Aveva 3 anni e girava già da solo a cavallo, guardando la parete rocciosa del Monte Bove accanto a quell'albero al quale, oggi, appende cerchi in legno rivestiti di rosso. Cerchi sui quali Marco Scolastici, 28 anni, invita amici e clienti a lasciare una frase, un pensiero o un augurio per un Natale particolare, segnato dalle continue scosse di terremoto che non accennano ad esaurirsi. E proprio qui, a 1.000 metri di altezza e con il Santuario di Macereto che si staglia poco più avanti, la terra sembra urlare più forte, in quell'area di epicentri tra Ussita, Visso, Fiordimonte e Pieve Torina.

La casa è inagibile e il laboratorio di produzione di formaggi ha subito danni. Sul volto e su quello della sua compagna Lucia è impressa tutta la stanchezza accumulata. “Adesso dormiamo in ufficio, ma ci siamo spostati dalla tenda all'auto in base alla temperatura esterna”, spiega senza però spegnere il sorriso.

Cercano di reagire “nel miglior modo possibile”, loro che rispetto ad altri sono stati fortunati, ma che devono necessariamente fare dei lavori per poter proseguire regolarmente l'attività. “L'idea è quella di continuare a produrre come prima, anzi, di metterci qualcosa in più. A causa del terremoto abbiamo perso circa il 90% dei vecchi clienti della zona, compresa la vendita diretta e dobbiamo perciò riorganizzarci sulla commercializzazione”.


Mentre Marco racconta del lento ritorno dei clienti più affezionati, il punto vendita continua ad accogliere persone che, grazie alla rete e ad un incessante passaparola, sono venute a conoscenza della sua azienda. E che salgono qui, anche più volte nell'arco di pochi giorni, per acquistare un primo sale, ricotte salate, pecorini semi stagionati o stagionati (“anche nel fieno”), quelli affinati in grotta piuttosto che barricati al Merlot. E poi gli aromatizzati: finocchietto, peperoncino, limone, timo serpillo ed elicriso.

Perché fare formaggi, per Marco, significa soprattutto sperimentare. L'azienda creata nel 1995 dal padre, diventata biologica dal 2000 e da lui gestita a partire dal 2008 una volta terminati gli studi, era partita da una produzione di pecorino classico con diversi step di stagionatura. Oggi sono circa 20 le tipologie di prodotti, legati alla stagionalità delle erbe aromatiche raccolte negli oltre 400 ettari di proprietà.

“La nostra produzione dipende tanto dalla stagione e dagli animali, lavoriamo solo latte aziendale e curiamo tutto, dalla semina dei prati ai cereali che mangiano le pecore”. Una filiera chiusa, con un'appendice a Tarquinia, nel Lazio, dove i suoi nonni si stabilirono dopo anni di transumanza.

Marco è orgoglioso delle proprie radici, del lavoro che ha scelto e, nonostante la paura, da qui non ha alcuna intenzione di spostarsi. “Quattro anni fa abbiamo scoperto una grotta di stagionatura sotto l'abitazione, subito dopo siamo entrati nel presidio Slow Food con il pecorino dei Monti Sibillini: la mia vita è questa, tra gli animali e con una tale meraviglia davanti agli occhi”.

Sembra quasi parlare con i Sibillini, mentre ricorda la produzione di un formaggio al tartufo e la novità del latte di asina con la sua lunga gestazione. Dialoga, Marco, con quelle montagne che i media descrivono con inquietudine. Ma chi, come lui, ha il privilegio di viverle ogni giorno, non può che riconoscerne l'incanto. Da appoggiare ad un ramo di un albero, per un Natale che ognuno di noi si porterà dentro.

Testo e foto di Andrea Braconi

Tratto da: fabishoes.it