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mafia capitale lupadi Franco Di Carlo
“Corruzione sì mafia no!”.
Così si è espresso il difensore di Salvatore Buzzi nel processo Mafia Capitale, replicando alla richiesta di condanna per il suo assistito, da parte della pubblica accusa.
Con tutto il rispetto per il legale, che giustamente esercita la sua prerogativa, io vorrei domandare, sia all’avvocato, sia a tutti coloro che asseriscono, e che sempre hanno sostenuto che a Roma la mafia non esiste.
Cosa intendiamo per mafia?
Per esserci mafia ci devono per forza essere le famiglie mafiose? Ci devono essere i mandamenti? La Commissione? O i punciuti? (gli affiliati ndr)?.
Ma che cosa erano le due decine, quella di Stefano Bontate e quella di Pippo Calò, che operavano a Roma?
Cosa era la banda della Magliana, legatissima a Pippo Calò, il quale se ne servì allo scopo anche di fare gestire  loro due o tre sequestri di persona negli anni settanta?
Se questa non è mafia, di cosa stiamo parlando?
Ovviamente per le regola di Cosa Nostra, questi soggetti non potevano essere affiliati nelle famiglie, però avevano gli stessi comportamenti nei confronti della società civile, esercitando intimidazioni, corruzione e altro, fino a giungere a commettere omicidi che molti ricorderanno, perpetrati negli anni settanta e nei primissimi anni ottanta.
Sono stati i siciliani a svezzare e addestrare la famigerata banda della Magliana, i siciliani e non solo, anche i napoletani che risiedevano a Roma, quelli che appartenevano a Cosa Nostra campana. Come Peppe Liguori, suocero di Michele Zaza, e Nunzio Barbarossa, titolari di avviate ed importanti attività commerciali nella Capitale.
In particolare Peppe Liguori, proprietario di grandi magazzini nel settore dell’abbigliamento, denominati la “Boutique più grande del mondo”, con sede appunto in via della Magliana, All’interno di questi uffici, si riunivano molti soggetti della mala romana, chiamati in seguito banda della Magliana.
Banda di cui faceva parte un giovanissimo Massimo Carminati, che io stesso ho incontrato e conosciuto, proprio in quegli uffici, insieme a Pippo Calò.
Una volta per tutte voglio dire, come ho avuto modo di affermare infinite volte, nelle centinaia di udienze cui ho partecipato in qualità di teste, che la mafia non è solo Cosa Nostra, ‘Ndrangheta o Camorra, ma è una mentalità diffusa che prospera in tutti quei settori dove dilagano corruzione, affari illeciti e dove circolano bustarelle per oliare e favorire l’ottenimento di vantaggi.
Per affrontare e ridimensionare il fenomeno della mentalità mafiosa e della corruzione, occorrerebbe porre in essere la proposta di legge presentata dall’ex magistrato antimafia Antonio Ingroia: estendere ai colletti bianchi indiziati di reati gravi, la normativa voluta da Pio La Torre per i mafiosi.
Una La Torre bis che preveda il sequestro e la confisca dei beni ai corrotti.
Proposta appoggiata incondizionatamente anche dal dottor Nino Di Matteo che ha dichiarato “La corruzione costituisce sempre più l’altra faccia della medaglia rispetto a Cosa Nostra”.
Elogiando Ingroia, il pm più a rischio d’Italia ha proseguito “Antonio è un amico,  E’ stato il protagonista di indagini importanti, quelle su Bruno Contrada e Marcello Dell’Utri ad esempio, indagini coraggiose” .
Io mi auguro che questa proposta possa diventare una legge dello Stato, ma riflettendo sulla mentalità mafiosa che spadroneggia in Italia, appoggiata da una certa politica, e altresì riflettendo su quanti inquisiti siedono sugli scranni dei due rami del Parlamento, negli uffici della finanza che conta, addirittura nei palazzi di giustizia, mi domando quando una simile legge potrà mai essere approvata.

Tratto da: articolotre.com

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