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siap poliziotti 610Editoriale in PDF
Riportiamo di seguito lo speciale dossier "25 anni alla ricerca della verità" pubblicato sul n. 64 della rivista "Polizia Pubblica Sicurezza"

a cura di Luigi Lombardo, Aaron Pettinari, Pietro Orsatti e Salvatore Iuculano

Ormai da anni la nostra O.S., in occasione della ricorrenza del 19 luglio, organizza una serie di eventi socio-culturali, unitamente al Movimento delle Agende Rosse, a varie associazioni e scuole di ogni ordine e grado. Sono passati 25 anni da quel 19 luglio 1992; anni in cui la verità su quelle stragi é via via venuta fuori a brandelli, strappata con la forza e la foga di chi non si rassegna ai depistaggi e ai tentativi di occultamento. Noi non crediamo alle passerelle mediatiche e alla spettacolarizzazione del dolore, non crediamo a chi viene per "ricordare" perché spesso lo fa perché per il resto dell'anno ha dimenticato, non crediamo a chi sfrutta questi eventi per visibilità o promozione. Ma stiamo in piazza con chi chiede la verità ad ogni costo per quel sangue innocente sparso in Via d'Amelio e per tutto il sangue delle vittime di mafia Per noi saranno 4 giorni pieni di impegno, di incontri e riflessioni, di mondi che si incontrano nell'obiettivo comune. Abbiamo iniziato il 13 luglio, con una kermesse letteraria sul Lungomare di Trappeto (PA), dove abbiamo inontrato 4 autori, tra giornalisti e poliziotti che della ricerca della verità hanno fatto la loro vita.
Il 17 abbiamo giocato con Agende Rosse e Casa di Paolo il nostro “torneo della legalità” nel campetto della Magione;
Il 18 mattina, dentro la Caserma Lungaro, proprio al reparto scorte abbiamo fatto memoria insieme con gli amici delle Agende Rosse, di ANTIMAFIADuemila e ragazzi e insegnanti delle scuole, la stessa sera tra musica e impegno ci siamo ritrovati tutti insieme con i Taligale’
Il 19 eravamo in Via d’Amelio, tra memoria, denuncia e voglia di verità.
Luigi Lombardo

Veniamo in via d’Amelio perché...
di Luigi Lombardo*
Perché la battaglia ci vede in vantaggio ma non è ancora vinta.
Perché i colori e le voci di questa strada ci dicono che la luce della speranza splende fortissima.
Perché qui mondi diversi si sono fusi insieme guardando al futuro.
Perché da quella ferita di quella maledetta domenica del 1992, che avrebbe distrutto sogni e speranze ovunque, è nata la voglia di riscatto di una generazione intera.
Perché dove c’era morte e distruzione adesso ci sono bambini in festa che ci impongono di lottare per loro e per il loro futuro, senza perdere la speranza.
Perché l’onda di agende rosse levate al cielo ci fa credere che la verità di quelle stragi vedrà la luce.
Perché Agostino, Claudio, Walter, Vincenzo, Antonio, Emanuela e Paolo sono qui in mezzo a noi e sono vivi!
Perché quell’esplosione ha sbarrato le porte alla mafia e non alla vita!
Perché se guardate la persona che vi sta accanto, non ne troverete una in questa piazza che non sa per certo che questa volta la battaglia la vinciamo noi.
Perché qui il sangue innocente ha reso prezioso il senso di tutto.
Perché non ci sono barriere o steccati quando si guarda tutti insieme nella stessa direzione.
Perché il sogno è troppo bello e importante per non essere realizzato.
Perché come fratelli e come sorelle, persone arrivate qui con diverse convinzioni, sono uscite da questa piazza con lo stesso orizzonte...
Perché non c’è posto per la paura, ma solo la rabbia che spazzerà via il cancro infame di questa terra.
Perché è tempo di restituire le forze dell’ordine, le donne e gli uomini che le compongono a chi realmente appartengono: alla società civile, a tutti voi!
Perché con le donne e gli uomini della Polizia di Stato, restituiamo alla gente la preziosa memoria dell’estremo sacrificio dei nostri ragazzi.
Perché le donne e gli uomini delle F.O. che lavorano senza risorse e mezzi, per il bene di tutti, a rischio della loro vita, sono un aspetto luminoso e splendido della nuova resistenza.
Perché quando assicuriamo un pericoloso latitante alle patrie galere, quando scortiamo un magistrato, inseguiamo un malvivente a rischio della vita, non lo facciamo per la miseria di uno stipendio che non vale una vita, ma per tutti, ma proprio tutti voi!
Perché non riusciamo più a distinguere in questa piazza poliziotti e agende rosse.
Perché odiamo le passerelle, soprattutto quelle di chi solo 2 o 3 volte l’anno sente il bisogno di ricordare, perché per altri 363 giorni evidentemente dimentica.
Perché quando chi ha la responsabilità di guidare il Paese parlerà di poliziotti e poliziotte dirà “i miei uomini” ognuno di voi possa alzarsi e dire: “eh no, quelli non sono tuoi, ma i nostri fratelli e le nostre sorelle”.
Perché ieri al Reparto Scorte, come oggi qui, avevamo davvero sanato le ferite che una scellerata visione politica aveva generato in decenni di scempio sociale, allontanando la società civile dai suoi figli e fratelli in blu.
Perché Paolo, Agostino, Claudio, Walter, Emanuela, Vincenzo e Antonio non erano solo magistrato e poliziotti, ma come dicono le nostre magliette erano prima di tutti figli, fratelli, sorelle di ognuno di voi.
Perché che un mondo migliore era possibile lo sappiamo già, ma adesso dobbiamo sapere che é anche ora di farlo.
Perché oggi non potrei davvero essere in nessun altro posto al mondo senza sentirmi vuoto ed incompleto.
Perché molti di coloro che non conoscevano Palermo, dopo quei terribili eventi se ne sono irrimediabilmente innamorati, per renderla migliore.
Perché... Qui oggi negli occhi di tutti si specchia la Palermo che tutti sanno che non potrà che essere una terra bellissima!

SIAP Palermo

 

Una memoria semplice per rinnovare l’impegno
di Aaron Pettinari*
Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani. I nomi degli agenti di scorta, a cui si aggiungono quelli dei magistrati Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Francesca Morvillo, sono impressi nel marmo del Reparto Scorte e Tutela della Caserma Lungaro. Nomi che riecheggiano nell’animo di di chi venticinque anni fa si recò al funerale degli agenti uccisi in via d’Amelio gridando: “Lasciateci entrare, quelli sono i nostri morti!”. Un grido che rivive, oggi, anche tra chi non era presente ma che non vuole smettere di dimenticare. C’è chi li chiama “angeli”, chi “eroi”. Quel che è certo è che quegli otto agenti di scorta, così come i sopravvissuti, scelsero di restare accanto a quei giudici nonostante la consapevolezza di un rischio imminente. Venticinque anni sono passati da allora. Venticinque anni in cui i lati oscuri su certi avvenimenti gettano un’ombra inquietante anche su quella chiarezza che è stata raggiunta da inchieste, processi e sentenze. Onorare quel sacrificio è un dovere per ogni cittadino a prescindere dal ruolo che ognuno può assumere nel proprio percorso di vita. Da quando il Siap di Palermo ha organizzato questo evento riuscendo ad aprire le porte di un luogo che possiamo considerare “sacro” alla società civile, in qualche maniera è come se quelle parole, gridate davanti alla Cattedrale di Palermo, trovassero, finalmente, il loro compimento. Un piccolo corteo passando tra gli atri, i corridoi e le sale che quegli Uomini immolati sull’altare del dovere, hanno percorso prima dell’ultimo servizio. Le parole dei familiari delle vittime di mafia. Il silenzio. Una memoria semplice per rinnovare l’impegno. Questo è il significato che diamo al 18 luglio. Ieri, oggi, domani. 

* capo redattore di ANTIMAFIADuemila

 

Novantadue
di Pietro Orsatti* 
Il Novantadue per me è stato l’anno che più ha segnato la mia vita sia sul piano professionale che umano. L’anno in cui decisi di lasciare la politica attiva (lavoravo come collaboratore al gruppo parlamentare verde dopo anni di militanza nel movimento pacifista e ambientalista) e mettermi a scrivere e a raccontare come cronista e scrittore. L’anno in cui andai in Sicilia nel pieno delle stragi. L’anno in cui attraversai l’Adriatico per essere testimone di quello che stava accadendo nei Balcani: la prima guerra in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il Novantadue sono le lacrime di una mia amica siciliana appena appreso della strage di Capaci che non sapevo come fermare, l’odore di via d’Amelio, l’incendio della Biblioteca di Sarajevo, le manganellate delle forze dell’ordine al popolo di Palermo che voleva entrare nella Cattedrale per salutare gli uomini della scorta di Paolo Borsellino e urlare la propria rabbia contro il potere politico che non era riuscito ad evitare un secondo massacro dopo solo 57 giorni dalla strage sull’autostrada Punta Raisi Palermo. E la mia piccola e complicata vita posta lì. In mezzo. Perché per raccontare devi essere lì. Un registratore posato sul tavolo. Un’ombra che racconta la vita di altri. Un testimone.

Il Novantadue non è stato semplicemente il colpo di coda di Cosa nostra dopo le condanne del Maxi Processo. Non è stato solo la vendetta di Riina e compari. Il Novantadue, e i due anni successivi, hanno cambiato il volto del Paese e della Democrazia. Si sono mossi tutti i poteri occulti che hanno condizionato l’Italia fin dallo sbarco degli alleati nel 1943. Guerra Psicologica? Strategia della tensione? Golpe nascosto? Chiamiamola come ci pare, ma questo Paese dalla nascita della Repubblica a oggi ha periodicamente subito il condizionamento violento da parte del potere (non quello democratico, ma quello che si nasconde dietro la nostra zoppicante democrazia) per dare continuità a un sistema occulto di gestione di un sistema. Capaci e via d’Amelio sono state stragi di Stato. Non solo stragi di mafia. E non solo pezzi di una trattativa, perché fra pezzi dello Stato e del potere “palese” e mafia non si è mai smesso di trattare. Quante sono state le trattative fra il potere “palese” e quello “occulto”? Forse non lo sapremo mai. Come non sapremo mai quale sia il confine fra quello che abbiamo capito e quello che si è riusciti a provare, in questo Paese dove le prove svaniscono e gli smemorati imperano. Perché sono un’infinità gli smemorati con responsabilità che ritrovano e sempre in ritardo la memoria e sempre e solo davanti all’evidenza delle proprie menzogne. 

Per questo 25 anni dopo è indispensabile esercitare la memoria. Perché la memoria è esercizio di democrazia. Come è necessario dare spazio e vita a un dialogo fra pezzi della nostra società. Movimenti, associazioni, sindacati come quelli nati dalla smilitarizzazione della Polizia e dopo decenni del movimento per la Polizia democratica. Bisogna ricordare, assumersi ognuno anche la propria responsabilità di essere stati assenti o di aver guardato altrove mentre si innescavano determinati processi. 

"La memoria ha un potere incontrollabile: per questo fa paura – scrivo ne “Il Bandito della Guerra Fredda” pubblicato da Imprimatur editore - La memoria può creare processi inarrestabili. Rende comprensibile il presente, mette a nudo responsabilità del passato e svela la faccia oscena del sistema del potere. La memoria è un dovere individuale e collettivo, prerequisito indispensabile per poter esercitare il proprio diritto di cittadinanza. La memoria a volte gioca brutti scherzi. Mette in collegamento cose che, apparentemente, non hanno nulla a che fare l’una con l’altra". La memoria si fa mettendo in contatto mondi e culture diverse e distanti. Perché la diversità è ricchezza e base della demcrazia.

* scrittore

 

L'Agenda Rossa
di Iuculano Salvatore*
“MIO FRATELLO È ANDATO IN GUERRA…MA NON È STATO IL NEMICO AD UCCIDERLO…MA QUALCUNO CHE DOVEVA COMBATTERE CON LUI…UN AMICO” (BORSELLINO Salvatore)
Per spiegare il motivo che mi spinge con convinzione e rabbia ad essere qui in via d'Amelio con le Agende Rosse, voglio trarre spunto dalla  recentemente affermazione che  Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ha fatto durante la presentazione del libro "L'Agenda Rossa di Paolo Borsellino". La voglia di riscatto personale, acquisita crescendo in un paese ad alta densità mafiosa, in seguito alle stragi e dopo aver vissuto personalmente la crudeltà della mafia, mi ha portato nella Polizia di Stato, dove da sempre svolgo mansioni operative di prima linea: dalla squadra volante alla sezione criminalità organizzata fino ad oggi dove al Reparto Scorte mi trovo nel dispositivo di protezione di uno de magistrato del pool antimafia della DDA di Palermo. Nella Polizia di Stato inoltre, ricopro da sempre ruoli sindacali all’interno del SIAP, grande organizzazione sindacale sempre in prima linea in tutte le manifestazioni antimafia insieme alla società civile. Combattere una guerra durissima col dubbio che, chi sta al tuo fianco facendoti credere di voler combattere con te, da un momento all’altro possa spingerti giù da un burrone, rivolgerti l’arma contro o crearti trappole sofisticate è uno scenario terribile! 
È ancora più terribile che questi traditori vestiti da amici possano poi ricoprire ruoli di vertice istituzionale e favorire dalla loro posizione di privilegio altri traditori a discapito di umili e giusti servitori dello Stato, che nella migliore delle ipotesi verranno isolati da un “sistema marcio” che li rigetta, nella peggiore faranno la fine di Paolo, Agostino, Emanuela, Walter, Claudio e Vincenzo. Per me è fondamentale vivere il mio lavoro da Poliziotto in sostegno di chi quella guerra la combatte lealmente disposto anche a pagare con la vita è parimenti importante vivere attivamente la democratica Polizia di Stato attraverso il sindacato di Polizia, il SIAP che attivamente assieme alle Agende Rosse, in via d’Amelio urla grande dissenso e pretende dallo Stato “La Verità” su quelle stragi vergognose che contraddistinguono la storia d’Italia. 
Solo quella verità renderà onore ai morti ed ai vivi che ancora oggi lottano per rendere l’Italia un paese migliore, io voglio esserci, voglio partecipare, voglio urlare… voglio un giorno gioire.

* dirigente sindacale SIAP Palermo

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