento esatto in cui coloro che hanno avviato la “trattativa”, e coloro che l’hanno chiusa, sono usciti dall’area di Governo, sbattuti fuori a calci dagli elettori. E questo la dice lunga su quanto è difficile tradurre in pratica il principio costituzionale dell’indipendenza della Magistratura. “Mani Pulite” poté scoppiare soltanto quando la Prima Repubblica era finita.

La sentenza sulla “trattativa” così come la leggiamo ha potuto uscire soltanto dopo la morte di quella che abbiamo chiamato, forse abusivamente, Seconda Repubblica. Ci sono dei fatti in quella sentenza che non sono stati scoperti a metà aprile di quest’anno. Questi fatti si sono cominciati a scoprire a far data dalla metà, circa, del 1996, cioè 4 anni dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio, 22 anni fa, quando Giovanni Brusca interrogato come imputato nel processo di Firenze per le stragi del ’93 di Roma-Firenze-Milano, raccontò che Salvatore Riina gli aveva detto che le stragi funzionavano, che la strategia stragista pagava, che i Carabinieri si erano fatti sotto, che lo Stato era venuto a chiedere un Patto e che lui gli aveva fatto un “papello” così di richieste.

E chi fu interrogato subito dopo? Furono interrogati i Carabinieri che erano stati citati da Giovanni Brusca e cioè il Generale Mori e il Capitano De Donno. I quali non è che andarono davanti alla Corte d’Assise di Firenze a dire “non è vero niente”, “è un calunniatore … è il solito pentito”, dissero “sì è vero andammo da un mafioso, Vito Ciancimino e avviammo una trattativa”, la chiamano così entrambi, nel ’96. C’è un filmato sul web.

Per sapere cosa voleva la mafia per interrompere e chiudere la stagione delle stragi. A quel punto hai il rappresentante della Mafia che dice che Riina gli raccontò della ‘trattativa‘, hai i rappresentanti dello Stato che hanno condotto quella ‘trattativa‘, che la chiamano entrambi ‘trattativa‘, ma di quale prova abbiamo ancora bisogno, non noi Magistrati (perché io non faccio il Magistrato e non mi interessa) ma noi giornalisti per dire che c’è una una ‘trattativa‘.

Dopo di che uno la può valutare, e poi gli avvocati, i magistrati i giuristi diranno ‘è un reato‘ o ‘non è un reato‘, ‘è quel reato lì…. violenza e minaccia a corpo politico dello Stato’, ‘è un altro reato‘, ‘non è reato‘, ‘è a fin di bene… è per la ragion di Stato‘, si può dire tutto quello che si vuole, ma almeno, cavolo, mettiamo un punto fermo. La chiamano ‘trattativa‘ tutti, da tutte e due le parti che l’anno fatta. Eh no.

Noi per 20 anni abbiamo sentito dire o letto sui giornali, su tanti (non su tutti per fortuna), la ”presunta trattativa”, la ”cosiddetta trattativa”, la ”supposta trattativa”, ”l’eventuale trattativa”, e continuano a dirlo anche adesso che c’è una sentenza di primo grado e continueranno a dirlo probabilmente anche dopo che ci sarà una sentenza definitiva. Come se le sentenze potessero cancellare i fatti. Le sentenze possono inquadrare i fatti giuridicamente in un modo o nell’altro, possono dire ‘quello l’ha fatto … quello no‘, ‘quello ha fatto un reato … quello no‘, ma non possono cancellare un fatto che è assolutamente assodato dal 1996, non ci sarà nessuna sentenza che dirà che non c’è stata ‘la trattativa‘, bisogna che ci si rassegni.

Anche quelli che non amano sentirsi dire che lo Stato ha sempre fatto il “doppio gioco” e nel 1992 con il “doppio gioco” pubblicamente annunciando guerra dura alla Mafia e sottobanco trattando con la Mafia, non ha fatto altro che rafforzare la Mafia e prolungare una stagione di stragi, che se non si fosse fatta la ‘trattativa‘ sarebbero probabilmente finite prima. Lo sappiamo benissimo. La piaga dei sequestri di persona a scopo di estorsione da parte dell’Anonima in Calabria dei briganti sardi e delle loro propaggini nel centro e nel nord Italia è stata stroncata dopo tanti anni dopo tanti morti e tanti rilasciati, quando lo Stato ha disposto semplicemente il sequestro dei beni.

Cioè ha vietato ‘le trattative‘ tra i familiari e i sequestratori. Sappiamo benissimo che il terrorismo è finito, anche se ha avuto una lunga coda a strascico di sangue, quando lo Stato ha deciso di non trattare per il rilascio di Aldo Moro e di non riconoscere politicamente le Brigate Rosse. Che badate non è che chiedessero delle leggi a favore di sé medesime, chiedevano semplicemente un riconoscimento politico con la liberazione di qualche detenuto che non si fosse macchiato di reati di sangue.

Tant’è che qualcuno stava trattando, ma fu preceduto dall’assassinio di Moro. Quì la Mafia chiedeva di smantellare la legislazione antimafia e ha ottenuto una parte di quello smantellamento, perché poi negli anni successivi quella trattativa che sia era chiusa nel ’94 con la fine delle stragi per dare modo e tempo al Governo Berlusconi di rispettare gli impegni, produsse degli effetti tutti a vantaggio di Cosa Nostra.

Furono chiuse le Supercarceri di Pianosa e Asinara. Fù ammorbidito sempre più il 41bis dopo che erano stati revocati i 41bis a 343 mafiosi. Noi per 2 anni abbiamo abolito l’ergastolo. Nessuno se lo ricorda. Ma il Centro-Sinistra nel 1999 abolì l’ergastolo estendendo il rito abbreviato per il reato di strage con i relativi sconti. L’ergastolo per le stragi diventava 30 anni. Per 2 anni c’è stato quel buco. E’ stata devastata la legge sui pentiti. Da allora praticamente di pentiti importanti non ce ne sono più stati.

Non si è fatto tutto. E questa è la ragione per cui coloro che hanno preso impegni 25 anni fa… tremano. Perchè adesso non hanno neppure più il potere di rispettare quegli impegni perché hanno perso gli uni e gli altri, per la prima volta dopo 25 anni, il controllo delle leve del potere. Io penso che Berlusconi non possa ritirarsi dalla politica, anche se è ridotto come è ridotto.

Per la semplice ragione che se uno si ritira dalla politica e dimostra di non contare più nulla e di non poter influire per nulla sulle sorti della politica e della legislazione, deve ricordarsi che cosa è successo a Salvo Lima nel 1992. Oggi ci sono ancora sopravvissuti, alcuni Salvo Lima, che si domandano se quella brutta usanza di punire i traditori (come fu punito Salvo Lima sul litorale di Mondello) è ancora in voga o se è stata sostituita con qualche strumento di vendetta meno truculento. Quindi la domanda resta: che cos’ha questo processo, che è secondo me il più importante che si sia celebrato, ma non soltanto in Italia, io non trovo degli eguali.

Noi abbiamo 3 Governi che sono stati ricattati dalla più grande organizzazione criminale, aiutati i ricattatori da esponenti delle istituzioni che veicolavano il ricatto mafioso ai governi. I Governi ovviamente han sempre fatto finta di niente, pubblicamente han sempre detto di non aver mai scoperto nulla di non aver mai saputo nulla di non aver mai subdorato nulla di quei ricatti, però casualmente una parte delle richieste presenti nel ‘papello‘ di Riina è stata poi esaudita negli anni successivi.

Con una pervicacia ed una scientificità, nel presentare proposte e nell’ottenerne poi la realizzazione, che non ha altra spiegazione se non per il fatto che tutta la classe politica della Seconda Repubblica sapeva benissimo di essere sotto ricatto e sotto osservazione e di avere una lista di impegni da rispettare, semplicemente per salvare la propria pelle. Non per salvare lo Stato, perché lo Stato era già stato devastato per 2 anni dalle stragi.

Come dimostra anche la sentenza, ma come tutti sanno. Si erano moltiplicate proprio perché lo Stato aveva cominciato a trattare. E Riina, che era tutto fuorchè uno stupido, sapeva che uno Stato in ginocchio, con il cappello in mano, che chiede pietà alla Mafia, sarà disposto a concedere tanto di più quanto la Mafia alzerà il tiro. Per alzare il prezzo della trattativa. Ecco, queste cose che fanno, ripeto, accapponare la pelle, a leggere questa sentenza, sono confinate in ristretti circoli: qualche magistrato, qualche giurista, qualche giornalista, qualche testata.

Non diventano patrimonio nazionale perché c’è un muro di gomma che fa impressione, che fa spavento. Se uno valuta il peso di questi fatti, assolutamente accertati, al di là poi della loro qualificazione giuridica, e dall’altra parte l’assoluta incoscienza delle persone che non lo sanno, e che quindi non hanno gli strumenti base per giudicare anche la politica di oggi; per sapere per quale motivo un vecchio leader non si ritira, per quale motivo la principale preoccupazione sua è quella che Dell’Utri non ritorni in carcere, per quale motivo abbiamo dei paesi che ospitano i nostri latitanti, e Dell’Utri doveva finire in uno di questi paesi. Cioè, ci mancano proprio alcuni strumenti fondamentali per capire i macro-fatti, che hanno dato origine alla Seconda Repubblica e che continuano a inquinare la Terza, fino a quando l’ultimo partecipante o insabbiatore di quella ‘trattativa‘ sarà in vita.

La domanda non riguarda soltanto noi giornalisti, riguarda il mondo del diritto. Questo processo è stato definito “una boiata pazzesca” da un’insigne giurista, Giovanni Fiandaca, che è un po’ il Mel Brooks del diritto italiano e non è stato spernacchiato questo signore, è stato elogiato, omaggiato, eccetera, eccetera. Dentro la Magistratura anziché un minimo di gratitudine a quei pochi Magistrati, qui c’è Nino Di Matteo ma ce n’erano anche altri, Teresi, inizialmente Ingroia, Del Bene, Tartaglia, che hanno fatto questo processo. Anzichè nutrire un pò di gratitudine per il Presidente Montalto che ha scritto la sentenza, insieme al suo Giudice a Latere Sbille e ai Giudici Popolari della Corte d’Assise, c’è stato un silenzio, un isolamento addirittura un atteggiamento non diciamo persecutorio, diciamo punitivo per cui questi

Magistrati sono stati trascinati alcuni davanti al C.S.M. a discolparsi, e non si ancora capito bene di che cosa, semplicemente di non essersi uniformati a quel clima generale di omertà che tiene insieme Destra e Sinistra e che in questi anni ha garantito a un personaggio, ad esempio, come il Generale Mori, di fare una carriera meravigliosa, prima di andare in pensione ed anche dopo. Ci sono persone in Italia che fanno carriera anche dopo la pensione. Uno dice: finalmente è andato in pensione. NO, continuano a progredire pure dopo! Anche su questo bisognerebbe domandarselo, ci sono persone che anche quando vanno in pensione non possono essere lasciate sole.

Devono essere continuamente sostenute. Perchè? Perchè devono continuare a ricevere incarichi sempre più prestigiosi? In fondo, sapete, io non penso che il Generale Mori alla sua età debba finire in galera, spero che non ci finisca. E’ un anziano signore. Ma la domanda è: nel 1992 arresti Riina e non perquisisci il covo. In un Paese serio ti mandano addirittura a dirigere il traffico. Perchè evidentemente sei un incapace. Se ti dimentichi di perquisire il covo del più importante e pericolo latitante del mondo (forse). Non perquisisce il covo. Questo nel 1993. Pochi mesi dopo un suo collaboratore gli porta su un piatto d’argento Nitto Santapaola. Gli dice anche dov’è nascosto: in un villino. Il ROS organizza un’operazione talmente maldestra che riesce a perquisire il villino accanto, facendo un casino tale per cui Santapaola vedendo tutti i Carabinieri che arrivano e perquisiscono il villino sbagliato, capisce l’antifona e s’allontana.

Che cosa gli fanno a questi, che come minimo sono dei cialtroni? Li mandano a dirigere il traffico? NO, li promuovono tutti quanti. Nel 1996 un’altro collaboratore di Mori gli porta su un piatto d’argento Bernardo Provenzano. Gli dice: “guarda che c’incontriamo in quel casolare di Mezzojuso… fatevi trovare … l’ora è questa… non potete sbagliare stavolta”. Stavolta non essendoci altri casolari alternativi da perquisire a posto di quello giusto si limitano a non fare nulla. Fanno un servizio di osservazione a distanza, così vedono Provenzano che entra, fa la riunione ed esce. E non lo prendono. Che gli fai a uno così? Magari è soltanto un incapace recidivo. E’ uno che non è portato per quel mestiere lì. Lo promuovono Comandante e Direttore del SISDE (Servizio Segreto Civile) dopo averlo promosso comandante del ROS, perché prima era solo Vice e quindi il talento và premiato. Allora, queste carriere è evidente, che funzionano all’incontrario, cioè più sbagli, più agevoli la Mafia e più vieni favorito nella tua carriera. Ma domandiamoci il perché! Perchè quelle carriere mica le decide il Generale Mori per sé stesso.

Le decidono i Ministri, le decidono i Governi. Per quale motivo Mori non solo non doveva essere degradato sulla pubblica piazza ma doveva essere promosso continuamente? E perché dopo la pensione il Sindaco Alemanno ne fa il capo della sicurezza del Comune di Roma? E perché non contenti lo promuovono Osservatore e Ispettore sulla regolarità degli appalti di EXPO’ a Milano? Dove praticamente c’era di tutto; c’erano i tangentisti che pigliavano le mazzette, c’erano le imprese della ‘ndrangheta che prendevano i subappalti. Lui non ha visto assolutamente niente, perché?

Ma uno che non ha perquisito il covo di Riina, non ha arrestato Santapaola e non ha arrestato Provenzano volete che si accorga delle infiltrazioni mafiose e tangentizie negli appalti di EXPO? Ecco, questa è una carriera paradigmatica di un signore che se voi leggete, non ha mai ricevuto una critica, nemmeno pallida, da nessun esponente della politica che ha governato in questi 25 anni! Domandiamoci il perché. Allora, se voi allargate l’orizzonte a tutte le persone che in questi anni sapevano perfettamente che cos’era stata ‘la trattativa’, quali erano gli impegni che andavano mantenuti, e quali erano le persone da soddisfare in carriera per farle stare zitte (perché questa è la pura e semplice verità).

Come Berlusconi era costretto a pagare decine di ‘olgettine‘ per farle stare zitte (più Dell’Utri), un’intera classe politica e dirigente ha passato questi 25 anni a pagare centinaia e centinaia di servitori infedeli dello Stato perché stessero zitti, su quello che avevano fatto e su quello che avevano saputo della “trattativa Stato-Mafia”. E purtroppo gran parte dell’informazione anziché smascherarli, li ha coperti. Questo è il vero problema. Che non riguarda chi fa informazione di inchiesta come i colleghi che sono a questo tavolo, ma chi fa un altro tipo di informazione. Chi fa informazione embedded. Chi fa informazione al servizio del potere. “Mori lo sanno tutti chi è, però, lasciamo perdere …”. Contrada lo sapevano tutti chi era, però … “lasciamo perdere”. Andreotti lo sapevano tutti chi era, però… “lasciamo perdere”. Il covo di Riina non è stato perquisito, perché lo sanno tutti perché non è stato perquisito, però “lasciamo perdere”. Continuiamo a credere alla favoletta che è stato un equivoco. E anche la mancata cattura di Provenzano. E anche la mancata, anzi, l’agevolazione alla fuga di Bagarella.

E poi è tutto un caso se hanno chiuso le carceri di Pianosa e Asinara. E’ un caso se hanno abolito l’ergastolo. E’ un caso se hanno depotenziato la legge sui pentiti e il 41bis. Sono tutte casualità. Però se voi leggete questa sentenza, ma anche prima che uscisse questa sentenza, se guardavate la cronologia dei fatti, vi assicuro che tutte queste ‘casualità’ avrebbero una logica. Noi non possiamo vivere da 25 anni pensando che tutto accada per caso. Il nostro compito di giornalisti, non dico di scoprire più di quello che ha scoperto la Magistratura, perché noi poi, le perquisizioni, i sequestri, le intercettazioni, non le possiamo fare. Ma almeno raccontare quei fatti, documentati ed inoppugnabili, avremmo dovuto farlo. Io penso che la nostra Magistratura che ha scritto pagine pessime e che ultimamente si sta coprendo di vergogna (fino all’ultima vergogna del CSM che preferisce un parlamentare in carica a un vice presidente indipendente) ha però sulla ‘trattativa’, grazie ad alcuni Magistrati, scritto una pagina molto luminosa. Invece per quanto riguarda la nostra corporazione è stata una pagina nera.

Tratto da: themisemetis.com

In foto: Marco Travaglio insieme a Emiliano Fittipaldi (giornalista) e Maria Edera Spadoni (vicepresidente camera dei deputati) © Imagoeconomica

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