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agguato bitonto 2 c ansadi Piero Innocenti
Dopo la morte della anziana donna a Bitonto, conseguenza della sparatoria tra i giovanissimi componenti di due clan rivali, nella mattinata del 30 dicembre scorso, il ministro dell’Interno Marco Minniti si è recato tempestivamente a Bari per presiedere la riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, dove erano presenti anche i vertici nazionali delle forze di polizia. La strategia nell’immediato sarà, come in analoghe circostanze, quella di inviare temporaneamente contingenti di rinforzo di polizia di stato e carabinieri per aumentare il controllo di tutto il territorio, senza lasciare “angoli franchi”, come ha sottolineato Minniti, che ha voluto così anche inviare un forte messaggio di “presenza dello Stato” in un’area che, da anni, è controllata dalla criminalità bitontina.
Per descrivere quale fosse la situazione in quella zona già una decina di anni fa, vale la pena di andare a rileggere quanto annotava la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) nel 2006, per segnalare gli scontri tra i gruppi rivali dei Conte e dei Valentini che “..possono contare su una consistente manovalanza di minorenni ai quali, spesso, in virtù della loro impunità, sono affidati compiti di primo piano nello spaccio di droga e, in alcuni casi, un ruolo fondamentale anche nell’esecuzione di agguati”. Al riguardo venivano ricordati i due casi di “lupara bianca” di quell’anno: Giuseppe Cariello e Giacomo Maggio, più l’omicidio di Arcangelo Colasuonno, considerati contigui al clan Valentini.
La situazione della criminalità nei Comuni della provincia di Bari e nella cosiddetta “area metropolitana” è andata peggiorando con le iniziative dei gruppi baresi, protese a conquistare nuove piazze per i mercati illeciti - con particolare attenzione a quello degli stupefacenti - e/o a ricercare nuovi adepti e alleanze. In questo quadro, nel 2007, era ancora la DIA a segnalare l’alleanza di una frangia del gruppo Valentini-Semiraro (un tempo egemone all’interno della mala bitontina) con elementi del gruppo Strisciuglio, che conseguentemente avrebbe esteso la sua influenza su Bitonto. Risale a quell’anno l’omicidio a Bitonto di Vito Napoli, indagato per associazione di tipo mafioso, il ferimento in un agguato di Giuseppe Pastoressa e l’incendio doloso dell’auto di un avvocato, padre di un magistrato della Procura della Repubblica di Trani.
Negli anni seguenti, proseguiranno violenze a scontri tra gruppi rivali, facendo emergere, come annota la DIA nel 2010 “..il disprezzo, mostrato dai sicari, nei confronti dei cittadini inermi ed estranei agli eventi, presenti sulla scena dei delitti e perciò spesso attinti da colpi vaganti esplosi dai criminali anche in luoghi molto affollati ed in orari di punta, nonché in presenza di donne e bambini”. Insomma, non è una novità che da queste parti si ricorra alla soluzione armata, senza guardare in faccia nessuno, per risolvere le conflittualità emergenti.
Le ostilità tra i clan baresi Strisciuglio e Parisi che vogliono colonizzare l’area bitontina in concomitanza con la disgregazione del clan Valentini, porta agli omicidi di Michele Elia e di Michele Cipriano, elementi di spicco dei due gruppi locali antagonisti Elia-Modugno e Cipriano. Risale sempre al 2010 l’inchiesta “Sylos”, che portò in carcere una dozzina di persone, tra cui tre minorenni, del gruppo criminale Cipriano, per spaccio di stupefacenti a Bitonto nei pressi del liceo classico “Carmine Sylos” e, sempre nel 2010, iniziò l’operazione “Argo”, che si concluse due anni dopo con ordinanze di custodia in carcere per sette indagati del gruppo Conte con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.
Nel 2013 la situazione non muta granché e l’area bitontina continua a presentare “...elementi di criticità manifestatisi in episodi cruenti nell’ambito di confronti finalizzati al controllo dei locali mercati criminali”. Nel 2015 sei sparatorie che avvengono a Bitonto nella settimana dal 23 gennaio al 3 febbraio e dal 29 luglio al 24 agosto, da ricollegare alla scissione interna del clan Conte-Cassano, confermano la difficile situazione nel comprensorio. La disputa è sempre sul controllo dello spaccio di stupefacenti. Nel 2016 la cittadina si segnala ancora “..per la recrudescenza di gravi episodi commessi anche con l’uso delle armi” (relazione DIA, pag.179).
La conclusione è che a Bitonto da anni spadroneggiano clan mafiosi e un intervento forte dello Stato sarebbe stato opportuno farlo anche prima che la situazione degenerasse.

Tratto da: liberainformazione.org

Foto © Ansa

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