Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

viadamelio bandiera 2018 c emanuele di stefanodi Enza Galluccio* - Foto
Sono passati 26 anni da quel 19 luglio 1992, fa sempre caldo in via d'Amelio, esattamente come allora. Qui il sole non manca mai.
Oggi sono anche state depositate le motivazioni della sentenza del processo sulla trattativa. Non conosciamo ancora il contenuto di quelle cinquemila pagine, forse ci vorrà qualche giorno per coglierne pienamente il senso, ma abbiamo fiducia in quella sentenza.
Forse solo una coincidenza il fatto che, dopo mesi di attesa, siano state depositate proprio oggi, l'anniversario della strage di via d'Amelio. Per noi che ogni anno siamo qui, in questa via, è un regalo. Certo, non c'è nulla per cui gioire, lo sappiamo bene.
Quella sentenza di condanna e le sue motivazioni, confermano che lo Stato con alcuni dei suoi uomini di fiducia, ben protetti e difesi in questi lunghi anni, hanno preso accordi con i principali boss mafiosi come Riina e Provenzano, non per evitare le stragi, che infatti ci sono state e sono continuate per tutto il 1993, fino all'arrivo di Berlusconi al governo con il suo partito Forza Italia fondato dal suo caro amico Marcello Dell'Utri, oggi ai domiciliari dopo essere stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa (art. 416 bis del codice penale e oggi anche per violenza o minaccia a corpo dello Stato, art. 338 c.p., ndr) ma per proteggere ed evitare la morte a quei politici che avevano sempre fatto accordi con la mafia.

sarti viadamelio 2018 c emanuele di stefano

Uno scambio, solo quello. E, siccome certi magistrati avevano capito tutto, sono stati eliminati. Tutto è successo, ma nulla era come le altre volte. Non una semplice esecuzione, ma due grandi boati, due esplosioni che avrebbero potuto fare molto di più in termini di vittime. Doveva essere un esempio e una manifestazione di forza per i mafiosi. Ma doveva essere anche veloce, precisa, eclatante, clamorosa per quello Stato che aveva anche un enorme bisogno di distrarre, di spostare l'attenzione dal fondo che la politica aveva toccato con Tangentopoli, con un Andreotti che perde il posto ambito, con un'intera classe politica pronta a nascondere le proprie responsabilità rispetto ai suoi patti scellerati di lunga data anche oltre oceano che, forse, con la morte di Aldo Moro avevano già toccato un culmine.
Troppa esigenza, una tecnica che la realtà mafiosa, da sola, non era in grado di garantire, ma i servizi e i loro apparati deviati sì, una collaborazione totale dunque.
Oggi, su questo palco di via d'Amelio, insieme a Salvatore Borsellino e a molte altre vittime della mafia (e dello Stato), per la prima volta è salito anche il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. A lui si chiede di fare quello che non hanno mai fatto coloro che lo hanno preceduto. Si chiede un'intervento per ristabilire i giusti equilibri nella giustizia, di riconoscere l'importanza delle sentenze di Palermo e Caltanissetta e di agire di conseguenza.
Come? Ad esempio apportando quelle modifiche necessarie per far sì che certi reati, non ancora previsti dal codice penale, vengano scritti e ad essi corrispondano altrettante pene riconosciute ed applicate, che diventi reato trattare con dei mafiosi per propri interessi e con l'aggravante di essere parte delle istituzioni, che vengano aperti gli archivi di Stato e si sappia la verità su tutte le stragi italiane rimaste impunite per i mandanti.

borsellino salvatore palco c emanuele di stefano

Il Ministro risponde che cercherà di evitare le parole ma, ad esse, farà corrispondere i fatti, quelli che rientrano nelle competenze del suo ministero. Non è molto come promessa, ma parla di responsabilità penali accertate anche per uomini dello Stato, non nega il valore di quelle sentenze che le testimoniano e che le condannano; non parla di magistrati politicizzati né sminuisce o modifica il senso dei processi siciliani che stanno segnando una svolta nella storia italiana.
Interviene anche Giulia Sarti, della Commissione Giustizia alla Camera. La Sarti non è mai mancata in via d'Amelio, prima di essere una figura politica apparteneva al Movimento delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino. Le sue parole sono più incisive, quasi un grido di protesta, chiede che venga istituita una Commissione Parlamentare sulle stragi avvenute in Italia, per sostenere le azioni della magistratura e non certo per sostituirsi ad esse.
Intanto sono le 16.58, è giunto il momento del silenzio.

*autrice di testi sulle relazioni tra poteri forti e mondi criminali

Foto © Emanuele Di Stefano

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos