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battaglia letizia c giulia morellidi Marco Morelli
Se ti dovessero chiedere il nome dei primi 10 fotografi che ti vengono in mente, molto probabilmente gran parte di quei nomi sarebbero maschili. Per un caso curioso, o forse per retaggi culturali, la fotografia non è mai stata facile terra di conquista da parte delle donne.

Fortunatamente, negli ultimi anni, questa tendenza è venuta un po’ a cadere. Grandi fotografe come Dorothea Lange e Tina Modotti sono state le pioniere, poi Eve Arnold e Diane Arbus hanno legittimato il loro posto nell’olimpo dei grandi. Oggi, Annie Leibovitz è probabilmente riconosciuta come una delle più grandi fotografe di moda esistenti.

Letizia Battaglia, fotografa siciliana nata nel 1935, è tuttora considerata una delle più grandi fotografe di sempre.
Eppure il suo approccio alla fotografia non fu dei più classici, ma piuttosto casuale.

Negli anni Settanta lavoravo come redattrice per l’Ora di Palermo; mi trasferii a Milano, dove continuai a scrivere per l’Ora, ma mi pagavano molto poco. Così iniziai a collaborare con altri giornali, tra cui Vie Nuove, che mi chiese se avevo delle fotografie per illustrare gli articoli. Mi procurai una piccola macchina non professionale e cominciai a scattare, senza passione o conoscenze, semplicemente per sostenere la mia indipendenza”.

“Dopo tre anni a Milano pubblicavo già per testate più importanti come Il Giorno o il Corriere della Sera. Poco dopo l’Ora mi chiese di tornare a Palermo per dirigere il settore fotografico del giornale. Fu allora che cominciai a studiare la fotografia, a vedere il lavoro dei grandi professionisti. Imparando e scattando, andò a finire che mi innamorai della fotografia”.

È così che inizia la grande carriera di Letizia Battaglia, a quel punto ormai quarantenne. Una carriera caratterizzata dai racconti fotografici degli anni di piombo, con scatti pieni di sangue e di morti.

Una fotografia cruda e forte ma, purtroppo, maledettamente vera. Suoi sono gli scatti all’hotel Zagarella che testimoniano i rapporti tra i cugini Salvo e Andreotti che poi verranno acquisiti per gli atti del processo.

Ma Letizia Battaglia non è solo una fotografa di mafia. I suoi soggetti preferiti sono le persone, le donne, i bambini e, in generale, la gente di strada che caratterizza la vita di Palermo.
Proprio questo amore per la sua terra e la sua voglia di raccontarla nella maniera più vera e trasparente possibile, può aiutarti nella tua fotografia.

1. Colore o bianco e nero?

“Il colore non mi piace, lo trovo orribile. Io ho un animo essenziale, e penso che non avrei mai potuto raccontare i morti di Palermo a colori. Mi è capitato di fare fotografie a colori, ma poi le ho messe via. Ogni tanto arriva qualcosa. Non c’entra niente con me. Perché forse io sono un poco drammatica.

“Il colore banalizza, il bianco e nero ti permette di vedere cose che il colore non rivela. Pensa a un fiore, a colori ti sembra di una stupidità enorme e invece in bianco e nero acquista una sua autonomia, una sua autorevolezza che mi commuove di più”.

Suggerimento

Certamente ognuno ha le proprie preferenze ma è innegabile come, il bianco e nero, sia una forma espressiva più “essenziale”. L’assenza di colori fa concentrare l’attenzione su forme e composizione. Solo i toni chiari e scuri contribuiscono al bilanciamento visivo. La presenza di colori accesi invece, se non coincide con il tuo soggetto, può distogliere l’attenzione.

Quindi il bianco e nero è più semplice da gestire? In parte si, però diventa ancora più importante avere un buon occhio in fase di scatto. Per esempio, il rosso e il verde, nella versione bianco e nero, sono due tonalità di grigio molto simili. A quel punto, se hai un soggetto rosso su fondo verde, la foto potrebbe essere da buttare.

Quindi abituati a “scattare in bianco e nero”. Lascia perdere i colori e concentrati solo sui toni. Cerca di bilanciare la composizione sui toni chiari e scuri. È davvero solo una questione di abitudine.

2. Se vuoi diventare un fotografo, cercati un altro lavoro

“Ai giovani suggerisco di avere un altro lavoro per mantenersi. Ho visto spegnersi tanti talenti perché oggi non c’è più spazio; le foto non si pagano e non si pubblicano. Bisogna continuare a fotografare, certo, ma bisogna anche mantenersi con dignità”.

“Una grande fotografa, Jane Evelyn Atwood, ha fatto la postina per 30 anni prima di potersi dedicare interamente alla fotografia. Oggi però è davvero difficile sfondare sul mercato, a meno che non si abbiano amicizie influenti. Certo, uno può sempre fare il paparazzo, ma non trovo particolarmente interessante condividere

con il pubblico la vita superficiale di attori, attrici e personalità. Non lo consiglierei a un giovane”.

“Bisogna insistere, non guadagnerai mai soldi, su centomila ne escono fuori due che riescono a campare. Alla fine troverai te stesso nelle foto che fai, è un lavoro che deve essere intrapreso, non viene dal caso, devi sapere cosa ti fa soffrire e cosa ti fa gioire. Avere la coscienza di sé. Devi essere umile, subito non farai belle fotografie, devi studiare molto, sentire che quelle foto ti rappresentano, senza vanità. È un percorso”.

Suggerimento

Non voglio certamente affossare le tue ambizioni, però è necessario che ti renda conto che riuscire a vivere solo della tua fotografia può essere veramente difficile. A meno che tu non sia disposto a scendere a compromessi, riducendo la tua fotografia ad una mera esecuzione delle richieste dei clienti.

Se, invece, il tuo fine è produrre lavori che soddisfino esclusivamente la tua sensibilità artistica, il discorso si complica.

Partendo dal presupposto che, nella vita, occorre innanzitutto mangiare (e pagare le bollette), avere una sicura fonte di reddito ti sarà certamente di grande aiuto. Questo ti permetterà di essere creativo fino in fondo. Se hai davvero talento, prima o poi qualcuno si accorgerà di te. A quel punto potrai finalmente vivere facendo ciò che più ti piace.

3. Il reportage è tutto intorno a te

“Io sono una che ha fatto reportage rimanendo nella città dove vive. Reportage può significare tante cose, per ognuno cose diverse. Per me significa andare al cuore delle cose, di un luogo, di una città, di un gruppo di persone, cioè scavare con l’immagine”.

“Ho adorato Palermo, sono un po’ schiava di questa città, anche se non so qual è il motivo per cui mi seduce e mi imprigiona. Pensavo che me ne sarei andata da qualche parte. Avrei potuto farlo, lavorare a New York, ovunque. Però Palermo mi ha sempre riacciuffato”.

Suggerimento

Molte volte si crede che, per diventare grandi fotografi, occorra passare la maggior parte della propria esistenza in giro per il mondo.

Certamente tanti grandi della fotografia hanno viaggiato in ogni parte del pianeta per realizzare esotici reportage. Altrettanti, però, hanno saputo raccontare egregiamente la propria terra, entrando ugualmente nel gotha dei grandi. Letizia Battaglia ne è un esempio, ma anche Mario Giacomelli, giusto per rimanere in Italia.

Perciò, inizia raccontando il tuo mondo. Pensa ad un progetto interessante, che valorizzi il tuo territorio o ne metta in luce vizi o virtù. Se le tue foto avranno grande valore sociale (e artistico) e se saprai essere innovativo, le soddisfazioni saranno una logica conseguenza.

4. Non svenderti!

“È inutile che noi ci arrabattiamo a fare i corsi di fotografia; questi ragazzi diventano meravigliosi, meravigliosi fotografi e poi non li vuole nessuno. Per cui, frustrazioni assolute. Tu sai che pagano una foto, che so, 15 euro. Non tanto per me, perché io manco col cavolo gli darei una foto per 15 euro”.

“Ma dico certi ragazzi, certi giovani, certi fotografi non necessariamente giovani, pur di pubblicare e di avere quel piccolo nome sotto, gliele danno pure gratis. Questo è terribile”.

Suggerimento

Se vuoi, questo punto è una conseguenza del punto 2. Alzi la mano chi non ha accettato, almeno una volta nella vita, di far pubblicare una propria foto accontentandosi di una citazione.

Non c’è niente di male in questo e se sei un fotoamatore alle prime armi è più che comprensibile. Devi entrare nell’ottica, però, che l’impegno e la creatività ad un certo punto devono essere anche ricompensate. Più ti svaluti, più trasmetterai una bassa percezione del tuo lavoro. Se vuoi diventare finalmente “grande”, allora, inizia a farti pagare per quello che fai.

5. Lascia a casa il teleobiettivo

“Io non uso il teleobiettivo. Forse è anche uno stratagemma, non soltanto una cosa psicologica o di coraggio. Con il teleobiettivo le foto si assomigliano, non creo l’impatto e l’emozione tra me e l’altra persona. Con il teleobiettivo, stando a distanza, mi allontano da ciò che racconto. Io preferisco non usarlo”.

“Ci sono fotografie bellissime fatte con il teleobiettivo, ma io non le faccio. Se io ho una bambina, le dico “guardami”, oppure “non mi guardare”, ma glielo devo dire!”.

Suggerimento

Quando ti avvicini alla fotografia di strada, uno degli ostacoli più duri da superare è quello di imparare a fotografare la gente. Si teme la reazione delle persone e si ha paura di violare la loro privacy. Di conseguenza, la tentazione di allontanarsi e “rubare” foto con un teleobiettivo, è molto forte.

Ma, come ti spiega Letizia Battaglia, il teleobiettivo crea troppa distanza tra te e il soggetto, soprattutto a livello emotivo. La forza della fotografia di strada è proprio l’empatia che si viene a creare con la gente e che tu dovrai riuscire a trasmettere attraverso i tuoi scatti. Oltretutto, anche da un punto di vista etico, è sempre sconsigliabile scattare foto di nascosto.

Quindi inizia ad usare una focale corta (sotto i 35 mm), armati di faccia tosta e diventa un vero street photographer.

6. Non è mai troppo tardi

“Ho cominciato tardi. Prima ho fatto dei figli, sono stata una moglie infelice, una borghesuccia inquieta, poi finalmente ho cominciato a scrivere per il giornale L’Ora. Sono andata a Milano, città cui devo tantissimo, perché lì ho cominciato a fotografare, trovare spazio per pubblicazioni. È grazie a Milano che poi il giornale L’Ora mi ha richiamato. Quando sono tornata a Palermo avevo quarant’anni”.

Suggerimento

Soprattutto in campo artistico, spesso si pensa che per avere una fulgida carriera si debba essere necessariamente degli enfant prodige: se superi i 30 anni e non sei ancora “arrivato”, allora vuol dire che il treno ormai è passato. In realtà, studiando un po’ di storia dell’arte, potrai scoprire quanto hai torto.

Qualche esempio? Harrison Ford, Stallone, Morgan Freeman nel cinema, Joseph Konrad e JK Rowling nella scrittura, Van Gogh e Cezanne nella pittura.

Nella fotografia, nomi illustri come Steve McCurry, Martin Parr, Sebastiao Salgado e la stessa Letizia Battaglia, hanno conosciuto la vera popolarità solo dopo i 30 anni.
Miroslav Tichy, dopo una vita da barbone e vagabondo, diventò famoso addirittura alle soglie dei 75 anni.

Per cui non abbatterti e lavora duramente. Punta dritto all’obiettivo. Non è mai troppo tardi per avere i riconoscimenti che meriti.

Tratto da:
fotocomefare.com

Foto © Giulia Morelli

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