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provenzano carcere effdi Jean Georges Almendras
Solo la morte poteva fare sì che Bernardo Provenzano, noto come “Zu' Binnu” o “u' Tratturi”, si allontanasse dalle reti mafiose che ha gestito per decenni.
Dopo la sua cattura avvenuta l’11 aprile del 2006, in un casolare di campagna vicino a Corleone (rifugio che ho visto personalmente pochi anni fa, dove Provenzano riusciva a mimetizzarsi nella zona, come fosse un anziano contadino che viveva tra formaggi, pecore e fango, ma circondato da misteri), il suo fisico è andato cedendo progressivamente dopo 43 anni di latitanza. Di conseguenza, soggetto all’implacabile legge della natura (e provato dagli acciacchi dell’età) il capomafia – uno dei massimi esponenti mafiosi - nato a Corleone nel 1933, è morto in una stanza dell’ospedale milanese di San Paolo all’età di 83 anni. Tappa finale di una pesante e voluminosa storia di morti ed intrighi che gli sono valsi nella sua terra natale e nel mondo una grande fama e, in particolare, un accentuato e importante ruolo nelle connivenze tra la mafia e lo Stato italiano negli ultimi 20 anni fino ai giorni nostri.
Giornalisti specializzati e studiosi del fenomeno mafioso, residenti in Sicilia, saranno sicuramente più precisi e veritieri nel raccontare la storia di questo sinistro personaggio sul quale Luciano Liggio ebbe a dire: “Spara come un Dio ma ha il cervello di una gallina”.   
Ma Bernardo Provenzano non aveva il cervello di una gallina. Il suo cervello era privilegiato. Era un uomo freddo, sanguinario, calcolatore e nobile esclusivamente verso la causa mafiosa. Una causa che abbracciò sin da molto giovane, come tanti altri della sua terra natale. Fece strada emergendo tra le fila corleonesi di quei tempi, diventando poi un boss. Un uomo d'onore come Totò Riina, catturato nel 1993. Entrambi, accomunati da uno stesso obiettivo, hanno tenuto le fila di Cosa Nostra.
Bernardo Provenzano è stato mandante di una guerra dichiarata contro lo Stato italiano e contro i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a metà dell’anno '92. Ma molto prima “Zu' Binnu” aveva le mani macchiate di sangue di molte altre vittime.
Bernardo Provenzano era più che presente nei tempi in cui lo Stato era seduto alla destra di Cosa Nostra o, per meglio dire, negli anni in cui Cosa Nostra si era già seduta alla destra dello Stato. In un modo o nell’altro, ciò che è vero è che “Zu' Binnu” ha giocato sempre il ruolo di attore protagonista nella vita mafiosa siciliana, insieme ad altri soggetti della sua specie. Protagonista di un lavoro corrosivo ai danni dello Stato italiano e delle fondamenta proprie di un paese democratico, così come del sistema politico. Allo stesso tempo era in primo piano nella gestione delle attività criminali di Cosa Nostra: traffico di droga, gare d’appalto truccate, rigorosa riscossione del ‘pizzo’, tutto ciò senza trascurare minacce e ordini di uccisioni. Attività che hanno arricchito economicamente lui e la sua famiglia, oltre che la mafia.
Poco importava a “Zu' Binnu” il dolore dei cittadini per la perdita dei magistrati del pool antimafia, Falcone e Borsellino, o il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinicci, Giuseppe Fava, Peppino Impastato, don Pino Puglisi o di uomini, donne e bambini morti solo per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Perché se ne stava ben nascosto nell’oscurità, protetto da uomini di Stato che a più livelli si impegnavano a tenerlo lontano dai tribunali.
“Zu' Binnu” era abituato all’impunità. Ma un bel giorno del 2006 questa ebbe fine. E da quel momento iniziò a vivere la sua ultima tappa di uomo e di “capo” dietro le sbarre e sotto il rigido regime del 41 bis.
A 83 anni, con il fisico provato dalle malattie, Bernardo Provenzano ha lasciato questo mondo. Proprio adesso che un pool di magistrati è alle porte per fare luce, attraverso un processo in corso, sulle identità e i particolari di uno dei segreti che coinvolgevano il defunto: la trattativa Stato-mafia.
“Zu' Binnu”, che aveva un lungo elenco di morti sulla coscienza, prima di morire ha lasciato la sua impronta segnando un’epoca dentro la cultura mafiosa della Sicilia. Il boss è morto, ma quella che resta presente è la nostra lotta, la nostra denuncia e la nostra resistenza.
Tuttavia dovremmo chiederci: e adesso che la morte ha portato via "Zu' Binnu" cosa succederà nelle viscere di Cosa Nostra?

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